Allegri, il karma, la maledizione e la negatività

di Davide Terruzzi


Massimiliano Allegri ha tolto quella tensione che strangolava la Juventus in Europa, ma la negatività e il mito del karma è ancora presente.


[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]È[/mks_dropcap]stato perfetto. Nella conferenza stampa che ha aperto la settimana che porta alla Finale di Cardiff, Massimiliano Allegri non ha sbagliato una parola, nemmeno una scelta. Ha iniziato ricordando la strage dell’Heysel nel giorno del ricordo invitando tutti i presenti a qualche secondo di commemorazione; una sensibilità speciale e encomiabile. Allegri è un maestro della comunicazione, utilizza qualsiasi occasione in cui si trova davanti a una telecamera e a un microfono per mandare dei messaggi. Cazzeggia, smussa le tensioni, non si nasconde dietro agli alibi, predica calma, ma con le parole lancia delle frecciate, spesso nascoste dentro questo clima rilassato che crea, rispondendo a critiche o sentimenti. L’anno scorso tirò genialmente fuori il pesce ratto di fantozziana memoria per ricordare ai media di non inventarsi polemiche che non esistono (nell’occasione contrasti con Dybala poco utilizzato); “posso piacere o non posso piacere” ribadendo una linea trasparente che guida le sue scelte.

Allegri, tramite le parole, sta cercando di togliere la negatività che circonda l’ambiente Juventus. Un pareggio è vissuto come una tragedia, una sconfitta diventa il disastro. Dopo Roma, troppi tifosi bianconeri erano disperati: la Coppa Italia persa, il Crotone un mista composta dal meglio che si trova in giro, lo scudetto perso come nel 2000. La squadra ha preso il carattere del proprio allenatore, diventando molto più consapevole delle proprie qualità; questa Juventus vince gestendosi, spegnendo e accendendo l’interruttore a proprio piacimento, tenendo sempre presente gli obiettivi finali. Non si può pensare di arrivare a giocarsi tutto affrontando qualsiasi partita alla morte, piangendo come disperati per un pareggio o una sconfitta. È il contismo, una filosofia che ha preso vita autonoma da Conte, che fa vivere male a troppi tifosi questo periodo d’oro che stiamo vivendo: siamo dei privilegiati a festeggiare il record di scudetti, il terzo double consecutivo.

Però c’è ancora la maledizione della Champions. Sarà che sono una persona diventata col tempo estremamente pratica, sarà che mi considero un uomo di campo, ma non ho mai creduto che una competizione possa essere maledetta. Non ho vissuto tutte le Finali, ma le ho riviste più volte tutte: la Juventus è arrivata molto spesso in fondo, ma ha perso alcune partite in cui ha giocato oggettivamente male, altre in cui ha incontrato avversari più forti (Ajax e Barcellona), altre ancora nelle quali è arrivata scarica mentalmente. Essendo partite secche ci vuole anche culo, ma questo è un fattore che nessuna squadra al mondo può controllare. La Juventus però non ha perso queste Champions per sola sfortuna (nessuna, compresa quella del 1998) o per maledizione. La strage dell’Heysel non c’entra con la Coppa Campioni, ma è realtà tremendamente triste con responsabilità acclarate nel corso degli anni. Non c’è nessun gatto nero, nessun karma malefico. Questa negatività che pervade ancora tanti tifosi della Juventus per fortuna non è più della squadra: Allegri ha tolto, lavorando sin dal primo giorno, la paura di giocare in Europa dando convinzione e fiducia. Ha centrato una finale non prevista, è uscito ai supplementari col Bayern, è di nuovo in finale. Questa volta per vincere, per fare di tutto per vincere. Sono convinto che la Juve abbia molte possibilità per conquistare la Champions, perché la sua fase offensiva è difficilmente contenibile dalla difesa del Real mentre quella difensiva bianconera ha maggiori probabilità di reggere l’impatto dell’attacco di Zidane. Non so se vinceremo (io credo davvero di sì), ma sono consapevole del fatto che la Juventus giocherà per vincere e farà di tutto per alzare la Champions. Se si dovesse perdere non sarebbe perché la Champions è maledetta, ma per una ragione molto più pratica e semplice: s’incontra una squadra molto forte, abituata a vincere e giocare queste partite. C’è una frase di Dani Alves che merita essere citata: “Veramente ho pensato, quando abbiamo giocato la finale, e sentivo che la Juve rispettava troppo il Barcellona. E questo quando combatti con qualche squadra, nello sport, il rispetto è ovvio che c’è perché sono due squadre fortissime, però basta devi lasciare questo rispetto fuori dal campo e dobbiamo vincere in qualche modo”.  Ecco, la Finale è anche, se non soprattutto, una questione mentale, di calma, d’equilibrio, d’aggressività e intensità psicologica, nonché di lucidità: è una partita come le altre in cui far bene quello che si deve fare, colpendo i punti deboli degli avversari è fondamentale per vincere. Per questo Allegri fa bene a seminare positività criticando l’eccesso di negatività. Per fortuna la squadra è impermeabile all’ambiente che lo circonda, altrimenti qualche paura in più nei momenti chiave affrontati ci sarebbe stato e probabilmente qualche vittoria in meno.

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