Icone allo specchio: Barbara Bonansea e Melania Gabbiadini

Chi ha iniziato a seguire il calcio femminile da pochi anni, non ha avuto il privilegio di vedere giocare alcuni dei talenti della generazione passata. Queste donne hanno tracciato, grazie alla loro passione e agli immensi sacrifici fatti per rimanere ai massimi livelli, una strada che le calciatrici del presente hanno l’onere e l’onore di portare avanti.


Piemontese DOC, Barbara Bonansea nasce a Pinerolo il 13 giugno 1991. Si appassiona al calcio seguendo le partite del fratello Giorgio, il cui allenatore, vedendola sempre a bordocampo, un giorno la invita a partecipare. “Cominciai anche a fare danza” racconta ma, quando iniziarono ad accavallarsi gli allenamenti, non ebbe dubbi: alle scarpette da punta preferì quelle con i tacchetti. 

Ben presto, per Barbara, si fa avanti il Torino. Il primo provino basta e avanza: entra a far parte del settore giovanile nel 2004. Dalla stagione 2006-2007, a soli 15 anni, viene aggregata alla Prima Squadra, dove rimarrà altre sei stagioni, collezionando 127 presenze e 41 gol.
Dal Toro alla Leonessa: nell’estate 2012 firma con il Brescia. 

Contemporaneamente, Barbara entra nel giro della Nazionale maggiore, di cui ancora oggi rappresenta una delle punte di diamante (65 presenze e 25 reti per lei).
È in maglia biancazzurra che arrivano i primi importantissimi trofei, nonché l’esordio in Champions League. Tra Campionato e Coppe, in cinque stagioni, scende in campo 137 volte e marca il tabellino in ben 68 occasioni. L’esperienza è delle più gloriose: 2 Scudetti, 2 Coppe Italia, 3 Supercoppe. Tutti gli occhi sono su di lei, non solo in Italia… 

Il 2017 è l’anno dell’ingresso della Juventus nel calcio femminile: rilevato il titolo sportivo del Cuneo, la dirigenza bianconera vuole costruire una rosa competitiva per vincere da subito. Inevitabile, quindi, pensare a Bonansea per conquistare lo Scudetto nella stagione d’esordio. Ma la Vecchia Signora non è l’unica a contendersi le prestazioni di “BB11”. Dalla Francia, infatti, è il club più forte d’Europa a formulare un’offerta per lei. L’Olympique Lione di Aulas è pronto ad ingaggiarla. Il professionismo, un contratto super, la possibilità di competere stabilmente (e vincere) in Champions League. Impossibile chiedere di più per una calciatrice nostrana. 

C’è un piccolo dettaglio che però fa tutta la differenza del mondo: il cuore di Barbara è bianconero dalla nascita. Declina così l’offerta delle campionesse francesi e sposa il progetto Juventus. “La Juve era il mio sogno, e anche quello di mio fratello. Lui passò il provino in bianconero, ma mio padre non poteva accompagnarlo agli allenamenti, così rinunciò. A me è andata decisamente meglio.” 

Il primo gol nella storia della neonata Juventus Women in Serie A è naturalmente firmato Bonansea. Così sarà anche il primo in Champions League. 

Nelle prime 3 stagioni a Torino contribuisce, con 39 gol in 63 presenze, alla conquista di 3 Scudetti, una Coppa Italia ed una Supercoppa. 

Impossibile ripercorrere la carriera di Barbara senza menzionare la sua storica doppietta contro l’Australia di Sam Kerr nella gara d’esordio al Mondiale del 2019. Prima, il gol del pareggio all’11esimo della ripresa. Poi, al minuto 95, il 2-1 di testa che ci ha fatto perdere la voce. 

Ma che giocatrice è Barbara Bonansea? 

Nata attaccante centrale, è oggi un esterno offensivo dotato di caratteristiche uniche in Italia: corsa leggera favorita dal fisico snello e longilineo, eccezionale tecnica e velocità palla al piede che rendono il suo tocco riconoscibile anche ad occhi meno esperti. Dribbling in velocità, calcia sia di potenza che di precisione. Tutte caratteristiche, queste, che la accomunano a Melania. A differenza sua, Barbara è certamente meno “goleador”, ma comunque molto prolifica. 

Sa attaccare benissimo gli spazi e la profondità, parte spesso dall’esterno per accentrarsi e cercare il gol sul secondo palo, sia di destro che col mancino. 

Da una giocatrice con le sue qualità ci si aspetta però sempre il massimo, ed è per questo che, oltre ai tantissimi pregi, vogliamo raccontare anche qualche aspetto migliorabile: pecca spesso di continuità, anche all’interno della stessa partita. Talvolta alterna numeri da talento assoluto ad errori banali, e tende ad “uscire” mentalmente dalla gara per troppi minuti. Difetto, questo, a cui la netta superiorità della Juventus in Serie A spesso consente di sopperire, ma che potremmo pagare a caro prezzo nelle sfide in cui il livello tecnico ed agonistico si alza ulteriormente. 

Se oggi Barbara Bonansea è una delle stelle del calcio femminile italiano e una delle calciatrici più amate, fino a qualche anno fa imperversava nello stesso ruolo ma sulla fascia opposta, con tutta la sua classe, una icona del calcio azzurro con oltre 100 presenze in nazionale che di nome fa Melania e di cognome Gabbiadini.

Melania Gabbiadini è stata per la nostra generazione un punto di riferimento ed una delle stelle che ha guidato la nazionale fra il 2004 ed il 2017 e che ha contribuito a scrivere la storia nostro sport.

Un talento purissimo che è entrato a far parte ad inizio 2017 della Hall of Fame del calcio italiano, unica donna a riuscirci dopo Patrizia Panico e Carolina Morace.

E’ stata legatissima alla maglia azzurra che ha sempre sentito come una seconda pelle, tanto da scegliere una gara della nazionale per dare l’addio al calcio a 11 durante gli europei del 2017, con la fascia di capitano al braccio.

Sono tante le caratteristiche che accomunano Barbara e Melania, a partire dal fatto di essere entrambe prima atlete e poi calciatrici ma, a differenza della nostra attuale numero 11, l’ex Bardolino ha sempre avuto più continuità e prolificità.

Spesso decisiva negli incontri importanti, Melania abbinava tecnica eccellente, velocità e dribbling, un insieme che ha sempre rappresentato una rarità per il calcio italiano, anche del recente passato.

Un’altra qualità della casa è sempre stato il tiro: un destro secco, preciso, anche da fuori area e la maggior parte delle volte letale, un vizio di famiglia.

Meno forte il sinistro che la stessa Melania raccontava di usare per nient’altro che correre.

“Meli”, così spesso soprannominata dalle compagne, oltre alla maglia azzurra, ha legato la sua carriera ad un’unica squadra, il Bardolino Verona (poi diventato ASGM Verona), in cui ha militato per 13 stagioni consecutive diventandone anche capitano negli ultimi anni.

Melania fuori dal campo è sempre stata una ragazza introversa e umile ma entrando nel suo mondo ti dà l’anima, una leader silenziosa che ha rappresentato un esempio per le giovani calciatrici ed un punto di riferimento per le proprie compagne di squadra.

Vincitrice per 4 anni consecutivi del titolo di giocatrice dell’anno (dal 2012 al 2015) e del pallone azzurro nel 2016, è salita alla ribaltata del grande pubblico per essere la sorella di Manolo, attuale attaccante della Sampdoria.

Loro due sono sempre stati molto legati, a dividerli solo il piede forte; lei nata il 28 agosto 1983, lui di 8 anni più giovane e suo primo tifoso:

“Un giorno ero allo stadio, me ne stavo seduto in tribuna come tutti i sabati con i miei genitori per vedere giocare mia sorella. Era una partita come tante altre. A un certo punto l’ho vista avvicinarsi alla porta palla al piede. Ha tirato una bomba micidiale. Il pallone si è alzato, poi si è andato a schiantare sulla traversa. E, per il colpo, si è bucato. Chissà, forse non sarà stato un gran pallone. Ma ricordo perfettamente quello che ho pensato in quel momento: ‘Mia sorella è veramente forte’. È stato allora che ho deciso che avrei fatto di tutto per diventare un calciatore forte come lei”.

Già, un fenomeno, che ha mosso i primi passi nella squadra maschile a 7 del suo paese d’origine, Bolgare in provincia di Bergamo, all’età di 9 anni dove da subito è spiccato il suo talento fra i maschietti. Poi l’esperienza con le sue coetanee all’ACF Bergamo in serie B e poi in A dal 2000 al 2004, prima della chiamata del Bardolino.

Anno dopo anno è sempre stata mossa da quella passione che non l’ha mai abbandonata e che l’ha fatta diventare un simbolo per Verona e per il calcio femminile italiano.

Neanche un brutto infortunio ad inizio 2012, la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro, le ha tolto l’amore per il calcio.

Il punto più alto della sua carriera? Probabilmente la doppia sfida del Bardolino contro FFC Francoforte di Ali Krieger, di Brigit Prinz (colei che Gaucci voleva portare nel suo Perugia maschile, do you remember?) valido per la semifinale di Women Champion’s League stagione 2007/08.

Melania segna all’andata in Germania il gol del 2-4 mentre al ritorno, nonostante la sconfitta per 3-0 contro la squadra che vincerà poi la Champions in finale contro le svedesi dell’Umea, disputa una grande gara ricevendo, insieme a tutta la squadra, un lungo applauso finale dai quasi 14.000 accorsi al Bentegodi.

Mai nessuna squadra di club italiana aveva mai raggiunto un traguardo simile in Europa e, anche oggi, rimane il risultato più importante di una italiana in Women Champion’s League.

Quella partita stabilisce anche il record di pubblico in Italia per una gara di calcio femminile che resisterà per quasi 11 anni, prima di essere demolito dalla Premièr dell’Allianz Stadium fra Juventus e Fiorentina.

Dopo la vittoria di 5 scudetti, 2 Coppe Italia, 3 Supercoppe italiane ed 1 campionato di B, l’ultimo grande evento in cui è presente Melania, è il campionato europeo del 2017 dove la nazionale viene eliminata già nel girone e Meli dà l’addio al calcio a 11 nell’ultima partita contro la Svezia.

Chiude definitivamente con il calcio giocato nel 2019 dopo 2 stagioni nel calcio a 5, tesserata con la Noalese ma il suo amore per il suo sport continua sotto un’altra veste, quella di allenatrice. Attualmente infatti guida le esordienti e le pulcine delle Lady Granata Cittadella.

269 presenze in serie A e 220 reti realizzate, 66 presenze in Coppa Italia con 73 reti e 26 presenze in Champions con 18 reti con la maglia di Bergamo e Bardolino, le 114 presenze e le 45 reti in nazionale e gli innumerevoli assist alle compagne, sono numeri che non bastano a definire quanto grande è stata Melania Gabbiadini per il calcio italiano.

Non bastano a definire la grandezza di una campionessa che, nonostante sia stata molto apprezzata all’estero, non ha mai lasciato la squadra di cui è stata una bandiera.

Meli è sempre stata la fuoriclasse, semplicemente e senza discussioni la giocatrice italiana più forte di tutti i tempi insieme a Patrizia Panico.

Amate oggi Barbara Bonansea? Non avreste potuto evitarlo con la più forte dei fratelli Gabbiadini.

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