Come giudichiamo la stagione della Juve?

Decisamente meno facile del previsto, ma comunque con due trofei. Come l’abbiamo giudicata, a caldo?


Antonio Corsa: negativa

Negativa. Non possiamo considerarla diversamente, pur con tutta la buona volontà possibile: questo non può essere uno standard di eccellenza soddisfacente. Ciò non vuol dire sia tutto da buttare e non vuol dire che non si possa accettare – d’altra parte è sport – che una stagione vada male. Bisogna però partire dalla consapevolezza di aver performato al di sotto delle aspettative e di non aver raggiunto gli obiettivi che un club come la Juventus deve porsi. Bisogna però, più di tutto, partire da un’analisi approfondita dei motivi che hanno portato la Juve a “calare” progressivamente negli ultimi 3 anni. Probabilmente, è avvenuto per la somma di errori e di cose fatte poco bene, più che per una singola scelta sbagliata. Proprio per questo, occorre analizzarli per bene e non ripeterli più. P.S. È stato comunque godurioso e vitale il colpo di coda finale. Ripartire dalla Champions è tutt’altra cosa e, pur nelle tante difficoltà di un’annata no, era importante dimostrare di avere ancora orgoglio e voglia.

Davide Terruzzi: assai negativa

Mettiamola così. Siamo arrivati dal festeggiare un accesso alla Finale di Champions a essere contenti per un quarto posto raggiunto all’ultimo grazie a un pari del Napoli. La parabola discendente della Juventus è continua da tre anni. Abbiamo toccato il punto più basso? Boh, dipende da quello che farà la dirigenza in queste settimane. Non dobbiamo, e non possiamo, misurare la stagione con il sospiro di sollievo degli ultimi giorni e relative godurie (bello e fondamentale essere in CL). Non abbiamo vinto il campionato, non abbiamo battuto il Porto negli ottavi, abbiamo vinto competizioni (bravi) in cui si giocano quattro partite; soprattutto, abbiamo vissuto una stagione in cui non sono state costruite identità e organizzazione, perdendo la voglia di sacrificarsi e lottare. Pirlo ha molte responsabilità, meno della società che è la principale imputata, ma anche i calciatori hanno peccato di presunzione, arroganza e mancanza d’applicazione. La Juventus ha smesso di fare paura agli avversari, ne ha avuta tanta di sé stessa, è stata fragile, lunga, confusa e confusionaria. Quindi, stagione negativa per tutti, che mi auguro possa servire per costruire senza cercare alibi e senza pensare che sia stata una fisiologica annata di transizione.

Andrea Lapegna: brutta

Quando ad inizio anno facevamo il punto sul nuovo allenatore, penso che nessuno di noi avrebbe immaginato di star qui 10 mesi dopo a commentare una stagione in cui la Juventus non è mai stata in corsa per lo scudetto, è uscita agli ottavi di Champions League con la più abbordabile delle 16, e soprattutto ha dovuto lottare con le unghie e con i denti per un “misero” quarto posto. Se è vero che il fatturato e la potenza di fuoco della società stabiliscono gli obiettivi, il monte ingaggi gargantuesco della Juventus chiama una stagione ben diversa. 

Tutto da buttare? No, ma quasi. La squadra è apparsa confusa, spaesata, fragile per tutto l’anno. Pirlo ha fatto infinite giravolte, per tigna o per necessità, rinunciando a molti dei suoi principi per accomodare una rosa mal costruita; la società è stata assente sia per questioni di campo che per questioni extra-campo, inanellando per giunta figuracce in serie. Nessun fattore esogeno deve assurgere ad alibi o a scusa: né gli infortuni né il calendario fitto, né gli arbitri né gli alieni. Questa stagione è tutta farina del nostro, tracotante, sacco.

Luca Rossi: negativa

Onestamente non vedo grossi appigli per poter reputare sufficiente questa stagione, soprattutto alla luce del trend seguito dalla Juventus in questa annata. Se fino alle semifinali di coppa Italia era possibile intravedere profili, seppure sparuti, di ottimismo, gli ultimi mesi hanno accertato, dal mio punto di vista in maniera inequivocabile, la negatività di una stagione in cui è complicato trovare qualcosa da salvare. La Juventus non ha mai trovato un briciolo di continuità, si è rivelata spesso fragile, non è una squadra migliorata né collettivamente né in molte individualità e nelle partite importanti, salvo qualche rara eccezione, ha dimostrato preoccupante inadeguatezza. Penso alla partita col Milan al ritorno, decisiva come poche, al doppio confronto col Porto, alla partita di andata con l’Inter. Le ultime due settimane non sanano quanto visto in precedenza posto che dovrebbe fare riflettere di più il fatto che la Juventus si sia messa nelle condizioni di dover sperare in un pareggio del Napoli che altro. Poco più di 20 giorni fa, non mesi fa, la Juventus ha battuto in un match pessimo l’Udinese. Poi è arrivato lo 0-3 col Milan. Supercoppa e Coppa Italia non devono servire a nascondere la polvere sotto il tappeto. Né tantomeno gli infortuni o l’assenza di preparazione.

Francesco Saccia: negativa

Il sollievo per la zona Champions raggiunta all’ultimo respiro (grazie ad altri, è giusto ricordarlo) e le due coppe “minori” sollevate non devono farci dimenticare i tanti problemi vissuti in questa stagione e il fatto che all’inizio le premesse e gli obiettivi fossero ben diversi. Un monte ingaggi-monstre come quello della Juve che produce un quarto posto in extremis è la montagna che partorisce il topolino. Oltre che dal punto di vista dei risultati, anche, se non soprattutto, dal punto di vista della costruzione della squadra e dello sviluppo di principi di gioco chiari e definiti la stagione è da considerarsi negativa. Nonostante tutto questo, è importante sforzarsi di non buttare ciò che comunque di buono c’è stato: alcune individualità che si sono rivelate all’altezza e altre che promettono di esserlo in futuro se adeguatamente istruite dalla guida tecnica, la voglia di tutta la squadra di non mollare il traguardo minimo persino quando ormai tutto sembrava perduto. Il raggiungimento della Champions regala a società e squadra il lusso di riflettere sugli errori, imparare e migliorare senza che questi abbiano determinato conseguenze quasi irreparabili sulla stagione successiva, ma una presa di coscienza collettiva su quanto non ha funzionato è indispensabile. 

Claudio Pellecchia: negativa

Non ne voglio fare solo una questione di risultati (non) raggiunti ma di come e perché non siano stati raggiunti. Perché, come si dice, il risultato può casuale ma la prestazione no. Da questo punto di vista la Juventus non è riuscita a costruire nessuna base tecnica credibile per il futuro a medio termine, nonostante l’idea dell’ anno di transizione – abbondate con le virgolette in considerazione del monte ingaggi – potesse essere consacrata all’idea di un “non scudetto” oggi in funzione di un sistema di gioco lineare, credibile, coerente, efficace, domani. E questo nonostante il materiale su cui lavorare ci fosse, al netto delle carenze strutturali – addirittura endemiche in certi casi – nella costruzione della rosa: la sensazione è che la Juventus sia rimasta troppo spesso prigioniera in un limbo di astrazione e indeterminatezza in cui la distanza tra ciò che si voleva fare e ciò che si poteva fare ha finito con l’evidenziare tutti quei limiti tecnici e psicologici (individuali e collettivi) che i successi degli anni precedenti aveva contribuito parzialmente a mascherare. La speranza, adesso, è che si riparta dalle cose semplice: da un mercato “di campo”, da un DS che sia messi lì per meriti e competenze, da un allenatore che abbia le idee chiare senza la necessità di dover ogni volta derogare dalle stesse, da un gruppo di calciatori allenati e allenabili. Insomma da una presa di coscienza della realtà, senza pensare che basti solo un nome – in campo o in panchina- per rimettere le cose al loro posto.

Francesco F. Pagani: più o meno in linea con le aspettative

La Juventus ha vinto due trofei, seppur minori, non si è confermata per il decimo anno consecutivo in campionato ed è uscita abbastanza malamente dalla Champions, cosa che comunque era successa anche nell’ultimo paio d’anni. Il tutto con una rosa che ha bisogno di diverse aggiustate ed un allenatore che ricopriva questo ruolo per il suo primo anno in assoluto. Ad inizio stagione mi dissi certo che lo Scudetto sarebbe finito sulla sponda Nerazzurra di Milano, anche se è vero che la Juve ha avuto qualche battuta a vuoto di troppo e faticato oltremodo per guadagnarsi la partecipazione alla prossima Champions. Però i dati ci dicono che a livello di prestazioni la squadra di Pirlo ha fatto meglio, dati alla mano, di quella di Sarri, non riuscendo però a convertire questi dati in punti (prestazioni nì, perché già la Juve di Sarri aveva lasciato spesso a desiderare). Se prendi un esordiente assoluto devi mettere in preventivo che dovrà affrontare dei problemi, commettere errori, compiere un percorso di crescita. Tutto sommato, quindi, la stagione del nuovo mister non è da buttare, a mio avviso.

Massimo Maccarrone: negativa

Da qualunque lato la si guardi la stagione della Juve non può essere giudicata positivamente. Dopo 9 scudetti consecutivi, era difficile ripetersi e va anche accettato che un anno non si possa finire in testa alla classifica della Serie A ma acciuffare il quarto posto all’ultima giornata negli ultimi 30’, mettendolo a serio rischio negli ultimi secondi non è una cosa da vantare ma deve portare a grandi riflessioni. La Juve ha la rosa più costosa della A per distacco, ha giocatori tra i migliori al mondo, il quarto posto non può essere in discussione nemmeno se in panchina hai un novizio. Nel corso della stagione la mancanza di continuità non ha permesso di far crescere la convinzione in quel che si faceva, l’eredità è una squadra senz’anima e senza identità che ha giocato qualche buona partita. Non basta la reazione di orgoglio dopo la sconfitta contro il Milan a cambiare il giudizio su quello che il campo per un anno ha raccontato. Quel che resta è un progetto che si è troppo velocemente involuto.

Fabio Ellena: No fallimento. Appena accettabile per i risultati, negativa per tutto il resto

Premetto che la parola “fallimento” usata nello sport non mi piace. Detto questo, la stagione non può essere positiva. Un quarto posto in campionato e l’eliminazione in Champions agli ottavi sono un bottino magro. Che sulla bilancia pesa assai di più dei successi in Supercoppa e Coppa Italia. In questi giorni abbiamo sentito spunti “alla Mourinho” del tipo: “In altre società festeggerebbero settimane per un’annata così”. Vero. Allora restiamo in casa nostra e facciamo un gioco: se lo stesso obiettivo lo avesse raggiunto la Juve di Delneri 10 anni fa, cosa avremmo detto? Solo per sottolineare quanto il peso degli ultimi nove trionfali anni rischi di condizionare ancora più negativamente il giudizio, su Pirlo e sulla squadra. Riassumendo, annata negativa per gioco espresso e confusione in campo e in società, appena accettabile per i risultati. Ma solo per aver preso per i capelli la Champions ed evitato la cessione di quelli da cui ripartire. Vedi alla voce De Ligt e Chiesa.

Michele Puntillo: negativa

Questa stagione non può che definirsi negativa e i motivi sono presto detti: la rosa della Juventus, seppur non costruita benissimo, seppur troppo costosa rispetto al reale valore del parco giocatori, è – a mio avviso – la migliore della serie A e tra le prime otto d’Europa. E se i risultati sono stati magri (non parlatemi dei “due trofei” per favore…) con una qualificazione per la prossima Champions League acciuffata al cardiopalma, questa stagione lascia un’eredità ancor più scarna: quasi nessun calciatore valorizzato, assenza di un impianto di gioco dal quale ripartire e, soprattutto, il ribaltamento dei valori di forza all’interno della serie A che da un decennio aveva un padrone indiscusso. 

Questa non è la sede per analisi più approfondite o per cercare presunti colpevoli (spoiler: Pirlo non può certo essere l’unico sul banco degli imputati), ma la sensazione di aver buttato un anno è molto forte. 

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