La Terra dei cachi 149/ Generation WTF

di Kantor


Le turbe postadolescenziali di una parte della tifoseria.

“I have laboured carefully not to mock human actions, not to lament nor to curse them, but to try to understand them.” (B. Spinoza)


[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]O[/mks_dropcap]ggi è il compleanno di Baruch Spinoza (1632-1677), grande filosofo razionalista, e in suo onore ho deciso per oggi di adeguarmi al suo progetto. Nel mio lavoro ho continuamente a che fare coi giovani e questa è una gran bella cosa perchè ti costringe a non perdere il contatto con la contemporaneità. Ma ti fa anche vedere bene quanto certi comportamenti generazionali siano completamente incomprensibili per le generazioni precedenti (e spesso anche per quelle successive).

Un altro lato non positivo è che spesso vieni coinvolto in discorsi da BAR sulle giovani generazioni (purtroppo esistono i discorsi da BAR anche sulla vita, non solo sul calcio). Non è raro che qualcuno mi faccia la classica domanda: “ma come sono i giovani di oggi?”. Normalmente alzo gli occhi al cielo e cambio discorso, ma ogni tanto mi trovo costretto a riflettere mio malgrado. E se devo trovare una vera differenza tra i miei studenti di adesso e il mio essere studente tanti anni fa ho una sola risposta. Le nuove generazioni sono sicuramente più informate, più capaci di elaborazione e in linea generale pure più colte. Ma sono decisamente più immature.

Attenzione, la maturità non ha nulla a che vedere con l’intelligenza: io personalmente la identifico con la capacità di elaborare le esperienze precedenti e acquisirle nel tuo modo di pensare. Diciamoci la verità, quando io ero giovane di esperienze ne facevamo pochine; e proprio per questo ci attaccavamo ad ognuna di esse come se fosse la cosa più importante del mondo. Nel mondo di adesso si fanno molte più esperienze, reali e virtuali, e questo forse le rende meno di valore. E porta spesso a considerare tutto un grande marasma sensoriale in cui realtà e fantasie tardoadolescenziali si confondono.

Dico questo perchè recentemente mi sono imbattuto nella “Generazione Barcellona” che pare divenuto un movimento culturale rilevante di una parte del tifo Juventino (in opposizione ovviamente a quelli che sono biechi risultatisti come me). Ora in circostanze normali avrei derubricato la cosa a “minchiata irricevibile”, ma è il compleanno di Spinoza, e non posso tradire proprio oggi il suo pensiero. Quale è il nocciolo filosofico-esistenziale della “Generazione Barcellona”? Per quello che ho capito io consiste nel proporre una “rivoluzione culturale” nella Juventus e per spiegare quale non posso che citare il massimo esponente di questa linea di pensiero, ovvero Claudio Pellecchia:

“La Juventus è prigioniera di se stessa. Dei suoi retaggi, delle sue convinzioni solo all’apparenza inscalfibili e immutabili nel tempo, delle sue paure ataviche, del suo voler continuare a percorrere una strada che questo primo scorcio di stagione ha dimostrato non essere quella giusta.”

La premessa è ovviamente apocalittica, come deve essere in questi tempi disgraziati, ma il finale è addirittura da ultimi giorni di Pompei.

” Ero in debito su Simone Inzaghi nuovo profeta della panchina. Ecco, il fatto che, nell’ennesima e frettolosa ridda di nomi, più o meno credibili, per il dopo Allegri il primo della lista sia lui e non, per dire, un Thomas Tuchel, dà l’esatta percezione del tipo di svolta culturale (prima che tecnica o tattica) di cui quest’ambiente necessiterebbe. E che, puntualmente, non avverrà, perché «noi non facciamo così». Con i risultati che, paradossalmente, confortano e nascondono allo stesso tempo. Semplice e banale. Come il male che colpisce tutti prima o poi.”

Mancano solo le folle di penitenti, rigorosamente scalzi, che vadano in giro frustandosi coi rovi al grido di “Penitenziagite!” per essere dentro il nostro medioevo culturale contemporaneo.

Ovviamente non c’è nulla di male a vivere le proprie fantasie; e non sarebbe certo la prima rivoluzione culturale della storia. Ma le guardie rosse di Mao avevano una età media di poco superiore ai 17 anni (fatto non notissimo, ma vero), mentre questi ne hanno una trentina. Ma come ho detto prima, la maturità non è il punto forte dei giovani in questo momento.

Ora considerare questa scuola di pensiero semplicemente come una masturbazione mentale di personalità immature sarebbe probabilmente corretto e il discorso potrebbe anche finire qui. Ma, sempre nel nome di Spinoza, cercherò di spiegarne anche le evidente contraddizioni logiche.

Il grande critico d’arte Federico Zeri amava dire che un buon modo di capire se un quadro è falso è quello di metterlo a testa in giù: perchè così risulteranno evidenti gli errori tecnici che un grande maestro non farebbe mai. Immaginiamoci quindi che dopo tre anni in cui il Barcellona ha vinto tre Liga e fatto due finali di CL (perdendole entrambe male) Claude Pelès, famoso (!?) blogger catalano, proponga una rivoluzione culturale all’interno del mondo blaugrana, invocando un modello di gioco più simile a quello di allenatori vincenti come Mourinho o Conte. Un gioco meno tikitaka, più maschio, più votato alla difesa del territorio che alla sua conquista; e che lo proponga come panacea per eliminare i problemi (immaginari) che il Barca pare avere in quel momento. Beh non credo, conoscendo i catalani, che farebbe una bella fine; prese per i fondelli a parte, rischierebbe seriamente di essere crocifisso e appeso sopra l’ingresso principale della Sagrada Familia.

Molti diranno che è un esempio sbagliato perchè il Barca è una squadra molto vincente; e questo è sicuramente vero, ma forse non siamo totalmente d’accordo sul perchè. Tanto per fare un esempio: il Barca è “Mes que un club” da sempre (un pò come la Juventus insomma…) ma fino al 2004 aveva vinto una sola Coppa dei Campioni nella sua storia (1992). Poi nel 2004 è arrivato Lionel Messi e, sopresa, sorpresa, in 13 anni ne hanno vinte quattro. Insomma avere delle tesi è bello, piegare la realtà per difenderle un pò meno. La cosa però che mi mette più tristezza è che questa “Generation WTF” ha avuto la fortuna di vedere da giovani una della Juventus più vincenti della storia. E se la sta godendo come un appuntamento dal dentista.

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