Il sacrificio di Higuaín

di Charles Onwuakpa


Quest’anno l’argentino ha adattato il suo gioco in funzione della squadra, segnando di meno e facendo più lavoro sporco: è davvero un fatto così grave?


Uno degli aspetti legati al gioco di Gonzalo Higuaín e che risalta maggiormente all’occhio, soprattutto quest’anno, è il fatto che stia lavorando molto per la squadra. Si era già visto a sprazzi la scorsa stagione, ed è un concetto che si è amplificato nelle ultime settimane, grazie alle sue ottime prestazioni.

Sta discretamente bene.

Quest’anno l’argentino è diventato il regista offensivo della Juventus, per diversi motivi.

In questo approfondimento, cercherò di analizzarli al fine di comprendere la nuova veste tattica del Pipita, ma anche di affrontare alcuni aspetti positivi e negativi di questa trasformazione, di cui ho letto un paio di considerazioni in rete.

La necessità di cambiare

Quando, con il passaggio al 4-2-3-1 nel mese di gennaio dello scorso anno, Massimiliano Allegri schierò Paulo Dybala nel ruolo di trequartista, il suo obiettivo era quello di avere un elemento in grado di collegare il centrocampo e l’attacco negli ultimi trenta metri di campo. Così facendo, il tecnico livornese poté abbassare il raggio d’azione di Pjanić, garantendosi maggiore qualità tecnica in fase di costruzione bassa e risalita del campo con il palleggio. Dybala segnò meno rispetto al primo anno in bianconero, ma fu prezioso per le sue ottime doti tecniche tra le linee in fase di possesso consolidato (ed anche in quella circostanza ci fu un ampio dibattito sulla mossa di Allegri).

Per questioni di equilibrio tattico (di cui si è parlato a lungo qui e nel podcast), quest’anno la Juventus è passata ad un (sfalsato) 4-3-3: se il bosniaco ha mantenuto la sua centralità nel sistema – se non addirittura aumentandola – lo stesso non si può dire di Dybala, sia perché il modulo non è proprio congeniale alle sue caratteristiche e sia perché la Joya è stato a lungo infortunato lo scorso inverno, proprio quando la Juventus ha cambiato pelle.

Da qui (ma anche per un altro motivo, che spiegherò più avanti nel pezzo) la necessità di trovare un  nuovo regista avanzato: la scelta di Allegri è ricaduta su Gonzalo Higuaín, con risultati più che buoni.

Giocare per i compagni

Il 4-3-3 è un modulo che garantisce solidità nella gestione del pallone, ma che non prevede un occupazione fissa dello spazio tra le linee per agevolare la risalita del campo, il che può portare a giocate verticali alquanto rischiose, ad esempio un lancio lungo verso gli attaccanti, in quanto il supporto dei centrocampisti sulla seconda palla può non essere sempre tempestivo. In alternativa, l’unico sbocco offensivo sono le conduzioni palla degli esterni (bassi o alti), che però necessitano di grandi abilità tecniche nei duelli individuali.

Onde risolvere questo problema, Allegri ha chiesto ad Higuaín di muoversi continuamente verso questi spazi, sia per facilitare la risalita verticale del campo in zone centrali, che per spezzare la linea difensiva, permettendo alla squadra di creare duelli individuali particolarmente interessanti per gli esterni, ma anche  di allargare le distanze tra i centrali ed i terzini, in modo da favorire gli inserimenti di Khedira e Matuidi (il primo, autore di 6 reti in campionato fin qui, si inserisce molto di più rispetto al secondo). Questa mossa non è stata un’invenzione di Max, ovviamente, ma è una felice intuizione che va in controtendenza rispetto allo stile di gioco del Pipita, che si esalta soprattutto quando può ricevere filtranti in profondità. Lavorando sulle ricezioni spalle alla porta, Gonzalo è più coinvolto nel gioco, anche a costo di marcature serrate e numerosi falli; in compenso, questi movimenti incontro possono favorire i suoi compagni.

Un esempio è dato da questo gol realizzato contro il Bologna: Higuaín viene incontro al passaggio di De Sciglio, portando fuori posizione il centrale in marcatura e lasciando Mandžukić in isolamento contro Mbaye: l’ottima visione di gioco di Pjanić permetterà poi al compagno croato di sfruttare una buona occasione da gol.

Muovendosi incontro al centrocampo, Higuaín allarga il gioco quando non è possibile attaccare subito lo spazio in profondità, in modo da far salire le mezzali verso l’area di rigore e cercare il cross come soluzione di rifinitura.

Il meglio di sé però lo ha dato quando è stato chiamato a fare reparto da solo, proteggendo palla e muovendosi molto verso l’esterno per portare fuori posizione i centrali avversari: la gara d’andata contro l’Atalanta nella semifinale di Coppa Italia è stata la sua migliore prestazione individuale in maglia bianconera – e forse in assoluto per il rendimento a tutto campo da quando gioca in Italia.

Il suo è un lavoro fondamentale, che fa respirare la Juventus quand’è sotto pressione nella propria metà campo ed al tempo stesso può innescare transizioni offensive molto pericolose.

Nemmeno il ritorno di Dybala ha modificato questa nuova centralità nel sistema juventino, anzi: la coppia ha sviluppato una giocata schematica molto simile a quella utilizzato dalle due punte del 3-5-2 contiano (soprattutto in Nazionale durante l’ultimo Europeo): Higuaín si abbassa sulla trequarti e crea spazio in profondità per il numero 10. La sua ottima visione di gioco e protezione del pallone gli permette di sfruttare efficacemente questa combinazione, come si è visto nei due assist forniti alla Joya rispettivamente contro Tottenham ed Udinese, ma anche nell’occasione creata per Dybala contro l’Atalanta in campionato.

Higuaín è attualmente il quarto miglior assist-man della Juventus (5), preceduto solamente da Bernardeschi e Douglas Costa (entrambi a 6) e da Pjanić a quota 7 assistenze, a dimostrazione del fatto che sia perfettamente in grado di eseguire queste richieste.

Del resto la sua formazione in età giovanile lo vedeva spesso schierato da seconda punta, anche se con gli anni è stato spostato più vicino all’area di rigore.

Contro e pro

Come ogni attaccante che si rispetti, però, segnare per Gonzalo è importante: in un’intervista post-partita rilasciata a gennaio, ha ammesso che questo modo di giocare lo privi di energie e lucidità sottoporta e che si trovi meglio in posizioni più avanzate:  è curioso – e comprensibile – il fatto che il suo sfogo sia arrivato dopo Chievo-Juventus, gara che ha chiuso una sua lunghissima astinenza da gol in campionato. Ed in fondo non avrebbe tutti i torti, ma le necessità della squadra – che, Pjanić a parte, non ha veri e propri palleggiatori – e quindi del collettivo, gli impongono questo sforzo. C’è chi poi ritiene che stia segnando addirittura troppo poco in confronto ad altri attaccanti qualitativamente meno forti – come Immobile, ad esempio.

Secondo la mia modesta opinione, ciò di per sé non è un male, soprattutto se permette alla squadra – e quindi ai compagni – di segnare così tanto: più soluzioni significa maggiore imprevedibilità, il che è fondamentale per una Juventus così malleabile, che adatta e si adatta nelle due fasi di gioco.

La tattica individuale di Higuaín, più ricca che mai, unita ad un’eccellente tecnica di base, si sposano perfettamente al calcio “libero” di Allegri, che non prevede giocate prestabilite e quindi responsabilizza molto i giocatori in fase di possesso: Higuaín risulta decisivo anche in situazioni di gioco che non coincidessero per forza con gol suoi.

Inoltre io sono dell’idea che i gol – soprattutto a questi livelli – vadano pesati in base all’importanza ed al risultato: Higuaín ha segnato meno gol rispetto ad Immobile (26 a 34 stagionali fin qui, nemmeno un divario così ampio), ma sono oggettivamente reti più importanti (tra cui il gol di Napoli, il gol di Bergamo, i gol a cavallo tra Torino e Londra) di quelli realizzati dal laziale.

Tuttavia, ritengo inoltre che la sua bravura non debba farci dimenticare il vero problema di fondo di questa squadra, ovvero la necessità di aumentare il tasso tecnico e la qualità di palleggio del centrocampo, specie se il 4-3-3 sarà il modulo prescelto anche nei mesi a venire.

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