Non dobbiamo vincere 1-0

Nuovamente, come nelle ultime quattro stagioni, arriva il momento della stagione in cui conta vincere e la Juventus prova a rifugiarsi nelle vecchie certezze. I risultati sono sconfortanti e la squadra gioca con poco coraggio e tanta paura.

Juventus – Tottenham 2-2.

Atletico Madrid – Juventus 2-0.

Lione – Juventus 1-0.

Porto – Juventus 2-1.

Quattro partite, 7 gol subiti, 3 fatti, 3 sconfitte e 1 pareggio.

Questo è il triste e magro bottino della Juventus nelle ultime quattro gare d’andata degli ottavi di Champions League. Nel frattempo abbiamo cambiato allenatori, acquistato una leggenda del calcio e uno dei giovani più forti, investito annualmente molto per una rosa diventata sempre più costosa.

Cosa sta accadendo alla Juventus?

Provo a rispondere partendo da questa affermazione:

Non riusciamo a capire perché dopo il gol segnato mollano e non continuano ad aggredire. Non riusciamo a incidere su questo aspetto”

Dichiarazione del novembre 2019. L’autore è Maurizio Sarri. L’allenatore che a inizio stagione parlava di triturare le partite, dominando gli avversari. Dopo qualche mese, compromessi alla ricerca dell’equilibrio, squadra senza precisa identità e paurosa. Arriva Andrea Pirlo, tutti a parlare della sua tesi, del suo calcio, delle idee offensive. Ancora una volta, quando arrivano le partite che contano e bisogna fare risultati, compromessi alla ricerca dell’equilibrio, squadra bloccata.

Torniamo ancora indietro nel tempo:

Con tutto il rispetto il Real Madrid può vincere 6-2 o il Milan di Ronaldinho poteva trionfare 5-2, ma la Juve deve vincere 1-0, 2-0, lo dice la storia di questa società.Non è detto che non si provi a vincere 3-0, ma siamo una squadra che quando è in vantaggio non deve prendere goal, che deve crescere. Noi non siamo e non saremo mai il Real, abbiamo caratteristiche diverse”.

Questa, per me, è la risposta. L’autore è Giorgio Chiellini. Chiaramente e certamente non è responsabilità sua dei recenti insuccessi in Europa e delle difficoltà incontrate nel cambiamento, ma la Juventus nel momento caldo della stagione si è sempre rifugiata nelle certezze che si porta dietro. Sono scappatoie, più che scorciatoie. Fugaci ed effimere illusioni con una spruzzatina non di pepe ma di costruzione dal basso. Dopo la sconfitta con l’Inter in campionato, siamo ritornati a un calcio maggiormente speculativo, siamo ritornati a difenderci. Già avevamo difficoltà a segnare (siamo il sesto attacco in Serie A e abbiamo Cristiano Ronaldo) per problemi nella rifinitura, figuriamoci quanto creiamo dovendo risalire il campo.

In America c’è una frase che rappresenta per me un manifesto: “trust the process”. Abbi fede in quello che fai. Un processo richiede sviluppi costanti, una evoluzione che ti porta a crescere. Serve però sapere quello che stai facendo, saper trasmettere ai tuoi giocatori le tue idee, costruire l’identità con fatica e lentezza. Quando era fondamentale concentrarsi sulle soluzioni dei tuoi problemi, lavorando con maggiore forza e convinzione sul tuo sistema, noi ci siamo arresi alla illusione. Il risultato è quello di una squadra nuovamente bloccata, paurosa, che non osa: la circolazione della palla lascia la sensazione di essere stagnante, fine a sé stessa, non c’è movimento senza palla, non ci sono aggressività e intensità senza palla. Non c’è coraggio, nemmeno nei cambi.

I nodi sono venuti al pettine già col Napoli. La trasferta di Oporto è stato il secondo tempo di quella gara. Il processo è anche nella costruzione della rosa: noi vogliamo praticare un calcio offensivo in teoria, ma abbiamo pochi uomini per poterlo fare. Non c’è un Cuadrado sulla sinistra, non abbiamo un altro palleggiatore, abbiamo 3 punte, non abbiamo un esterno offensivo che non sia Chiesa. Anche qui serve intervenire sapendo cosa si vuole fare e come ottenerlo, acquistando giocatori con determinate caratteristiche: come è possibile non aver ripreso in prestito Kean?

Noi ci siamo fermati a Cardiff, 2017. Anzi, a essere sinceri, siamo fermi a Juventus-Barcellona 3-0. Se non impariamo dagli errori capendo che serve alta professionalità in ogni settore non ne usciremo. L’allenatore è quello che comanda, perché fa crescere la squadra. Il management sportivo è quello che sa intervenire e avere la visione. Iniziamo con l’estirpare la mentalità paurosa e questa finta storia del DNA bianconero che porta a difenderci. Osiamo. Persa per persa, torniamo a praticare un calcio offensivo e mettiamo in campo giocatori con queste qualità e che applichino costantemente le idee dell’allenatore che deve avere però personalità nel portare avanti quello in cui crede. Altrimenti è finito, come la recente storia c’insegna.

Share