Allenamento in evoluzione: il metodo Juve

di Andrea Lapegna


Breve guida agli allenamenti della Juventus: preparazione estiva, personalizzazione e prevenzione degli infortuni. Le ragioni del metodo Juve. 


Con le prime giornate di campionato, arrivano puntuali i commenti sugli acquazzoni di fine agosto, sulle giornate che si accorciano e sull’efficacia della preparazione della Juventus. E se i primi due eventi sono comprovati da evidenze meteorologiche, è più difficile analizzare la preparazione estiva dal momento che le informazioni sui metodi e sugli allenamenti seguiti sono sempre scarse.

In una lunga intervista rilasciata a “Il nuovo calcio”, il professor Roberto Sassi, Training check della Juventus, espone le tecniche impiegate nel calcio moderno e offre un illuminante focus sul metodo Juve. Si parte da un assunto semplice ma tranchant: i metodi di allenamento sono profondamente diversi da campionato a campionato. Questo perché anno dopo anno ogni nazione porta con sé la scia della propria tradizione, più o meno marcata: in Spagna si vive col pallone, in Inghilterra si allena il fisico, e in Italia ci si adatta alle necessità tattiche dell’allenatore. Lo spiega anche Simone Folletti, responsabile della preparazione atletica alla Juventus e insignito del premio come miglior preparatore della stagione 2015/2016: ogni cultura calcistica chiama un tipo di preparazione differente. Di certo, gli allenamenti durante l’estate seguono modelli finalizzati ad abituare il corpo a carichi di lavoro maggiori rispetto alla stagione. In questo senso il lavoro fisico sarà ben più importante di quello normalizzato durante l’anno, perché i ritmi serrati della prima squadra non permettono di pianificare sessioni intensive, che minerebbero la condizione dei calciatori per le partite immediatamente successive. Il grande lavoro fisico dell’estate mira tra le altre cose anche a facilitare il compito dei preparatori, mantenere cioè alta e costante la condizione dei calciatori in stagione.

Come si lavora? La specializzazione degli atleti ha portato in dote una conseguente diversificazione dell’allenamento: ad oggi infatti, determinati ruoli richiedono movimenti e sforzi che altri ruoli non prevedono. Tralasciando l’ovvia differenza tra portieri e giocatori di movimento, pensiamo per un attimo all’importanza di un fondamentale come lo stacco aereo: determinante in centrali e attaccanti, trascurabile in registi e seconde punte. Per questo motivo, gli esercizi in campo (ma anche e non secondariamente in palestra) saranno modellati ad hoc affinché determinati ruoli eccellano nei fondamentali maggiormente richiesti. Parallelamente, la personificazione dell’allenamento ha portato anche una grande specializzazione dello staff di preparatori, con una conseguente moltiplicazione degli stessi. E se gli allenamenti durante l’anno sono sempre più tarati sulle caratteristiche tecniche e tattiche del calciatore, essi lo sono anche per quelle fisiche e atletiche. L’anno scorso ad esempio è stato effettuato un importante lavoro fisico su Dybala che, brevilineo e bruciante nei primi metri, spesso non riusciva a tenere botta alla fisicità degli avversari, vanificando così i propri punti di forza. Come le prime foglie d’autunno cadute al suolo, Paulo finiva spesso le sue corse ad assaggiare il sapore dell’erba; già in novembre invece, il lavoro specifico che ha intrapreso assieme allo staff atletico ha fatto esclamare a mister Allegri che “Dybala è cresciuto molto anche fisicamente. Avete visto come gli sono cambiate le gambe da quando lavora con noi?”

La crescita muscolare di Dybala.


In questo senso, uno degli aspetti cruciali degli allenamenti della Juventus è l’attenzione ai muscoli. Attraverso un attento reclutamento muscolare – l’attività cioè di selezionare attraverso esercizi mirati quali tipi di fibre muscolari far lavorare – si vanno ad allenare le fibre più sollecitate durante la partita, quelle cosiddette a contrazione rapida. Queste hanno un tempo di attivazione molto più veloce (sono per esempio le fibre che lavorano quando facciamo uno scatto improvviso) e rilasciano molta più forza rispetto a quelle a contrazione lenta; ma sono anche facili da sovraccaricare. Si tratta infatti delle fibre che possono lavorare – per un breve periodo – in maniera anaerobica, ossia più banalmente in assenza di ossigenazione. Come si allenano? Attraverso macchinari speciali, in dotazione a Vinovo, e ad esercizi mirati sul campo.

Al netto delle differenze da giocatore a giocatore dunque, molti degli esercizi svolti tendono a replicare i gesti della partita. Già da qualche anno, grazie allo sviluppo della match analysis, anche i preparatori “studiano” le necessità tattiche dell’allenatore e i movimenti richiesti dal ruolo, proponendo poi l’esercizio migliore: il metodo Juve è sempre più olistico e sistemico, e coinvolge tutto lo staff. In questo modo la squadra simula in allenamento l’intensità del match day, con un duplice risultato: i giocatori allenano le situazioni della partita, e i preparatori capiscono in anticipo come il loro corpo reagisce. In maniera quasi naturale, si è traslato il focus della corsa da sessioni estensive (40-50’ di sforzo costante) a ben più efficaci training intensivi. Questo perché le partite dei giocatori sono fatte da tanti piccoli sprint, movimenti laterali, cambi di direzione ad alta velocità, etc. Quando leggiamo le statistiche UEFA secondo cui un giocatore ha percorso oltre 10km nell’arco dei 90′, è bene ricordare che tale distanza altro non è che un puzzle composto da tanti piccoli tasselli-scatti: i momenti di trotto costante sono rari. Quant’è più semplice correre ad una velocità di crociera costante (al parco, ad esempio), piuttosto che percorrere la stessa distanza facendo uno slalom con un pallone tra i piedi? Meno quantità, più qualità, e un costante monitoraggio delle prestazioni.

Grazie agli sviluppi tecnologici e all’utilizzo massivo dei big data, si sono evolute le aree stesse dell’allenamento. Decliniamo nuovamente l’esempio della corsa sotto un altro punto di vista: la velocità di punta. Allenare le velocità di punta come si faceva sino a qualche anno fa non riflette le dinamiche del campo, dove gli scatti di 50 metri e più sono molto rari. In effetti, i rilevamenti suggeriscono che in partita i giocatori sfruttano la velocità massimale su una distanza di 10 metri in media. In questo senso, è ben più utile lavorare con gli scatti sul corto, con tutte le variabili del caso (sprint, sterzate, con pallone o senza, etc.). Le sessioni di allenamento che vediamo nei servizi dei telegiornali sportivi sono più rivelatrici di quel che sembra. I gesti tecnici provati col pallone – il tiro, l’uno-due rapido, il cambio direzionale, lo stop and cross – vengono chiamati dal preparatore o dall’allenatore stesso con ritmo alto e in rapida sequenza. Fossero musicisti, avrebbero un metronomo tarato sui 120 bpm. In definitiva, il focus sulla velocità permette di far lavorare in velocità, ossia curando l’esecuzione del gesto tecnico. Molto banalmente, quante volte la rapidità di tiro è più efficace del tiro stesso?

giphy

di Enrico Ferrari e Davide Terruzzi


L’allenamento della velocità nel calcio: albori, innovazioni e il ruolo del campione.


[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]L[/mks_dropcap]o studio della preparazione atletica nel calcio è sempre stato parecchio indietro rispetto a molti sport professionistici, soprattutto made in USA, ma da qualche anno alcuni grandi club ne hanno finalmente capito l’importanza (Bundesliga, Premier League, e le grandi di Spagna su tutte). In Italia un approccio innovativo dopo il fallimento di Milan Lab lo ha sperimentato, valorizzato e ormai metabolizzato la Juventus, che possiede un proprio staff e non ha bisogno dello staff dell’allenatore di turno. Ma già l’era Conte aveva introdotto metodiche di allenamento e approccio alla preparazione atletica estiva in pieno stile NFL (allenamento personalizzato per ruolo, diete personalizzate, studio delle capacità metaboliche del singolo atleta, etc). Il futuro? Il futuro del calcio come la maggior parte degli sport situazionali è nell’allenamento della velocità, velocità non solo intesa come concetto fisico ma soprattutto come capacità di risposta del sistema nervoso. Nel calcio per ovvie ragioni non si arriverà mai ad allenare la velocità pura ma si punterà ad allenare la capacità di accelerazione.
Questo tipo di attività motorie allena la cosiddetta capacità di anticipazione che consente all’atleta di giocare “meglio” prevedendo e scegliendo prima del solito che gesto tecnico fare o anche cosa fare dopo il gesto tecnico. Certo siamo ancora agli albori di questi studi ma i primi risultati (in altri sport) ci sono e la Juve sembra orientata a seguire questa linea.
La capacità di decodificare in maniera rapida e precisa la situazione che si viene a creare, parlando in termine sportivi, è quello che distingue il campione, cioè colui che esegue un gesto perfetto abbinando abilità tecnica all’osservazione di ogni più piccola situazione. Il campione, coniuga perfettamente sistema percettivo e motorio, riesce a guardare, prevedere e scegliere meglio degli altri. Ovvero, concretamente, riesce a:

1) Eseguire schemi motori di base con variazioni di orientamento e direzione.
2) Eseguire schemi motori di base e giochi variando il ritmo, la velocità e la durata.

La gestione degli infortuni.


Tenendo a mente che gli infortuni di tipo traumatico sono per loro natura imprevedibili e praticamente non-prevenibili, uno dei compiti principali della preparazione è quello di limitare al massimo l’insorgenza di infortuni muscolari. I moderni sistemi hanno rivelato che in questi casi il movimento muscolare a cui si imputa la lesione è di natura eccentrica. Cosa significa? In contrazione concentrica la forza viene prodotta contraendo il muscolo (sollevare un peso con il bicipite), mentre in contrazione eccentrica essa deriva dall’allungamento del muscolo (la fase passiva, durante la quale il muscolo passa da contratto a rilassato: il braccio che sorregge il peso ritorna in posizione lungo il corpo). In quest’ultima fase il muscolo può soffrire di overstretching, fenomeno che può determinare l’insorgenza di lesioni. Ancora una volta il mantra è la personalizzazione dell’allenamento: i preparatori, attraverso allenamenti e strumentazioni, “mappano” il sistema muscolare dell’atleta alla ricerca di eventuali punti deboli (pensiamo all’adduttore di Khedira, un muscolo che per natura lavora molto di contrazione eccentrica nella corsa). In seguito, vengono predisposti programmi individuali per potenziare i muscoli interessati, cercando così di ridurre le eventualità di sovraccarico, di stiramento, o peggio ancora di strappo.

Il J Medical, orgoglio Juve.


Un tassello fondamentale nella gestione della salute dei giocatori è stata l’inaugurazione del J|medical. La Juventus ha così compiuto un ulteriore salto di qualità, e confermato la sistematicità dei propri metodi: i preparatori atletici e i medici della squadra lavorano sempre più a stretto contatto. D’altro canto, questo ha permesso di aumentare ancora di più l’attenzione verso il proprio giocatore, senza dover più fare affidamento a cliniche esterne, che per quanto competenti non potranno mai garantire la stessa assiduità e presenza di una clinica in-house.

Il team di preparatori bianconeri ha creato un vero e proprio metodo Juve, una filosofia di riferimento per tutte le categorie di atleti – dai più giovani alla prima squadra – e a cui contribuisce tutto lo staff, tecnico e medico. I due grandi pilastri sono personalizzazione dell’allenamento – su base tattica, tecnica, atletica e fisica – e prevenzione degli infortuni. Ma l’ultimo ingrediente per portare il metodo dal campo di allenamento allo stadio la domenica è l’ars allenandi. Il calcio è uno sport complesso e non tutto può essere rappresentato dai numeri, molte cose vanno anzi “sentite”. Nell’arte di allenare c’è la capacità dell’allenatore di tradurre sul terreno di gioco i dati che la scienza ci offre, superando così il gap tra analisi e attuazione, attraverso la comprensione.

Share