16a Serie A: Torino-Juventus 1-38 min di lettura

L’attesa della battaglia non dev’essere certo piacevole. Il derby di Torino è quasi sempre stato una lotta. Allegri, e con lui tutto l’ambiente bianconero, è reduce dalla lezione di Genova, una sberla educativa che ha insegnato alla Juventus a pareggiare l’intensità agonistica, la rapidità di pensiero, di corsa e di piede contro formazioni che a livello di determinazione, velocità e aggressività hanno la chiave per poter sperare di superare squadra dal livello superiore. Il tecnico juventino decide così di scegliere un assetto più da battaglia, offre la maglia di titolare a giocatori pronti a correre e lottare, inserisce Cuadrado e Sturaro, abbandona momentaneamente la soluzione Pjanić trequartista. Per i giornali e le grafiche delle tv la Juventus dovrebbe sistemarsi in campo con un 4-3-3, imitando lo schieramento granata, ma sin dall’inizio è il 4-4-2 il sistema di gioco con cui Allegri affronta il derby. Per Mihajlović nessun dubbio di formazione, davanti il trio che ha in Belotti il perno centrale, a centrocampo Valdifiori, l’uomo delle verticalizzazioni, affiancato da Benassi e Baselli, sulle fasce Zappacosta e Barreca a garantire ampiezza e inserimenti.

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Il 4-4-2 difensivo della Juventus è perfettamente disegnato.

Nei primi quindici minuti la Juventus crea tre occasioni da gol. I meccanismi di gioco sulle catene laterali sono dipendenti dalle caratteristiche dei giocatori. Sulla destra Cuadrado si muove in prevalenza per tracce esterne con Lichtseiner che si sovrappone o offre sostegno sfruttando la pigrizia di Ljajić nei rientri, permettendo a Khedira di attaccare lo spazio centrale ricercando una giocata tra le linee al fianco di una delle due punte. Sulla sinistra Sturaro stringe maggiormente la propria posizione con continui movimenti esterno-interno-esterno per combinare in continuazione con Alex Sandro.

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Col passare dei minuti poi Higuain giocherà sempre più sulla linea dei difensori con Mandžukić che svaria lungo tutto il fronte.

Concettualmente il sistema difensivo delle due squadre è analogo. Entrambi gli allenatori intendono pressare sia l’uomo che la palla con continue scalate da parte dei difensori per coprire il pressing dei centrocampisti. La Juventus,col suo 4-4-2, è potenzialmente in inferiorità numerica in mezzo al campo, specialmente quando Cuadrado resta largo e non copre lo spazio; il piano partita prevede un pressing medio pronto ad alzarsi quando viene effettuato un retro passaggio costringendo il Torino a  giocare lungo. Marchisio sale spesso su Valdifiori, Sturaro su Zappacosta, Khedira stringe sull’interno più vicino. In questo modo però Chiellini e Rugani sono fortemente sollecitati, spesso abbandono la posizione centrale: è un pressing a uomo, non sulle traiettorie, che senza adeguate coperture rischia di creare varchi.

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Qui Baselli viene seguito addirittura da Khedira sulla linea dei difensori, mentre Marchisio è salito su Valdifiori. Lo spazio tra centrocampo e difesa non viene così coperto.

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Ed è quello che succede in occasione del  gol del Torino; Alex Sandro segue senza ragione Iago Falque creando lo spazio per la percussione di Zappacosta; Chiellini e Marchisio sono incerti sul da farsi, uno dovrebbe coprire l’inserimento senza palla di Baselli che è invece libero di crossare pescando Belotti in area che da vero centravanti insacca.

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Nemmeno il pressing del Torino è alto. I due difensori centrali della Juventus vengono invitati a costruire, il passaggio in orizzontale è generalmente l’innesco che avvia l’aggressione senza palla di Belotti, i due esterni sono maggiormente preoccupati a uscire sui terzini, mentre Valdifiori sale su Marchisio coi due interni che si occupano generalmente di Sturaro e Khedira. Resta libero il passaggio in diagonale per Cuadrado, così come questa forte attenzione all’uomo permette a una delle punte di poter ricevere tra le linee. Una volta che la Juventus si è insediata nella metà campo avversaria sono Benassi e Baselli a uscire sui due difensori centrali mentre il mediano, in alternativa alla punta, si occupa di Marchisio.

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Mentre il Torino attacca specialmente sulla destra con Benassi che attacca lo spazio centrale giocando sulla stessa linea dell’attaccante e con Ljajić che accentra la propria posizione, la Juventus sfrutta in egual misura le varie fasce senza pendere eccessivamente sulla zona in cui si muove Cuadrado. L’alta aggressività sugli uomini comprime gli spazi e rende maggiormente complicate le trame di gioco; nessuna delle due formazioni riesce a controllare la partita, le azioni spesso confusionarie. Il gol del pari di Higuaín nasce da una palla recuperata da Cuadrado, il Torino si fa trovare aperto e scoperto, la sponda al volo di Mandžukić permette al numero nove bianconero di involarsi davanti a Hart e non sbaglia.

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Di fatto il primo tempo finisce qui. La partita è bloccata, combattuta, il Torino è pericoloso quando può attaccare in campo aperto, mentre la Juventus è combattiva ma dopo un buon inizio non riesce a creare occasioni da rete.

Nella ripresa l’atteggiamento della formazione di Mihajlović è teso a colpire gli avversari in contropiede; per questa ragione la formazione granata rinuncia a qualsiasi tentativo di pressing alto, aspetta i bianconeri con un 4-5-1 nella propria metà campo, lasciando l’iniziativa ai due difensori bianconeri. Le trame di gioco juventine non funzionano quando si sviluppano sulle corsie laterali, ma creano maggiori difficoltà quando i due centrali riescono a trovare qualche giocatore tra le linee puntando poi centralmente la difesa, o Marchisio viene lasciato libero.

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Una partita bloccata può essere decisa dagli episodi o da un cambio tattico. Il primo a cambiare un giocatore in campo è Allegri con Lemina al posto di Sturaro e il conseguente spostamento di Khedira sul centro-sinistra, sempre libero di cercare la soluzione migliore per trovare una ricezione tra le linee o un inserimento senza palla; è il primo segnale della volontà di giocarsi negli ultimi venti minuti la gara inserendo calciatori di maggiore qualità (e il gabonese rispetto a un dinamico e volenteroso ma tecnicamente imperfetto Sturaro lo è) e di corsa. Il secondo cambio prosegue su questa strada: fuori Mandžukić, dentro Dybala. Ancora una volta nessun cambio di modulo, ma iniezione di tecnica.

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Eppure le due occasioni pericolose sono del Torino. La prima sfruttando un errore in fase d’impostazione di Chiellini; la seconda è figlia di una delle poche azioni tipicamente granata con una classica giocata da 4-3-3: Falque col primo controllo entra dentro il campo, il movimento in diagonale di Belotti apre maggiormente lo spazio sul lato opposto dove può essere servito Ljajić il cui tiro si spegne di poco fuori dalla porta di Buffon. Nell’occasione la Juventus difende malamente una situazione facilmente leggibile ed è l’ennesima dimostrazione d come un pressing portato malamente (nell’occasione sono in ritardo sull’uomo sia Marchisio che Alex Sandro) permetta la creazione di spazi.

Mentre Allegri si gioca l’ultimo cambio (Pjanić al posto di un Cuadrado confusionario) passando al 4-3-1-2, Mihajlović si gioca tutte e tre le sostituzioni in un unico colpo: fuori Baselli, Benassi e Falque dentro Acquah, Boyé e Martinez. Il Torino passa a un 4-2-4 per provare a vincere la partita nel momento in cui le squadre si sono allungate e i ritmi  calati. Pochi secondi però dopo le sostituzioni arriva la giocata che decide il derby ed è il classico colpo di un campione: il lancio di Chiellini pesca Higuaín uno contro uno con Barreca, l’argentino riesce a girarsi per poi coordinarsi in pochissimo tempo facendo partire un destro violento e preciso sul quale Hart può fare niente. Nell’occasione il movimento ad abbassarsi di Dybala è stato seguito da Rossettini provocando il conseguente passaggio a una difesa tre col giovane terzino che si è trovato in marcatura sul centravanti bianconero.

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Il Torino è colpito nel momento in cui ha creduto davvero di poter vincere il derby all’ultimo. Non ci crede. Sostanzialmente esce dal campo. Gli ultimi dieci minuti della partita sono però l’occasione per vedere in campo, dopo diverso tempo, la Juventus con Pjanić, Dybala e Higuaín assieme: i due, con Khedira sempre libero di scambiare la posizione col bosniaco, agiscono prevalentemente dietro la punta con il fantasista argentino che si apre sulla destra per poter poi tagliare dentro il campo e pescare gli inserimenti senza palla dei centrocampisti o i tagli dell’attaccante.

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Così arriva la terza e definitiva rete. Un Dybala che tiene a far ricordare a tutti che è tornato (e chiuderà la partita con 3 assist), porta a spasso i granata, Higuaín che attacca la porta dettando il passaggio, Pjanić e Khedira che seguono l’azione e riempiono l’area. La qualità vince. Il derby è juventino.

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Allegri ha rispettato il Torino. La scelta di schierare dall’inizio una Juventus in assetto di battaglia, con un lineare e semplice 4-4-2 ha portato a una partita in cui le trame di gioco non hanno brillato. Probabilmente responsabilità di Cuadrado e Alex Sandro, quest’ultimo troppo spesso attratto dalla palla in fase difensiva, i due giocatori cui era demandato il compito di creare pericoli dalle fasce. Il calcio è uno sport episodico, in cui la qualità dei giocatori fa sempre la differenza ed è la ragione per cui i grandi centravanti vengono pagati anche centinaia di milioni. La Juve è stata anche fortunata, ma ha vinto grazie alla tecnica dei propri campioni. Il tecnico bianconero però dovrà certamente essere in grado di presentare una Juventus in grado di coniugare qualità e intensità: Pjanić e Dybala sono i due giocatori che possono cambiare il volto di qualsiasi squadra e chiaramente dovranno essere al centro dei prossimi mesi in cui si vincono i campionati e le coppe. Allegri dovrà anche riflettere su questa difesa eccessivamente aggressiva sull’uomo che può risultare controproducente con formazioni di maggiore qualità. Il Torino ha fatto la partita che  poteva. Attesa, aggressività, attacco in verticale. Non ha particolarmente brillato, ma contro aveva sempre una squadra semplicemente più forte.