Come i princìpi di Viscidi e Gagliardi stanno influenzando la Juventus di Pirlo

Maurizio Viscidi, coordinatore delle nazionali giovanili azzurre, è al centro del rinnovamento del calcio italiano. Le sue idee hanno influenzato diverse figure professionali tra cui quella di Gagliardi, autorevole componente dello staff tecnico bianconero, e di Andrea Pirlo. Cerchiamo di capire a che punto è la Juventus nella metabolizzazione e applicazione di questi princìpi.



Nel calcio moderno il ruolo non è più una posizione ma una funzione.

Quante volte l’abbiamo citata questa frase utilizzata da Antonio Gagliardi?

Non la uso in apertura per vezzo o per convinzione, ma per una motivazione molto più semplice e ovvia: rappresenta il pensiero di uno dei componenti di maggior peso dello staff di Andrea Pirlo.

Chi è Gagliardi dovrebbe essere ormai noto – e vi rimando a questo stupendo articolo di Massimo Maccarrone -, ed è una delle menti dietro alla nuova nascita del calcio italiano, cresciuta dentro il laboratorio di Coverciano, grazie al lavoro e alle idee di Maurizio Viscidi.

Viscidi, chiamato in FIGC da Arrigo Sacchi e allievo del grande allenatore romagnolo, è semplicemente la persona cha ha reso il calcio italiano contemporaneo. Dalla sua scuola, oltre che lo stesso Gagliardi, devono essere annoverati diversi allenatori passati per le aule di Coverciano tra cui chiaramente anche Andrea Pirlo. Tutti abbiamo letto la sua tesi, molti sono rimasti impressionati da come in quelle pagine ci sia molto di Viscidi, delle sue teorie e della sua terminologia.

Un esempio? Quando Michele Tossani in un podcast ha parlato di costruttori e invasori non lo ha fatto per catturare attenzione con qualche parola che suscita stupore, ma ha utilizzato termini e concetti teorizzati da Viscidi, da Gagliardi e utilizzati da Pirlo. E lo vediamo bene in campo, quando la Juventus costruisce l’azione con i 5 costruttori.

È quindi giusto, per me, conoscere e partire dal loro pensiero, non dal mio. È un errore in cui talvolta cado e in cui rischio d’incorrere ogni volta che in una analisi o in una opinione non parto dal ragionare su cosa chiede Pirlo, sulla base di quali idee ha effettuato determinate scelte. Quando mercoledì scorso ha scelto Frabotta dando continuità alla propria organizzazione, per esempio, il ragionamento corretto era riflettere sul perché di tale mossa e su cosa avrebbe significato.

Conoscere Viscidi significa quindi comprendere perché la Juventus giochi in una determinata maniera. In una splendida intervista rilasciata all’Ultimo Uomo, il coordinatore delle nazionali giovanili azzurre esprime due concetti che meritano una attenta riflessione:

Al centro di esso per Viscidi ci sono i princìpi di gioco, non gli schemi. “Ci sono due modi per insegnarti come arrivare da qui, da casa mia, al centro di Bassano. Uno è dirti di andare alla rotonda, dare la precedenza, fermarti allo stop, poi prendere la seconda a sinistra e la prima a destra. L’altro modo è insegnarti a leggere i segnali stradali e darti una mappa della città. Nel primo caso ti sto insegnando uno schema; nel secondo un insieme di princìpi… L’obiettivo non è formare la capacità mnemonica dei ragazzi, bensì quella cognitiva. Non devono ripetere uno spartito rigido, devono avere gli strumenti per interpretare in un determinato modo le differenti condizioni del gioco.”

Anche qui, spogliamoci dalla nostra opinione su queste parole (io, personalmente, sono molto, molto, molto d’accordo) e spostiamo la nostra attenzione sul campo. Andrea Pirlo, col supporto di Gagliardi e del resto dello staff, sta facendo questo: trasmettere i propri princìpi di gioco. Princìpi che richiedono comprensione, applicazione, passando per molti errori. Quello che chiede l’allenatore non è facile: partire da schemi avrebbe potuto dare qualche certezza in più nell’immediato, ma non è quello in cui crede chi guida la Juventus. Troppo spesso ci dimentichiamo – e non lo abbiamo visto per tanti anni a Torino – uno dei compiti principali di un allenatore: migliorare i giocatori, ognuno di loro, e lo si fa principalmente insegnando e correggendo la tecnica e la tattica individuale. Pirlo punta a una cognizione individuale e collettiva, quella capacità di interpretare le varie situazioni che si pongono, trovare la soluzione e imporre la propria identità. Questo richiede tempo ed è una delle ragioni per le quali, secondo me, vediamo ancora una alternanza di momenti positivi e negativi all’interno della stessa gara, perché i giocatori e il collettivo non possiedono del tutto e non padroneggiano ancora gli strumenti.

Nell’intervista citata, Viscidi afferma anche questo:

L’architrave dei princìpi insegnati al Club Italia ruota attorno ad un altro acronimo, il CARP: Costruzione, Ampiezza, Rifinitura, Profondità. «Un principio è trasversale ai sistemi di gioco. Prendiamo la rifinitura. Noi vogliamo che tra le linee di centrocampo e difesa avversarie ci sia sempre almeno un uomo, al di là del fatto che il sistema prevede o meno trequartisti. Un altro principio: vogliamo che attorno al portatore di palla si crei sempre un rombo di quattro compagni come opzioni di gioco, indipendentemente dal sistema e dal ruolo di quei quattro. Lo schema non porta a ragionare. Noi vogliamo formare giocatori pensanti, in grado di risolvere situazioni».

Ecco 4 categorie alla base di qualsiasi analisi sul gioco della Juventus: costruzione, ampiezza, rifinitura, profondità. Quante volte sentiamo questi termini nelle interviste di Pirlo? Ancora una volta, attenzione sul campo: invasori che hanno il compito di invadere trequarti e area avversaria, con almeno un giocatore tra linea di difesa e centrocampo. Prendiamo l’ultima prestazione della Juventus: Dybala dove giocava? E Rabiot? E Ramsey? Quante volte vediamo un rombo attorno al portatore di palla?

Princìpi che trascendono il modulo di gioco. Lo dice Viscidi, lo vediamo con Pirlo. Essere passati da un centrocampo rigido a 2 a una linea a 3 è la dimostrazione concreta di un adattamento compiuto sulla base delle caratteristiche dei singoli per declinare al meglio sul campo le proprie idee.

Il calcio è effettivamente occupazione dinamica e continua degli spazi. Avere un rombo attorno a un compagno significa dare maggiori linee di passaggio ed essere posizionati con un numero elevato di giocatori in zona palla per poter aggredire l’avversario una volta perso il possesso stesso. Restando alla rifinitura, è ancora più evidente come le idee di Viscidi stiano influenzando notevolmente la Juventus: la squadra è lunga per aumentare spazio, usa il campo in tutta la sua ampiezza. Aumentando la lunghezza orizzontale e verticale, si pone la difficoltà alla squadra avversaria di coprire razionalmente gli spazi stessi: così, la Juventus vuole creare zone libere di ricezioni per uomini tra le linee.

Lo si è visto anche nella gara del Milan. Una squadra lunga implica anche difficoltà in fase di transizione. Se pensiamo a una moneta immaginiamo un fronte, un retro e i lati; nel calcio, i lati rappresentano le due fasi di transizione, quei passaggi dalla fase di possesso a quella di non possesso e viceversa. Il principio che guida Viscidi è quello della immediata riaggressione nei secondi successivi alla perdita del possesso – sul quale Pirlo è ripetitivo – e sulle coperture e marcature preventive. In questa fase del gioco, ancora oggi, la Juventus trova le maggiori difficoltà: è un aspetto del gioco che si allena con esercitazioni continue, è un concetto fondamentalmente semplice, ma che richiede una applicazione costante individuale e collettiva, impica stare sempre concentrati, sempre proattivi e reattivi. Basta una chiusura in ritardo, un eccesso di volontà, la paura per concedere ripartenze in campo largo.

Questo è il momento in cui Rabiot dovrebbe accorciare immediatamente su Calabria. Lo fa Bentancur, portato dall’istinto e dalla voglia, ma lascia la marcatura preventiva e Çalhanoğlu così è libero col Milan libero di attaccare in campo aperto.

L’altro aspetto in cui la Juventus è ancora più in ritardo è la fase di non possesso, situazioni in cui la squadra non riesce a mantenere compattezza, aggressività e intensità. Anche questa situazione del gioco richiede conoscenza dei macroprincipi, quella cognizione collettiva e individuale che deve guidare l’azione sul campo. L’obiettivo è quello d’indirizzare la squadra sulle corsie esterne, ma lo schieramento utilizzato senza palla richiede un grande sforzo atletico alla linea di centrocampo e troppo spesso la Juventus è in ritardo negli scivolamenti orizzontali e nelle coperture individuali. L’adattamento fatto sul centrocampo in fase di costruzione è, secondo me, necessario anche in fase di non possesso.

Lasciatemi un’ultima considerazione citando un’intervista di Gagliardi rilasciata sempre a L’Ultimo Uomo.

In preparazione di un incontro, il Match Analyst guarda dalle 5 alle 10 partite degli avversari di turno, e prepara una sintesi video nella quale mostra: come gli avversari costruiscono dal basso, come sviluppano il gioco, come potranno attaccare. Un’analisi nella quale mette in evidenza quali sono i giocatori migliori e i punti di forza dell’altra squadra. La stessa cosa la fa dal punto di vista difensivo, capisce cioè se e come gli avversari ti vengono a prendere, come escono sui terzini, chi va a prendere il tuo playmaker. Soprattutto il match analyst fa uno studio dei punti di debolezza difensivi, che poi andrai ad attaccare. Questo lavoro è svolto sempre con un occhio di riguardo alle partite che l’avversario ha già giocato contro il tuo modulo di riferimento. In un esempio recente: dell’Olanda e del suo 3-5-2 abbiamo valutato soprattutto la capacità di affrontare un 4-3-3 come il nostro.

L’esempio recente lo abbiamo con quanto visto col Milan, ma lo stesso si può dire per tutte le gare. La Juventus è una squadra che grazie allo staff e al lavoro di Gagliardi entra in campo conoscendo l’avversario e sapendo cosa deve fare per metterlo in difficoltà.

Manca ancora questo: 

Per gli altri credo che l’analisi del contesto sia sempre più importante: una squadra deve saper ragionare, leggere le situazioni, per costruire le occasioni che poi possono essere risolte anche attraverso l’istinto.

Manca, e lo vediamo sul campo, perché i giocatori e la squadra non sono ancora perfettamente in grado di possedere gli strumenti e non leggono correttamente le diverse situazioni adattandosi alle letture arrivate in corso d’opera. Ed è probabilmente un aspetto in cui Pirlo stesso può supportare ulteriormente la propria squadra.

Conoscere le idee e i pensieri di Viscidi e Gagliardi, che come sappiamo hanno una forte influenza in Pirlo, oltre che essere aggiornati sul cambiamento culturale portato dalla scuola di Coverciano è il supporto migliore per analizzare le partite stesse della Juventus e capire specialmente qual è il cammino che la squadra bianconero sta percorrendo, quali sono gli ostacoli incontrati e qual è la destinazione.

Share