Il caso Dybala e la questione dei diritti d’immagine nel calcio

Un tema particolarmente caldo in questi giorni è quello relativo alla situazione contrattuale di Paulo Dybala, in bilico tra cessione e rinnovo contrattuale.

I principali elementi che rendono complessa la posizione del giocatore sembrano essere la distanza tra domanda e offerta sul nuovo stipendio (come recentemente confermato dal presidente Andrea Agnelli) e la difficoltà nel trovare club disposti ad acquistare il giocatore, oltre che l’apparente indisponibilità di quest’ultimo a lasciare la Juventus. Un ulteriore elemento che rende complicata la cessione è la questione dei diritti di immagine.

In base a quanto viene riportato, l’argentino sarebbe al centro di un contenzioso legale con una società alla quale avrebbe trasferito alcuni anni or sono i diritti di sfruttamento della propria immagine, salvo poi recedere dal relativo contratto. In qualche modo, pare, questa controversia renderebbe particolarmente difficile la cessione del giocatore.

Vediamo quindi di fare un po’ di chiarezza sul punto: cosa sono i diritti di immagine e come vengono sfruttati?

Da un punto di vista giuridico, i diritti di immagine sono le caratteristiche personali dell’atleta, cioè la sua immagine, il suo nome, il suo soprannome, voce, firma, loghi e tutte le altre caratteristiche uniche a lui riferibili. Gli accordi di cessione dei diritti di immagine consentono al giocatore di sfruttare commercialmente tali caratteristiche personali, ottenendo da esse un controvalore economico attraverso attività di sponsorizzazione e marketing.

Elemento importante (che a volte sfugge) è che a certi livelli per un giocatore gli introiti economici derivanti dalle sponsorizzazioni (e quindi dallo sfruttamento della propria immagine) diventano economicamente rilevanti tanto quanto lo stipendio pagato dal club, se non addirittura superiori.

Va tenuto inoltre in considerazione che mentre lo stipendio versato dal club rappresenta un introito limitato a pochi anni nella vita dell’atleta, gli accordi commerciali permettono a quest’ultimo di avere un’entrata molto più stabile e duratura, a volte anche per molti anni dopo il suo ritiro dalle competizioni.

Non deve quindi stupire che le controversie tra calciatori/allenatori e sponsor, club e società che gestiscono la loro immagine siano estremamente frequenti, stante la centrale importanza di questo tema e la rilevanza degli importi in gioco.

I meccanismi di cessione dei diritti di immagine

La gestione dei diritti di immagine di un calciatore può avvenire attraverso diverse modalità. Il giocatore può decidere di sfruttare tali diritti in prima persona, rimanendone il diretto titolare e beneficiario. In questo caso, è lo stesso giocatore a sottoscrivere contratti con i propri partner commerciali.

Alternativamente, il giocatore può costituire una società autonoma attraverso la quale gestisce i propri diritti di immagine (cosiddetta IRC – Image Rights Company). In alcuni sistemi questa soluzione può risultare estremamente conveniente per il giocatore, principalmente da un punto fiscale. Non è infrequente che i giocatori costituiscano tali società domiciliandole presso paradisi fiscali, a volte andando incontro ad accuse di evasione fiscale per importi considerevoli.

Terza ipotesi è infine quella del giocatore che cede a un soggetto terzo (normalmente una società, in talune ipotesi il club stesso) i diritti di sfruttamento della propria immagine. In questo caso, lo sponsor che vuole sfruttare l’immagine del calciatore, anziché pagare direttamente il calciatore o una sua società, versa il corrispettivo direttamente alla società terza.

Questa soluzione normalmente permette al giocatore di realizzare un guadagno immediato superiore, ma per esperienza è anche quella che crea più controversie, principalmente perché a differenza delle prime due soluzioni non permette al calciatore di gestire autonomamente tali diritti.

La durata dell’accordo diventa poi un elemento fondamentale, soprattutto nell’ipotesi di cessione a terzi.
Si pensi al caso di un calciatore che, ancora sconosciuto al grande pubblico, cede per un lungo periodo i propri diritti di immagine a una società terza. Laddove il calciatore di lì a poco si rivelasse un campione, il valore della propria immagine si incrementerebbe di conseguenza e l’accordo precedentemente siglato diventerebbe non più conveniente.

Nulla vieta poi che un atleta opti per un mix tra le varie soluzioni, gestendo in prima persona alcuni aspetti della propria immagine e affidandone altri a soggetti terzi. Tale scelta può dipendere anche da specifiche politiche commerciali dei singoli club, alcuni dei quali risultano essere particolarmente “accentratori” (come ad esempio i club tedeschi, il Manchester United o il Napoli, che di regola cercano sempre di gestire direttamente i diritti di immagine dei loro calciatori) o più “liberisti” (come Barcellona e PSG, che di norma lasciano ai calciatori gli introiti dei diritti di immagine).

In ogni caso, detentore dei diritti di sfruttamento dell’immagine del giocatore è sempre, almeno in una minima parte, il club di appartenenza che utilizza il calciatore a beneficio dei propri sponsor (si pensi alla vendita delle magliette da gara). A tale riguardo, può quindi essere previsto che una quota dello stipendio destinata al calciatore sia imputata quale corrispettivo per tale sfruttamento commerciale.

Possibili criticità della cessione dei diritti di immagine

Considerate le numerose criticità connesse alla contrattualizzazione della cessione dei diritti di immagine, è fondamentale che gli atleti vengano ben consigliati e ben assistiti a livello legale.

I casi di contenziosi e di trasferimenti sfumati per motivi connessi a questi temi sono numerosissimi. Si pensi al caso di un club che pretende di gestire autonomamente i diritti di immagine dei propri calciatori: si intende che in questo caso la trattativa per il trasferimento dovrebbe coinvolgere sponsor e società di gestione dei diritti di immagine, rendendo la trattativa oltremodo complessa e, in taluni casi, impossibile.

È inoltre frequente che il club non possa (o non voglia) acquistare giocatori che hanno in essere contratti commerciali con aziende concorrenti con i propri sponsor. Si pensi al caso del trasferimento di Jose Mourinho al Manchester United, seriamente messo in pericolo a causa del conflitto tra due case automobilistiche concorrenti, rispettivamente sponsor del team e dell’allenatore.

In taluni ordinamenti, infine, la cessione dei diritti di immagine è sottoposta a stringenti limiti e condizioni. Ci si può quindi trovare nell’ipotesi di un giocatore in procinto di trasferirsi in un campionato straniero dove i contratti di sfruttamento dei diritti di immagine che ha siglato sono considerati totalmente o parzialmente illegittimi. È il caso ad esempio della Premier League, dove la sottoscrizione di uno specifico accordo con il calciatore è una condizione essenziale affinché il club possa sfruttare la sua immagine a fini commerciali oltre a una certa misura.

Ecco quindi che per una società acquistare un giocatore potrebbe avere un costo complessivo ben superiore al prezzo del cartellino, dovendosi considerare anche i costi di subentro/rinegoziazione/risoluzione di accordi commerciali “in conflitto”.

Il caso di Dybala

In base alle informazioni pubblicamente reperibili, Dybala rientra nella terza casistica di cessione sopra citata, ossia quella di trasferimento dei propri diritti di immagine a un soggetto terzo. Risulta infatti che nel 2016 il giocatore abbia ceduto i propri diritti di immagine alla Star Image Limited, società di diritto maltese a quanto pare riferibile al suo ex procuratore Pierpaolo Triulzi.

La Star Image risulta detenere oggi una serie di diritti sull’immagine del calciatore, tra i quali il marchio “Paulo Dybala” (fonte) e il suo logo (fonte). Secondo quanto riportato, nel 2017 Dybala avrebbe receduto dal contratto decennale con la Star Image, avocando a sé la gestione dello sfruttamento dei propri diritti di immagine. La Star Image, da parte sua, avrebbe reagito instaurando una serie di contenziosi e arbitrati nei confronti del calciatore, lamentando la violazione dell’accordo siglato e domandando il risarcimento del danno subito.

Pare inoltre che tale società stia rendendo nota la situazione a tutti i club interessati all’acquisto del calciatore, inviando loro una diffida dal trattare con il giocatore i suoi diritti di immagine, rivendicandone viceversa la titolarità. Pare che ciò sia accaduto proprio nell’estate del 2019 nel corso della trattativa con Tottenham e Manchester United e che ciò abbia determinato la mancata cessione del calciatore.

Come detto infatti, in Premier League la cessione dei diritti di immagine dei calciatori richiede la sottoscrizione di un apposito accordo commerciale e non può, come succede in altre giurisdizioni, rientrare nell’ambito del contratto relativo alle prestazioni sportive sottoscritto con il giocatore. Nella totale incertezza sul soggetto con il quale l’accordo commerciale avrebbe dovuto essere sottoscritto e con il rischio di essere trascinati in tribunale da sponsor e intermediari, ben si comprende perché i club inglesi abbiano desistito dal concludere la trattativa.

Occorre specificare che le circostanze di cui sopra sono riportate da numerosi quotidiani e non risultano contestate dai diretti interessati. Non essendo in possesso dei documenti e degli atti relativi alla controversia, non è possibile avere un preciso quadro legale della situazione, né tantomeno stabilire chi abbia ragione, anche se la netta impressione è che Dybala non sia stato molto ben consigliato all’epoca.

Sta di fatto che l’incertezza sull’esito e sulle ragioni della controversia possono effettivamente rappresentare un grosso ostacolo per la possibile cessione di Dybala. Il club che acquista il calciatore potrebbe infatti andare incontro a costi inaspettati derivanti dalla rinegoziazione e armonizzazione degli accordi commerciali e dal citato contenzioso legale.

Il potenziale rischio non deriva solo dalle possibili richieste risarcitorie da parte della Star Image, ma anche da parte di tutti quegli sponsor che, avendo siglato un contratto con la società maltese, hanno visto andare in fumo il loro investimento.

Aspettarsi, come è stato ipotizzato, che il club interessato all’acquisto del calciatore “liquidi” la Star Image versandogli un importo a chiusura della lite (si è parlato di 40 milioni di Euro o anche di meno) è probabilmente una soluzione troppo semplicistica, sia per il numero di soggetti coinvolti, sia per l’incertezza sull’entità delle rispettive pretese economiche.

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