Money League

di Benedetto Minerva


La Deloitte Money League vede un cambio in testa alla classifica. La Juve è decima, come l’anno scorso, ma c’è di che essere allegri. 


[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]D[/mks_dropcap]avanti corrono e le squadre inglesi rischiano di aumentare il divario con le altre già a partire dall’esercizio in corso (2016/17) e dal quale inizieranno a vedersi i devastanti effetti economici derivanti dal nuovo accordo triennale per i diritti tv in Premier. Se in Italia la politica riformista pallonara non si sveglia (ed in fretta), la terra di mezzo rischia di diventare quella di nessuno.

Sono le prime riflessioni che ho espresso dopo aver letto l’annuale report della Deloitte Footbotball Money League 2017, che giunta alla sua ventesima edizione, riclassifica i ricavi delle società di calcio europee in 3 macro aree: matchday, broadcast e commercial. La società di servizi di consulenza e revisione britannica, nel suo annuale report esamina i bilanci chiusi nell’ultimo esercizio (2015/16 per il report 2017) non considerando (condivido) i ricavi derivanti dalla gestione dei diritti dei calciatori (plusvalenze e ricavi da prestiti) al fine di rendere omogenei ed il meno volatili possibile i dati di bilancio esaminati.

Bene (insomma), al di là della fredda lettura della classifica, il testa a testa tra Real Madrid e Barca (esticazzi), il ManchesterUnited (occhi a cuoricino) che spodesta il Real dal trono della più bella del reame dopo 11 anni e della favola (che palle) Leicester che entra per la prima volta nella top 20, affiliamo le unghie, accendiamo i neuroni e vediamo di non annoiarci.


Lo scettro passa nelle mani del Manchester United che, grazie soprattutto al nuovo e milionario accordo di sponsorizzazione con Adidas (75 milioni di sterline per i prossimi 10 anni), con i suoi 364 milioni di euro, TRECENTOSESSANTAQUATTROMILIONIDIEURO dico, (264 milioni nel precedente esercizio) si prende la vetta anche della speciale classifica delle società di calcio con i maggiori ricavi derivanti dal commercial. Il precedente record apparteneva, con i sui 328 milioni di euro, al Paris Saint-Germain (Sigh…), che quest’anno vede perdere due posizioni anche nei ricavi commerciali attestandosi a quota 305 milioni (521 milioni il totale dei ricavi). La società che quest’estate ha affidato a Mourinho la guida tecnica, svetta nella Football Money League con i suoi 689 milioni di euro distaccando le due squadre spagnole, Barcellona e Real Madrid, ferme a 620 milioni (povery…). Il primato della società inglese è destinato a durare sicuramente anche il prossimo anno quando, discorso valido per tutte le cinque società appartenenti alla EPL presenti nella top ten, emergeranno i ricavi derivanti dal nuovo contratto per i diritti televisivi relativo al triennio 2016/2019 e che vedrà le società della Premier League spartirsi una torta pari a 5,1 miliardi di sterline, oltre il 70% in più di quanto distribuito nel precedente triennio. Appare netto il divario tra le prime quattro (United, Barcellona, Real e Bayern) che puntano a consolidare i 600 milioni (ed oltre) di fatturato e chi, come la Juventus, è intrappolata nel mezzo tra chi fattura 400 milioni e le ultime della classe tra i 200 e 300 milioni.


Come è messa la Juventus?


La Juventus, che ha chiuso il suo ultimo bilancio ufficiale con 387,9 milioni di euro, mantiene la decima posizione in classifica con 341,1 milioni così distribuiti: il 13% dei ricavi (43,7 milioni) derivano dal matchday, il 57% dal broadcast (195,7 milioni), il 30% (101,7 milioni) dai ricavi commerciali in crescita grazie al contratto stipulato con Adidas ed al rinnovo della sponsorizzazione Jeep. Alle sue spalle Borussia Dortmund, Tottenham e Atletico di Madrid sembrano essere, per ora, ad una distanza di sicurezza; eccezion fatta per gli Spurs che, come detto, beneficeranno dei nuovi e ricchi gli introiti relativi ai diritti tv della Premier League.


La società guidata da Andrea Agnelli, attraverso un lungo e capillare lavoro, negli ultimi sei anni è passata dai 172,1 milioni di fatturato dell’esercizio 2010/11 ai 388 milioni del 2016, accompagnando la crescita dei ricavi ad un risultato netto che nell’arco degli ultimi sei esercizi è passato da un -95,4M€ del 2010/11 ai € 4,1 milioni dell’ultimo. Tra le top ten della classifica redatta da Deloitte, la Juventus è la società di calcio che, escluse PSG e Manchester City che “drogano” il dato con i “fanta milioni” delle sponsorizzazioni, ha un Compounded Average Growth Rate (CAGR) più elevato di tutte con il 17,2%. Il Manchester United, ad esempio cresce ad un tasso medio composto del 13,4%, Barca e Real Madrid, rispettivamente del 6,6% e 5,3%. Un dato non trascurabile che indica come, a differenza delle altre, la società di Corso Galfer cresce ma in maniere più sostenuta, costante e con tasso medio più alto. L’obiettivo è quello di mantenere alto tale indicatore ma, a differenza delle squadre appartenenti alla EPL o alla Liga spagnola, sarà costretta a farlo senza poter beneficiare dell’appeal della lega di appartenenza dove primeggia la lotta alla poltrona piuttosto che il bene comune. In Serie A, infatti, è vero il contrario: è la Juventus a trainare il movimento calcio in attesa che qualcuno si svegli dal torpore.

In Corso Galfer, ben consci del fenomeno, hanno iniziato negli ultimi 18/24 mesi un lavoro di “ristrutturazione” su tutta la piattaforma revenue, iniziando dal processo di gestione in-house del licensing e del merchandising, accompagnato da una nuova strategia di sviluppo degli Juventus Store e dallo sviluppo della strategia digitale. La strategia è quella di crescere il più velocemente possibile nei mercati asiatici attraverso un processo di internazionalizzazione del brand e raggiungere mercati chiave che contano centinaia di milioni di potenziali consumatori. In questa ottica occorre valutare e riflettere sulla necessità di innovarsi anche attraverso una nuova faccia, un nuovo logo che proietti la lettera “J” e la Juventus ad icona mondiale dello sport industry. Un nuovo linguaggio con cui parlare ai new consumers, quelli dell’era del digitale, degli acquisti online, il popolo dei social network e del digital marketing: i millennials. I recenti accordi con la IMG teso alla promozione di prodotti bianconeri in Giappone, Cina, Hong Kong, Macao, Taiwan, Australia e Nuova Zelanda e quello con Tmall, piattaforma B2C del gruppo Alibaba, aiuteranno il processo di conoscenza, radicamento e vendita del prodotto Juve.

Olio di gomito, vittorie sul campo e fantasia (tanta) commerciale, in assenza di idee politiche, sono questi gli ingredienti che ha a disposizione la società guidata da Andrea Agnelli per sostenere il suo sviluppo e non rimanere intrappolati nella terra di mezzo, prima che diventi deserto e terra di nessuno.

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