L’abitudine a vincere

C’è un aspetto del quale mi sono reso conto in questi giorni di mare, leggendo alcune reazioni alla partita di Supercoppa europea, non essere ancora chiaro a diverse persone. Chiaramente, è la mia opinione, ma credo possa trovare risconti nell’andamento delle ultime gare del Real Madrid in Champions League. La squadra di Zidane è dentro un ciclo europeo tremendamente vincente; di più, la società di Florentino Perez ha in bacheca 23 titoli internazionali, otto dei quali conquistati nelle ultime cinque stagioni. Sono tutte finali, gare secche, nelle quali entrano in scena diversi fattori che incidono sul risultato. Ora, qualcuno potrebbe ricordarmi che alcune Champions sono arrivate anche grazie al culo, ma averlo è fondamentale per vincere le finali, però sarebbe abbastanza riduttivo fermarsi a questa considerazione.

Il Real Madrid è dentro questo ciclo vincente principalmente per due punti: la qualità del mercato degli ultimi anni; l’abitudine a giocare partite decisive in Europa. Delle campagne trasferimenti di Florentino Perez si è tanto discusso negli ultimi mesi, ed è certamente più facile poter essere incisivi quando si hanno disposizioni enormi capitali, ma questo non basta come dimostrano diverse società inglesi piene di sterline che spendono senza riuscire a migliorare le proprie squadre. Di cazzate, e grosse, ne ha fatte pure il Real sul mercato, ma dopo la fase “compriamo tutti”, è subentrata quella “dominiamo il mercato interno” con Zidane che si trova a disposizione diversi tra i migliori giovani spagnoli; che giocano, stanno in rosa, non vengono dati in prestito e che possono essere ceduti dopo qualche stagione ricavando introiti record. Sì, perché é più facile vendere bene un calciatore giovane (lo vediamo anche pensando ai 20 milioni ricevuti per Lemina), piuttosto che una riserva di medio valore più in là con l’età. E, come già detto in podcast, questo mi piacerebbe vedere fare alla Juventus, ma non sono l’amministratore delegato di una società che la governa, giustamente anche, minimizzando ciò che ritiene rischi.

È il secondo punto, l’abitudine, che merita qualche approfondimento. Il ciclo del Real Madrid nasce nel 2009, passa attraverso il triennio di Mourinho, anni nei quali il club ha giocato, uscendo, per tre volte consecutive le semifinali di Champions, trova la gloria iniziale con Ancelotti, per poi consacrarsi con Zidane in panchina. Il grosso dei titolari, quelli che ora dominano e vincono, sono passati attraverso le sconfitte, hanno ora l’abitudine a giocare le partite da dentro o fuori, quelle che ti portano ad alzare al cielo le coppe. Il Real di Zidane riesce a restare dentro le partite anche quando non ha il controllo, grazie a una incredibile fiducia, consapevolezza e tranquillità, oltre che immense qualità tecniche. Non ha paura, non si scompone, non ha crisi isteriche. È tremendamente lì, sempre lì. Per avere questo atteggiamento servono i campioni che ti sanno risolvere le partite, ma essere abituati ad affrontare simili emozioni, pressioni, difficoltà aiuta.

Ed è quello che è mancato alla Juventus all’ultimo appuntamento. La scorsa stagione ci ha detto di una squadra che ha la grandiosa abitudine a vincere in Italia, una squadra che gioca per vincere e non per fare bene, avendo ben presente l’obiettivo finale senza farsi scomporsi eccessivamente dagli incidenti di percorso che tanto fanno incazzare noi tifosi. Questa fiducia e consapevolezza nelle proprie qualità si è manifestata anche lungo il cammino in Champions, specialmente nella fase finale: la lucidità con la quale ha affrontato le partite con Porto, Barcellona e Monaco rappresenta una base dalla quale ripartire questa stagione. La Finale, invece, ci ha raccontato di una squadra che, per varie questioni, non è riuscita a sopportare le difficoltà e le pressioni di una gara secca. Senza se e senza ma, quando si vuole vincere, bisogna comprendere le ragioni di una sconfitta e poi ripartire. Giocare per vincere e non per fare bene è un passo fondamentale.

Perché la missione di questa stagione che sta per iniziare, dichiarata più volte da Allegri, è quello di vincere tutto in Italia e tornare in Finale di Champions. Per vincerla, sapendo che la concorrenza è forte e agguerrita con un Real che è sempre lì. Troppi stanno dimenticando il cammino europeo della scorsa stagione: unito alle vittorie in Italia, fa della stagione 2016-2017 una delle migliori nella storia centenaria bianconera. Quel percorso deve dare ai giocatori quella fiducia e consapevolezza di poter essere protagonisti. La Juventus, infatti, gioca in Europa non più per fare bene, ed è quello che è successo per troppo tempo, ma per vincere: sono due sport differenti. Questo significa il motto della Juventus: “vincere non è importante, ma l’unica cosa che conta”. Lottare, e fare tutto quello che è possibile, per vincere. Ed è quello che ha fatto la Juventus l’anno scorso, trovandosi però di fronte una squadra più abituata, e più forte, a vincere in Europa.  E per vincere non c’è nulla di meglio che stare sempre ai vertici e abituarsi a giocare le partite che contano.

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