3a Serie A: Juventus Sassuolo 3-1

di Andrea Lapegna


Una Juventus a tratti debordante doma un Sassuolo orfano di Berardi. L’analisi della partita tra spunti tattici e situazioni di gioco. 


[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]A[/mks_dropcap]llegri aveva chiesto pazienza ai tifosi, che fremevano dalla curiosità di vedere Higuaín e Pjanic dal primo minuto. L’argentino non aveva svolto l’intera preparazione con la squadra e aveva bisogno di assimilare i ritmi di allenamento e le sedute tattiche; il bosniaco invece aveva subito una botta nella partitella a Villar Perosa e in questo periodo delicato nessuno ha voglia di rischiare. Il loro momento è così arrivato alla terza giornata di campionato, avversario il Sassuolo di Di Francesco, privato della seconda vittoria su due giornate di campionato solo da fatti extra-campo.

Il tecnico livornese conferma la formazione attesa e annunciata, vestendo la Juventus del classico 3-5-2: Buffon, Benatia, Bonucci e Chiellini in difesa, Lichtsteiner, Khedira, Lemina, Pjanic e Alex Sandro in mezzo, e finalmente la coppia da tango Dybala-Higuaín a guidare l’attacco. Di Francesco deve rinunciare al pupillo Berardi, infortunato, e non vara sorprese nel 4-3-3 di base: Consigli; Gazzola, Acerbi, Antei, Peluso; Pellegrini, Magnanelli, Duncan; Politano, Matri, Ragusa.

Nella presentazione del Sassuolo avevamo avvertito del meccanismo di pressing di Di Francesco, che questa volta adatta bene alla formazione della Juventus. Così, i tre attaccanti si orientano sui tre centrali bianconeri: Matri tagli i rifornimenti a Lemina, e la pressione portata diagonalmente da Politano e Ragusa costringe Benatia e Chiellini ad aprire il gioco sugli esterni, presi in consegna dai terzini avversari, inizialmente altissimi. Lo sciame neroverde è inizialmente molto coordinato, e costringe la Juventus a sporcare l’uscita del pallone. Il recupero alto permette anche a Politano di impegnare subito Buffon.

La scuola spagnola insegna che per uscire dal pressing bisogna avere buoni piedi e far girare la palla velocemente; la scuola tedesca invece che per impedire l’uscita all’avversario, bisogna pressare più forte dell’altrui tecnica. Delle due, Pjanic ha deciso di interpretare la prima con un arrangiamento personale quando al quarto minuto mette a nudo le errate spaziature tra le linee del Sassuolo e dà il la al contropiede che con tre passaggi manda in porta Higuaín. Per noi tifosi, un particolare tipo di piacere consiste nel vedere che nonostante la squadra sia abituata lunghe manovre, le situazioni in cui è richiesta verticalità sono sempre ben sfruttate.

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Per i primi minuti di gara, le squadre sembrano dimenticare i 33 umidissimi gradi di Torino e disegnano occasioni da gol a grappoli: il primo quarto d’ora segnerà ben 8 tiri verso lo specchio delle due porte, di cui due convertiti in rete da Higuaín. Dopo il gol del vantaggio il Sassuolo comunque non sta a guardare, e i triangoli tra le maglie bianconere mettono in difficoltà Lemina che si trova spesso preso in mezzo. Quello che forse è cambiato è il pressing neroverde: il gol iniziale rende più prudente la squadra ospite, la cui pressione è meno costante nel tempo e meno diffusa nello spazio. Questo permette alla Juventus, quando in possesso, di abbassare il ritmo in circolazione bassa, e di far dialogare le punte con il centrocampo senza frenesia.

Da questi duetti nasce il secondo gol bianconero, con un cross mancino di Lichtsteiner sulla cui respinta si avventa Khedira, sempre più presente in area avversaria. Le abilità di decision making del tedesco sono spesso sottovalutate e la sua sponda di testa regala ad Higuaín l’occasione per un ulteriore upgrade nel suo feeling con lo Stadium. Al fischio finale, l’impatto di Higuaín con la Juve recita: 118 minuti, 38 tocchi, 3 gol.

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Una caratteristica dialettica della filosofia allegriana è il concetto di calma. Il tecnico livornese ha abituato i giornalisti a chiedere equilibrio nei giudizi, e ai tifosi una buona dose di pazienza – come l’anno scorso. In campo questo atteggiamento si traduce nella ricerca della gestione dei ritmi, del pallone e degli spazi. L’elettricità con cui la squadra stava attaccando a testa bassa anche dopo il secondo gol non è piaciuta (e lo rimarcherà in conferenza stampa), sintomo forse di una mancanza di lungimiranza da parte dei bianconeri.

La Juventus passa così in fase di controllo della partita, alcuni direbbero con il pilota automatico, e noi spettatori possiamo dare uno sguardo più profondo alle disposizioni in campo. Il 3-5-2 versione ‘16/17 porta le due mezz’ali a ridosso dell’area di rigore avversaria, anche e soprattutto se il gioco si sviluppa centralmente, cosa che avveniva invece a singhiozzo l’anno scorso. L’idea di Allegri, quest’anno più che mai, è di cercare sempre di occupare lo spazio tra le linee con i suoi giocatori di qualità. Il non-luogo tra difesa e centrocampo è così preso d’assalto da Pjanic e Khedira, mentre quello tra centrale (Antei, oggi) e terzino (Peluso) è territorio di caccia di Paulo Dybala. Per questo motivo le due mezz’ali, oltre a stringere parecchio la propria posizione – soprattutto rispetto al passato – l’hanno alzata drasticamente. Dall’immagine qui sotto si evincono le posizioni medie e le connessioni tra giocatori. Va notata un’ultima novità di quest’anno: il centrale di centrocampo è sempre meno coinvolto nella creazione di gioco, che – complice l’assenza di Marchisio e l’incredibile tasso tecnico della squadra – è diffusamente presente in tutti i quadranti del campo.

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Per quanto riguarda la distribuzione del gioco, l’asimmetria nel bilanciamento bianconero è evidente. La Juventus fa densità di gioco e giocatori sulla zona destra, dove arriva sul fondo grazie alle combinazioni tra Dybala e Lichtsteiner; dall’altra parte invece Sandro non può contare sul supporto di un attaccante né di Pjanic che per sua natura cerca sempre il centro del campo. Questo è palesato anche dalle differenti zone di pertinenza degli esterni bianconeri, con Lichtsteiner in versione Swiss express e Alex Sandro a posizione più stretta.

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Tuttavia la Juventus non è costretta a scegliere a priori la direzione del proprio attacco, ma riesce a far scivolare il pallone dal lato forte al lato debole con una naturalezza e una velocità disarmanti. Non è nemmeno questione di cambiare il gioco con una sventagliata, è una sequenza di passaggi a uno o due tocchi senza soluzione di continuità a cui le linee del Sassuolo non sanno rispondere con sufficiente reattività. Questo, in aggiunta alla posizione stretta di Gazzola – su istruzione di Di Francesco o iniziativa del terzino emiliano? – apre praterie a sinistra, che Alex Sandro ara con la consueta efficacia.

Il primo tempo del brasiliano necessita di un plauso ulteriore. Alex Sandro non finirà mai di stupire per la tecnica di corsa pulita, da mezzofondista, e per l’innata tendenza a correre con il mento alto alla ricerca di un compagno da servire. Nonostante molti dei suoi cross partano a 20/25 metri dal fondo, riesce sempre a tagliare fuori terzino e centrale destro dalla ricezione per far arrivare il pallone al centro dell’area. A fine partita sarà il giocatore che ha toccato più volte il pallone (98 volte), effettuato più passaggi (80), tackle (4), e ingaggiato più duelli aerei (3, al pari di Mandžukić). Si toglierà anche lo sfizio di dribblare un avversario e tentare la conclusione. Qui sotto, un emblema della sua efficacia: recupero, girata, e via a cavalcare verso la prossima azione.

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La squadra si avvia così in modo quasi naturale al terzo gol, di cui vanno rimarcati in sequenza l’incredibile sfilacciamento delle maglie difensive del Sassuolo e il sorprendente stacco aereo di Pjanic. Solo un raro e casuale errore di valutazione di Buffon tiene gli emiliani in partita al fischio di fine primo tempo.

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Nella ripresa le caratteristiche della Juventus si accentuano. Pjanic e Khedira prendono definitivamente possesso della trequarti senza che Duncan e Pellegrini possano ostacolarne l’azione. In fase di possesso consolidato, la Juventus sembra ormai disporsi con un 3-3-2-2 molto fluido, dove l’inedita coppia di trequartisti scende e sale dal centrocampo all’attacco a piacimento, coordinando la propria posizione anche in virtù dei rientri di Dybala.

Nonostante a 20′ dalla fine la partita possa già considerarsi conclusa, c’è tempo perché Allegri continui ad urlare ai suoi di mantenere ancora più controllo sulla sfera. Ogni tanto il possesso palla è un modo per tenere gli avversari lontani dalla propria porta, e non solamente un’arma di offesa. Per Allegri questo può essere vero solamente negli effetti, perché il controllo sul pallone deve essere sempre propositivo e atto a trovare il compagno tra le linee. Per questo motivo, quando a metà della ripresa la Juventus sembra aver perso smalto nell’uscita del pallone, abbasserà ulteriormente Pjanic fino a farlo diventare quasi un regista aggiunto. “Credo che in futuro diventerà un grande regista davanti alla difesa”, dirà Allegri a fine partita.

In realtà, c’è tempo ancora per qualche brivido difensivo, con Politano vicino lichtal gol, ma un Lichtsteiner in versione Gandalf vs Balrog decide all’88’ di entrare nei manuali di calcio compiendo una delle diagonali difensive più pulite e provvide dei tempi recenti. Tu non puoi passare. 

(E, per la cronaca, 30 secondi dopo recupera un pallone a centrocampo e subisce un preziosissimo fallo)

https://www.instagram.com/p/BKL3CeNDID5/

 

Leggenda vuole che quando venne chiesto per la prima volta a Mozart cosa stesse facendo con le mani sul clavicembalo, pare che lui – un bambino di tre anni – rispose “cerco note che si piacciano”. Dev’essere più o meno quello che Marotta e Allegri si sono detti nei mesi tardo-primaverili quando decisero di assemblare la migliore Juventus del dopo Calciopoli. Perché in fondo il pomeriggio di Torino lascia ai tifosi la sensazione di una squadra che si diverte, un’orchestra né troppo rigida né troppo dipendente dai propri solisti, mai i cui elementi provano uno spiccato piacere nel giocare tra di loro.


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di Davide Terruzzi


La prima di Pjanic con la maglia della Juventus.


[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]Q[/mks_dropcap]uella di sabato è stata la mia prima partita allo Stadium. Ovviamente sono stato fortunato, la Juventus ha vinto, giocato a tratti in maniera spettacolare, ma ho avuto soprattutto l’occasione di vedere giocare Pjanic e Higuain assieme per la prima volta e dal primo minuto, cioè i due che sono stati individuati come i game changer della formazione di Allegri. Il tecnico ha sorpreso un po’ tutti, perché dopo un’estate passata a parlare del nuovo acquisto come regista e a provarlo in questo ruolo, ha schierato l’ex Roma in una posizione ibrida all’interno di un sistema molto fluido. Riassumendo in pochi punti quanto richiesto e quanto fatto sul campo si potrebbe dire che Pjanic senza palla ha agito propriamente da trequartista seguendo praticamente a uomo Magnanelli, colui che è il regista ed equilibratore del Sassuolo. Un compito ben eseguito, sebbene questa posizione ha comportato la creazione di spazi a centrocampo ben sfruttati dai tagli degli esterni del tridente di Di Francesco, comunque generalmente ben controllati dei difensori centrali, molto aggressivi sugli uomini. Non è possibile, quindi, dopo solamente una partita dedurre se questa soluzione sarà vista con continuità durante la stagione, oppure se è stato solamente un adattamento studiato per l’occasione. Qualche difficoltà per il bosniaco, considerando che siamo ancora a inizio stagione, invece nel recuperare la posizione di interno una volta superato il primo pressing alto

Chiaramente il meglio è arrivato con la palla. Dallo stadio si è avuta netta la sensazione di una Juventus schierata con un 3-4-2-1 con l’obiettivo di occupare tutte le zone del campo: Alex Sandro e Lichtsteiner, più basso del suo compagno sulla destra, offrivano ampiezza, Pjanic e Dybala si posizionavano nei corridoi, Higuain partiva centrale per poi muoversi in relazione agli spostamenti degli altri giocatori. In più c’è Khedira, abituato a interagire con il numero ventuno sempre più dieci sul campo e il terzino, pronto a buttarsi negli spazi: gli inserimenti senza palla sono stati effettuati con buon successo anche dallo stesso Pjanic, bravo a leggere queste situazioni (nell’azione della rete di Higuain lui e il centrocampista tedesco sono le due punte; il suo gol arriva appunto da questa situazione). Da quella posizione di partenza, soprattutto nel primo tempo, il bosniaco si abbassava per offrire un contributo in fase di costruzione, diventando di fatto il vero regista della squadra: un meccanismo che va ancora perfettamente oliato, dal momento in cui spesso Lemina veniva così tagliato fuori e si trovava in difficoltà a trovare una zona in cui smarcarsi.

Pjanic porta in dote una capacità di verticalizzazione e di combinazione con i compagni nello stretto che probabilmente mancava negli anni scorsi. Particolarmente degni di nota sono stati gli scambi con Higuain e Dybala, con il centravanti argentino che ha mostrato le proprie capacità tecniche anche nel gioco di sponda. Si tratta della prima partita disputata dall’ex Roma con la nuova maglia, una prestazione nettamente positiva che lascia ben sperare per il futuro, sebbene la conoscenza con alcuni dei compagni, tecnica e tattica, debba progredire per garantire quelle fluidità e connessione ricercate da Allegri.

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