Kean, la vittima diventa colpevole

Lo sappiamo tutti.

Non è la prima volta, non sarà l’ultima.

Però il razzismo è una questione troppo seria per far finta di niente, trovare giustificazioni, accusare qualcuno, farne questione di parte, e di tifo in ambito calcistico, e non parlarne perché “tanto non cambieremo mai”. No, quando accadono episodi razzisti come si è purtroppo verificato a Cagliari è necessario essere fermi, condannare severamente e prendere i provvedimenti previsti per questi episodi.

È invece, finora, successo qualcosa di molto distante. Giustificare gli ululati e gli epiteti razzisti con “Kean ha sbagliato a esultare” equivale a sostenere che “quella ragazza se l’è andata a cercare perché girava in minigonna”. No. Non esiste. Questo ragionamento è completamente scorretto, è il sintomo evidente del “io non sono razzista, ma” che sentiamo troppo spesso. O sei razzista o non lo sei.

C’è chi, come Bonucci, afferma che la responsabilità è anche di Kean per aver esultato sotto la curva in maniera polemica. Ok, ammettiamo sia così. Una esultanza simile potrebbe provocare una reazione condita da insulti ed epiteti vari, ma se sei razzista quello che ti esce dalla bocca è un ululato o le parole che si usano per insultare una persona per via del colore della pelle. E Kean prima, Alex Sandro durante, Matuidi poi sono stati vittime di razzismo. Giulini dice che la stessa reazione ci sarebbe stata se fosse stato Bernardeschi a esultare in quella maniera? Cazzate. Lo avrebbero insultato per il suo colore della pelle? Perché, guarda caso, è stato Matuidi e non Chiellini a essere bersagliato da parte della tifoseria? Perché è campione del mondo? Non prendiamoci per i fondelli e diciamo le cose come stanno: è stato razzismo.

Questa versione, però, non è corretta. Perché presuppone che Kean abbia provocato, sia stato lui a scatenare l’episodio. No. Non è successo questo. Perché l’esultanza di Kean, silenziosa, iconica, da postare oggi sui social (ed è un peccato la Juventus non lo abbia fatto) è la reazione a un trattamento vergognoso e razzista cui è stato sottoposto per tutta la partita. Lui come Alex Sandro. E questi video chiudono definitivamente la questione.

È vero, come sostiene Giulini, che i tifosi del Cagliari non abbiano fischiato Kean e Matuidi se non dopo l’esultanza per il gol del 2-0? ❌ I fischi e persino qualche ululato sono iniziati sin dal primo minuto. (segnalazione @enrydd)https://t.co/xPqG7akG9b— Juvecheck (@juvecheck) 3 aprile 2019

È in torto marcio Bonucci. Può darsi non si sia accorto di quanto è successo, ma a maggior ragione non parli se non sei sicuro. Non vai a dare la colpa anche a Kean. Poi succede, giustamente, che ti prendono per il culo e ti deridono in tutto il mondo. Ragionare prima di parlare è essenziale. Ed è la differenza con un uomo più riflessivo e maturo, qual è Chiellini, perfetto nelle sue dichiarazioni post partita. Giulini, invece, mi auguro possa presto uscire dal mondo del calcio, perché non possiamo permetterci di mantenere persone che difendono questo comportamento dei propri tifosi, accusano le vittime di sceneggiate (dimenticandosi che episodio simile era già avvenuto l’anno scorso). Ed è qui che deve intervenire la Federazione: servirebbero provvedimenti duri, la chiusura dello stadio, il Daspo definitivo e per tutta la vita per chi è protagonista di questi episodi, la sospensione per qualche mese di Giulini. Su questo punto ha pienamente ragione Allegri.

Sono in torto marcio tutti quelli che trovano una scusa, quelli che accusano Kean, tutti quelli che parlano di esultanza provocatoria. Lo è Condò, il primo in tv a dire questo “Kean si poteva risparmiare quell’esultanza. Non deve succedere né una cosa né l’altra”. No, questo pensiero è da respingere con forza. Ed è il motivo per cui s’erge Daniele Adani, il primo a indignarsi pubblicamente, a smontare la difesa di Giulini, il primo a dire “individuate gli imbecilli e fuori dai coglioni”.

Il razzismo lo si combatte coi fatti e con le parole. In Italia siamo lontanissimi dal combattere fermamente questo fenomeno. Ci sentiamo non razzisti. Troviamo una scusa. Ed è imbarazzante vedere giocatori, dirigenti, opinionisti e giornalisti che accusano la vittima.

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