6a Champions League: Juventus-Dinamo Zagabria 2-04 min di lettura

Festa doveva essere. E festa è stata. La Juventus vince in casa con la Dinamo Zagabria, blinda il primo posto del proprio girone e ora attenderà l’esito del sorteggio di lunedì. Una gara quella con i croati, autentica cenerentola del gruppo e una delle formazioni più abbordabili di questa fase della Champions League, che assomiglia molto a un allenamento. Allegri opta per un deciso turnover (rispetto la gara con l’Atalanta ci sono ben 6 cambi), schiera la sua formazione con un inedito 3-4-1-2 per dare un minimo di continuità alla collocazione tattica di Pjanić. Per la Dinamo un coperto 4-5-1, pronto a trasformarsi in una difesa a 5, con l’intento nemmeno troppo mascherato di limitare i danni, evitare l’imbarcata, salutare l’Europa senza una pesante sconfitta.

L’inizio di gara da parte dei bianconeri è abbastanza soddisfacente, ma dopo un buon inizio la Juventus si spegne e gioca su ritmi soporiferi.

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Le due occasioni iniziali da parte della Juventus. Nella prima da notarsi l’abbassamento tra le linee di Higuain e l’apertura a un tocco.

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Il sistema tattico utilizzato per l’occasione rappresenta il principale, se non l’unico, motivo d’interesse; Allegri intende lavorare sui meccanismi del triangolo di centrocampo, soprattutto sulla fluidità dei movimenti di Pjanić, mai autentico trequartista sia nel senso classico del termine che nella concezione del tecnico bianconero, in relazione a quelli degli altri due centrocampisti. Il bosniaco è libero di agire lungo l’asse centrale del campo per trovare la zona migliore in cui ricevere palla e servire il movimento dei compagni, ma la sistemazione tattica e lo scarso dinamismo globale lo priva di linee di passaggio utili. In fase di non possesso diventa fondamentale l’apporto di Mandžukić, chiamato a vigorose corse lungo la fascia per supplire alla posizione più centrale dello stesso Pjanić.

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Pronti e via, la Juventus col blocco centrale composto dai 3 difensori e 2 centrocampisti. Uno dei pochi tentativi di ostacolare la manovra da parte della Dinamo. Marchisio e Lemina giocano sulla stessa linea e questo priva di una linea di passaggio in diagonale/verticale.

La prestazione del primo tempo non è certo positiva. La Juventus muove lentamente il pallone, i giocatori non si smarcano, il possesso è sterile. Allegri capisce di avere troppi giocatori dietro la linea della palla (generalmente i 3 difensori più Lemina e Marchisio), una situazione inutile contro una squadra che prova sporadici tentativi di pressing e che resta nella propria metà campo. Il passaggio, dopo 30 minuti dall’inizio, all’ormai consueto 4-3-1-2 non migliora la qualità della manovra bianconera, anzi toglie pericolosità interna e costringe la Juventus a cercare di aggirare il muro croato solo sulle fasce. Allegri ha chiesto agli interni di abbassarsi e defilarsi permettendo agli esterni di prendere campo in ampiezza, così facendo però la squadra era priva di riferimenti tra le linee, senza giocatori che riuscissero a posizionarsi negli half-spaces.

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Lemina si è defilato e abbassato. Cuadrado vuole la palla sui piedi, nessuno attacca la profondità, lo spazio tra le linee è privo di giocatori. 

Il secondo tempo inizia con un ritmo e un’intensità maggiori. Il gol arriva pescando Lemina a ridosso dell’area di rigore; nonostante l’errore nell’orientamento del controllo, complice anche a un passaggio non preciso di Cuadrado, il gabonese prova a penetrare centralmente, ne esce un invitante pallone per Higuain che ritorna a segnare.

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La Juventus poi amministra gestendo i ritmi, sempre bassi, della partita evitando di prendere contropiede e concedere situazioni pericolose su palle inattive. Nessun problema perché i croati non hanno davvero nessuna intenzione di rendersi vivi dalle parte di Neto; nelle occasioni in cui la Dinamo può manovrare sono pochi i giocatori che si spingono nella metà campo bianconera. La seconda rete, quella di un attento e positivo Rugani, nasce da un lungo fraseggio ed è ancora una volta Lemina, in confusione nella prima frazione, a farsi trovare tra le linee. Ne nasce il corner, ben battuto da Pjanić, con il difensore centrale che mostra le proprie qualità sul gioco aereo, sebbene non venga minimamente contrastato.

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Il finale è l’occasione per rivedere in campo Dybala e per quale minuto il tridente pesante, ma sarebbe quantomeno un azzardo definire esperimento quello che avviene in pieno garbage time in una partita che non ha avuto molto da dire.

Finisce così il girone della Juventus. Doveva arrivare prima, così si diceva al momento del sorteggio, e ha raggiunto il primo obiettivo della stagione. La squadra di Allegri continua ad avere maggiori difficoltà contro squadre che si chiudono, compattano i reparti, costringono la manovra a muoversi sugli esterni, mentre riesce a sviluppare meglio e più velocemente il gioco quando si trova formazioni che provano ad aggredirla. La partita con la Dinamo rappresenta però chiaramente poco più di un allenamento e non rappresenta una gara da tenere in considerazione. Finora la Juventus non è mai riuscita a schierare gli undici migliori; Allegri ovviamente si augura di poterlo fare negli ottavi, sperando che il sorteggio sia poco duro, ma nei prossimi mesi dovrà lavorare sulla qualità complessiva della manovra della propria squadra sempre più orientata all’adozione del 4-3-1-2.