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Cosa ci dicono i gol dell’Atalanta?

Che la Juventus ha ancora un problema d’intensità. Da qui tutte le difficoltà in fase di transizione.

Nelle ore e nei giorni successivi alla partita con l’Atalanta si è giustamente parlato delle difficoltà della Juventus nella gestione del pallone contro una formazione ad altissima intensità e molto ben organizzata.

Se si prendono in considerazione i due gol subiti, infatti, non si può non osservare come nascano da due palle perse. Quello che è mancato alla squadra di Sarri è abilità nella fase di transizione positiva, ovvero la gestione del possesso palla nei secondi immediatamente successivi alla sua riconquista. Il calcio, infatti, è caratterizzato essenzialmente da 5 fasi: attacco, difesa, transizione negativa (perso pallone), transizione positiva (riconquista) e palle inattive (angoli, punizioni a favore/sfavore). Guardiamo cosa succede sul primo gol:

Cuadrado ha recuperato palla e l’ha consegnata a Bernardeschi. L’esterno osserva la disposizione in campo dei propri compagni e sceglie di appoggiarsi in verticale su Dybala: l’argentino, infatti, è stato il perno attorno cui la Juventus ha provato a uscire dal contro pressing atalantino, senza riuscire a dare i risultati sperati. Il numero 10 soffre le marcature aggressive spalle alla porta ed è stato spesso isolato: anche in questo caso, come evidenzia l’immagine, non avrebbe compagni attorno cui restituire il pallone. Tornando alla scelta di Bernardeschi: poteva servire subito Bentancur, poteva soprattutto appoggiarsi su Bonucci uscendo velocemente dalla zona in cui si è riconquistata la palla. Gli altri due centrocampisti (Rabiot e Matuidi) restano fermi nelle proprie posizioni, così come Ronaldo non prova ad allungare la difesa avversaria dettando un passaggio in profondità. Il risultato è la perdita del pallone, una squadra con distanze e spaziature pessime: per l’Atalanta, grazie anche a una eccellente giocata del Papu Gomez, non è difficile attaccare la porta. Cattiva transizione positiva, cattiva transizione negativa.

Passiamo ora al secondo gol.

Cosa succede? La Juventus è spaccata in più tronconi, ma il blocco 4+1 regge. Bentancur è abilissimo a leggere la posizione occupando la traiettoria di passaggio: pallone recuperato, ma cosa fare? Le tre punte sono rimaste alte e non accorciano, Rabiot resta fermo, l’unico che viene incontro è Matuidi; il francese non è certo il compagno cui vuoi passare la palla se pressato e spalle alla porta. L’unica giocata sensata sarebbe quella di un lancio lungo alla disperata, talmente si è messi malamente in campo. Bentancur cerca di rompere il pressing individualmente e poi passa in maniera stanca e pigra un pallone a Matuidi che viene facilmente recuperato. Ancora una volta, transizione positiva cattiva seguita da transizione negativa cattiva.

L’intensità è anche questo. L’intensità è soprattutto mentale, significa anche reattività, saper leggere rapidamente le situazioni e il repentino cambio delle stesse. Le difficoltà nelle transizioni nasce da questo deficit che si evidenzia enormemente contro squadre, come l’Atalanta, che sono maestre nel contro pressing e non ti lasciano respiro. Spaziature, distanze, lucidità, velocità della circolazione del pallone, movimenti senza palla coordinati tra compagni sono essenziali e fondamentali, la classica conditio sine qua non. La Juventus non è ancora una squadra ad alta intensità, non lo sarà nelle prossime settimane e non lo può essere con alcuni di questi giocatori.

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Dà consigli. "Trust the process". Da tanti anni si diverte a parlare e scrivere di Juventus.

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