Un prodigio di nome Rugani

di Luca Rossi


Il numero 24 bianconero è fresco di rinnovo contrattuale che lo legherà alla maglia bianconera fino al 2021. In quest’anno e mezzo la sua crescita è stata esponenziale e le ultime uscite ne sono state la dimostrazione.


[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]D[/mks_dropcap]aniele Rugani giunge alla corte della Vecchia Signora nell’estate del 2015 in un clima di generale fiducia e di grandi aspettative nei suoi confronti. La stagione precedente ad Empoli, dove è stato mandato in prestito, ha posto il giovane difensore lucchese sotto i riflettori per la bravura e l’attenzione dimostrate in campo. Inoltre, il numero zero alla casella ammonizioni in 38 partite viene visto come un segnale di grande correttezza in campo e di eccellente pulizia negli interventi. Pare intravedersi un giocatore impregnato di stile Juve.

Non è però tutto oro quello che luccica. I primi mesi, tra lo scetticismo generale legato ai risultati di squadra tutt’altro che soddisfacenti, vedono Rugani sedere in panchina per la maggior parte delle partite. L’esordio arriva col Siviglia in Champions League allo Juventus stadium ma in quell’occasione Allegri gli concede solo due minuti di gioco. In Coppa Italia col Torino, solo a metà dicembre, scende in campo per la prima da titolare per poi trovare progressivamente sempre più spazio sia da subentrante sia da titolare a inizio 2016. Si intravedono, a tratti in queste prime apparizioni, le stigmate del campione per giocate difensive di grande ordine, pulizia ed efficacia. La sensazione che emerge maggiormente però nell’ambiente bianconero è quella di un calciatore che gioca col freno a mano tirato e mai troppo sicuro nell’esecuzione delle giocate. Una causa è senza dubbio la disabitudine di Rugani a giocare in una difesa a tre in cui i centrali difensivi sono gravati in maniera rilevante dagli oneri di impostazione dell’azione dal basso. La difesa a quattro in cui ha tanto brillato a Empoli lo esulava da compiti troppo pressanti in fase di avvio dell’azione. Le difficoltà più evidenti, infatti, emergono proprio con la palla tra i piedi nella propria metà campo. Numerosi sono i retropassaggi effettuati all’indirizzo di Bonucci per non rischiare una giocata più complessa in verticale. La sua circolazione palla è eseguita quasi esclusivamente sul corto al compagno più vicino, volta perlopiù a liberarsi dal pallone, quasi come fosse una bomba pronta a esplodere, più che a ricercare la scelta giusta al momento corretto.

I passaggi effettuati da Rugani in Sampdoria-Juventus, prima da titolare in serie A. Linee di passaggio sul corto quasi sempre indirizzate verso il centro o sul compagno più vicino sull’esterno.


Queste difficoltà fanno sorgere dubbi riguardanti la personalità del ragazzo che non sembra avere il carattere per poter reggere una maglia così pesante come quella della Juventus. Anche a livello difensivo infatti mostra delle incertezze maggiori rispetto a quanto fatto vedere a Empoli. Aumenta il numero di falli (da 0,61 a 0,88 a partita), segno di una minor pulizia dell’intervento e di un deficit di sicurezza che lo porta ad adottare un comportamento più falloso ai danni dell’avversario.

Quest’insieme di incertezze e problematiche sfociano in maniera quasi catastrofica nella partita di ritorno contro l’Inter valevole per la semifinale di ritorno di coppa Italia. L’intera squadra fornisce una prestazione largamente insufficiente ma gli errori di Rugani sono particolarmente gravi e macroscopici.


Emerge il problema dell’impostazione. In questa circostanza Rugani non dosa a sufficienza il passaggio a Bonucci. L’azione dell’inter si concluderà sulla traversa.

Rugani non posiziona il corpo in maniera corretta e non impedisce a Perišić di entrare in area di rigore. Fallo, dettato anche dal nervosismo, che gli costa anche la prima ammonizione.


Questa partita fa piovere addossoal giovane centrale difensivo bianconero numerose critiche ma, inaspettatamente, si rivela un punto di svolta. La prestazione negativa sblocca psicologicamente Rugani che, sia per la voglia di riscatto sia perché più libero dalle paure oramai già concretizzatesi, inizia a regalare prestazioni molto più convincenti. Allegri stesso, rinomato ottimo gestore di giovani, ha affermato che una prestazione del genere, condita anche (finalmente!) dalla prima ammonizione, avrebbe potuto avere effetti positivi più che alimentare ulteriori negatività.

Da marzo 2016 Rugani gioca con un crescendo qualitativo notevole che zittisce le critiche arrivate nelle settimane precedenti. Maggior sicurezza, convinzione e anche una discreta intraprendenza affiorano nei match giocati dal difensore toscano. Si iniziano a vedere con una certa frequenza discese palla al piede volte a incunearsi nella linea difensiva dei centrocampisti avversari, tentando poi un suggerimento a un compagno da effettuare il più tardi ma il più velocemente possibile.


La percussione centrale permette di superare un uomo della prima linea difensiva avversaria e di creare (in un micro-quadrato di campo) un 2 vs 1 contro il numero 4 avversario. Tempi di giocata perfetti.


In questa prima parte di stagione il nostro numero 24 ha dimostrato nelle 8 presenze fin qui accumulate non solo di avere ormai interiorizzato perfettamente i meccanismi di continuo passaggio tra la difesa a tre e a quattro, ma soprattutto di avere acquisito una personalità e una confidenza nei propri mezzi tale da poter scendere in campo in qualsiasi palcoscenico nazionale e internazionale. Esemplare è stata la sua prestazione a Siviglia dove il clima partita non era di certo tra i più sereni. Maggiormente disinvolta e precisa è la gestione del pallone sia sotto pressione in fase di disimpegno sia nell’avvio e nell’impostazione dell’azione dove vi è un aumento piuttosto sensibile dei passaggi in verticale come il grafico sottostante certifica.


La crescita di Rugani in quest’anno e mezzo è sotto gli occhi di tutti. Tra i bianconeri è senza dubbio tra coloro che ha fatto maggiori progressi. Probabilmente sarà ancora destinato a sorbirsi la panchina fin quando la BBC sarà in piena forma ma bisogna comunque ricordare che ha soltanto 22 anni e che quindi può avere un grande futuro davanti a sé. Il rinnovo fino al 2021 è soltanto una conferma. Le qualità sono indubbie, la professionalità non può essere messa in discussione e i modelli da cui imparare sono di primissimo livello. Il futuro sembra essere roseo per la retroguardia bianconera.


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di Francesco Federico Pagani


Il commento di un suo grande fan.


[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]H[/mks_dropcap]o sempre considerato Daniele Rugani un grande talento, sin da quelle prime volte in cui mi capitò di vederlo giocare ai tempi della Primavera juventina (sin lì lo conoscevo solo per nome, facendo parte del giro delle nazionali giovanili sin dall’under 16).

Da subito ebbi infatti sensazioni molto positive nel vederlo giocare. Ben piantato sulle gambe, attento per novanta minuti, puntuale e deciso oltreché pulito negli interventi, abile nel gioco aereo, capace di ottime letture di gioco e sicuro dei propri mezzi. Insomma, un po’ il prototipo di difensore di quelli che la grande scuola italiana ha prodotto a mazzi, sin dai tempi di Virginio Rosetta e Pietro Rava.

La conferma che mi diede la certezza di essere davanti ad un giocatore col potenziale per diventare uno dei migliori centrali europei della sua generazione l’ebbi nel 2015, quando il ragazzo terminò la prima stagione da assoluto protagonista in Serie A ed andò a giocare l’Europeo under 21.

“Roba di ragazzini”, direbbe qualcuno. “Roba da giovani professionisti”, rispondo io.

L’Italia quella volta non fece bene, suicidandosi in un torneo che avrebbe potuto vincere comodamente. Rugani però, affiancato prima da Bianchetti e poi da Romagnoli, fu a mio modesto avviso il miglior centrale della competizione. Una conferma importante per un giocatore che a distanza di un anno e mezzo sta finalmente raccogliendo i risultati che merita, anche ad alto livello.

Luca ha ben descritto l’evoluzione che il ragazzo di Lucca ha avuto da quando è sbarcato a Torino. L’impatto con una realtà del genere non è stato facile e lo ha portato probabilmente a rimettere in discussione tutte le sue certezze, costruite in una vita di settore giovanile e nel paio di stagioni disputate da titolare in quel di Empoli tra Serie B ed A.

Però il talento aiuta a superare tutte le difficoltà, ed oggi Rugani sta tornando ad acquisire quella sicurezza nei propri mezzi assolutamente necessaria a chiunque voglia provare ad imporsi ai massimi livelli.

Difensivamente parlando è già un giocatore di alto profilo. Bravissimo nell’accorciamento sull’uomo, buona scelta dei tempi quando gioca sull’anticipo, capacità aerea importante, è sempre concentrato e sa leggere molto bene il gioco. Qualche limite in più lo dimostra ancora nella fase di possesso, dove pur essendo un buon killer nell’area avversaria non ha ancora raggiunto una confidenza totale con l’impostazione del gioco. In questo senso però credo che il problema sia voler cercare a tutti i costi un altro Bonucci: nemmeno Barzagli né – soprattutto – Chiellini sono super nella gestione della costruzione bassa, eppure nessuno mette in dubbio il loro valore per questo.

In definitiva penso che il rinnovo di contratto a Rugani fosse un atto dovuto. Le gerarchie in casa Juve sono chiare e non lo vedono certo titolare, ma è altresì vero che nessuno è immortale e che Barzagli (36 anni a maggio) e Chiellini (33 anni la prossima estate) hanno ormai imboccato la fase calante e conclusiva della loro carriera.

Così in un momento in cui si parla anche del possibile acquisto di un altro centrale italiano della leva 1994 (Mattia Caldara dell’Atalanta) blindare il futuro di Daniele Rugani è la mossa migliore che Marotta e soci potessero fare: se la china, come penso, continuerà ad essere questa l’ex empolese finirà col rappresentare un punto fisso della Juventus (e con ogni probabilità anche della Nazionale) per tanti anni a venire…

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