La nostra su: Paulo Dybala

di Antonio Corsa

Inauguriamo, con questo, una serie di articoli in cui dettaglieremo la nostra opinione su questioni già dibattute durante l’anno nel podcast, mettendo nero su bianco i nostri pensieri in maniera se possibile ancora più chiara e soprattutto facilmente consultabile. Dopo di me, interverranno gli altri dello staff.

Una delle questioni più dibattute, quest’anno, ha riguardato l’utilizzo e la posizione di Paulo Dybala. Personalmente, non so definire cosa sia: prima punta, seconda punta, falso nueve, attaccante esterno, trequartista, “tuttocampista”. Non credo neanche abbiano molto senso tutte queste definizioni. Ho però un’idea ben precisa di quali siano i suoi pregi e i suoi difetti e da lì partirei per tracciarne un profilo e ragionare sull’evoluzione del suo gioco.

Tra i pregi, ci metto prima di tutto la finalizzazione. Parliamo di un giocatore che ha segnato, nel momento in cui scrivo, 77 reti in 175 partite con la Juventus alla media di un gol ogni 158 minuti. Per capirci, Higuaín e Tévez hanno segnato in bianconero un gol rispettivamente ogni 152 e ogni 155 minuti. Sempre per capirci, se escludiamo questa stagione dove ha svolto un compito più associativo e meno finalizzato alla conclusione a rete (ci arriviamo dopo), la sua media diventa addirittura impressionante: un gol ogni 144 minuti. Vi sembra normale? No, non lo è. Nell’era Agnelli, solo Cristiano Ronaldo ha avuto una media gol per minuti migliore. Nella storia della Juve, tra i giocatori con almeno 50 gol all’attivo, negli ultimi 50 anni solo Trezeguet e Inzaghi hanno avuto una media migliore (Inzaghi di un nulla, secondi). Qualunque cosa sia, Dybala segna.

O meglio, segnava. Quest’anno la media gol si è infatti abbassata fino ad arrivare ad 1 gol ogni 431 minuti. Paulo è infatti passato dai 26 gol della scorsa stagione ai 9 di questa. Non solo: statistiche alla mano, è il giocatore d’attacco che ha diminuito più di tutti in Serie A il numero di tiri rispetto alla passata stagione: tira quasi 2 volte in meno per 90 minuti. È al suo minimo in carriera bianconera di tiri, di tiri da dentro l’area e di tiri da fuori. Rispetto all’anno scorso, tira una volta e mezzo a partita da fuori rispetto ai quasi tre della passata stagione e tira 1,3 volte da dentro l’area contro le 2 volte della passata stagione. Per non parlare delle punizioni: dalle 18 calciate lo scorso campionato, è sceso a 3 (ma qui si può capire, è l’effetto Ronaldo: il portoghese tira il 66% di tutte le punizioni, contro il 13% di Dybala). Purtroppo, ciò non ha portato ad un aumento dell’efficienza ma, come prevedibile, ad un crollo. E’ meno coinvolto nel fulcro dell’area, tira come detto meno e sempre più lontano dalla porta producendo tiri difficili. Il suo xG per shot è 0.07, bassissimo. Significa che ogni suo tiro ha una probabilità media di essere segnato del 7%.

Che Cristiano Ronaldo (ci sta), Bernardeschi, Kean e Douglas Costa tirino in porta più di lui per 90’ non lo definirei un buon modo per esaltarne il suo pregio principale. Che il valore di xG90 (expected goals per 90’) di Paulo sia di 0.18 non può essere accettabile: è il settimo della Juve, di poco superiore a quello di Rugani e, nei 3 anni precedenti, la sua media per 90′ è stata di 0.47, molto maggiore. Fuori da Torino, ci sono ben 127 giocatori della Serie A con un xG90 superiore al suo. Non si possono accettare le sue 10 partite di campionato (su 25) in cui ha tirato una o addirittura zero volte in porta ed è, a mio avviso, qualcosa che andrà aggiustato se si vorrà puntare ancora sull’argentino in futuro.

Anche perché, e ora passiamo ai difetti, Dybala non ha numeri altrettanto eccezionali quando è costretto a fare altro, ad esempio giocare a testa alta e servire i compagni. Anzi, più lo arretri, più diminuisce la sua capacità di fornire assist e key passes. Quest’anno è dietro Douglas Costa (primo a 2.93), Pjanic (2.79) e Cuadrado (2.70) in passaggi per 90’ che hanno portato un compagno al tiro e, dei suoi 49 passaggi chiave totali, ben 33 sono avvenuti da dentro l’area di rigore. Ancora una volta, è lì che è più efficace ed è lì che deve arrivare, sempre.

Le statistiche evidenziano anche per Dybala un xA90 (expected assist per 90 minuti) di 0.18 o, se preferite, di un assist ogni 6 partite. Dato, anche questo, che è il peggiore della sua carriera, peggiore di altri 7 suoi compagni bianconeri e di 69 calciatori della Serie A. No, non stiamo parlando di un rifinitore e, proprio per questo, il focus tattico sul suo utilizzo dovrebbe continuare ad essere quello di coinvolgerlo in zona gol dove, lì si, parliamo di un calciatore con numeri eccellenti.

È giusto che parta da posizione più arretrata, anche per non dare punti di riferimento ai difensori: questo non è oggetto di discussione e nessuno di noi, immagino, lo voglia stabile nell’area di rigore a fare a sportellate. Però deve arrivare al tiro o alla giocata con maggior frequenza di quanto fatto vedere quest’anno e quello deve essere il fine ultimo, non altri. Il compito di occupare l’area di rigore, invece, anche quest’anno è stato affidato non solo a Ronaldo (l’anno scorso era Higuaín) e a Mandžukić, ma persino alle mezzali, prima che all’argentino. Ciò si rendeva necessario l’anno scorso per la qualità non elevata in alcuni reparti chiave: avere un riferimento tecnico davanti a Pjanic, altrimenti troppo spesso lasciato solo, si è reso necessario per alleggerire la manovra e perché non c’era nessun altro, in rosa, in grado di svolgere quel compito. Dybala sulla trequarti inoltre ha fatto guadagnare ai bianconeri un gran numero di punizioni e cartellini gialli comminati agli avversari. Quest’anno, però, si sarebbe potuto fare altro. Il saldo tra ciò che perdiamo davanti e ciò che conquistiamo dando a Dybala compiti diversi da quelli offensivi (a prescindere dalla posizione di partenza), a mio avviso è negativo. Un giocatore da 20-25 gol a stagione “non si passa” mai, nemmeno se hai Ronaldo in squadra. Anzi, a maggior ragione.

Al di là dei discorsi tattici, comunque, la mia impressione, e passo poi la palla agli altri, è che Allegri, soprattutto quest’anno, non abbia puntato con insistenza sul suo numero 10 come invece fatto in passato. Lo dimostrano le 3 volte in cui è partito dalla panchina in Champions (contro il Valencia all’esordio ci è addirittura rimasto, contro l’Atletico al ritorno ha giocato 23′) e ancora di più le 9 volte – al netto degli infortuni – in cui non è stato inserito negli 11 titolari in Serie A (inclusa la gara più prestigiosa dell’anno: la trasferta a Napoli). Panchinare una gara ogni tre, per scelta tecnica, una tua presunta stella, al di là di tutte le statistiche viste assieme finora e dei ragionamenti tattici, è forse il vero tema da chiarire per il futuro, assieme alla società e al calciatore.


di Andrea Lapegna

Molti diranno: ma perché ve la prendete tanto, faceva le stesse cose anche l’anno scorso, che differenza c’è? Ci passa il mondo. L’anno scorso abbiamo a più riprese parlato di una rosa disfunzionale, con particolare riferimento all’assenza di fonti di gioco credibili. Il centrocampo era risultato inadeguato e mal assortito, incapace di dare qualità; lo stesso Pjanić fu sacrificato non perché fosse o continui ad essere il suo ruolo migliore, ma per sopperire alla mancanza endemica di fluidità di palleggio (su di lui magari ci torneremo in un prossimo articolo). La difesa era incapace di resistere ad una pressione organizzata senza aiuto esterno, e spesso buttava via il pallone. Nessuna delle mezzali riusciva a garantire un palleggio continuo e qualitativo, così la funzione di raccordo diventava una necessità. Dybala fu sacrificato in una posizione che ne diluiva le qualità principali, ma era indispensabile avere qualcuno che portasse su il pallone.

Quest’anno la musica è cambiata. Lo spartito si è arricchito di melodie nuove che non possono essere risolte con le stesse stanche progressioni armoniche. Cancelo e Bonucci hanno garantito l’uscita del pallone dal basso, Emre Can e la maturazione di Bentancur quel fraseggio nelle zone centrali del campo. Ronaldo ha variato le opzioni a disposizione per la rifinitura e la finalizzazione delle azioni (o avrebbe dovuto e sta ancora cercando di). Dybala lontano dalla porta non ha più motivo di esistere, anche perché oltre a tarparne le abilità in realizzazione, ne espone in maniera gargantuesca i difetti in rifinitura. E non si tratta di una presa di coscienza delle ultime settimane o di un’improvvisa epifania della redazione, lo si dice dall’autunno (per esempio qui o anche in questo podcast). Non è un caso che le migliori partite della Juventus siano coincise con una sua posizione decisamente più avanzata e di conseguenza anche con le sue personali migliori performance: da Manchester allo Young Boys. Il mio personalissimo timore è che Allegri si sia fossilizzato su soluzioni più congeniali al suo modo di intendere il calcio e abbia perso voglia e/o speranza di riprovarlo nel suo ruolo più congeniale, disperdendone il valore. E non perché non sappia utilizzarlo – i mesi autunnali smentiscono questo retropensiero – ma perché non sappia cosa farsene di una punta così mobile.


del prof. Kantor

Non ho le capacità per commentare la vicenda Dybala dal lato tecnico, per cui farò soltanto un’osservazione di buon senso per delimitare i confini della discussione. Mi pare evidente che il problema non sia decidere o meno se Dybala sia un attaccante di livello; indubbiamente lo è e lo ha dimostrato anche alla Juve. Il problema è semmai capire se ciò che sembra ritenere Allegri sia corretto. Allegri (e lo ha detto) pensa che come giocatore che parte più da lontano, possa essere un giocatore migliore di quanto lo sia da attaccante. Questa è la questione che pare aperta e su cui ciascuno ha e deve avere le sue motivate opinioni.


di Jacopo Azzolini

Personalmente, reputo Dybala tra i primissimi finalizzatori al mondo. Mi piange il cuore quando vedo numeri così bassi (sia in quantità che in qualità) nel tiro in porta. Tuttavia, accetterei questo “crollo” se, compensando, la Joya avesse sensibilmente aumentato i suoi numeri nella rifinitura, se quindi facesse fare con continuità gol agli altri. Così però non è avvenuto nonostante l’argentino, secondo me, stia dimostrando una dedizione alla causa tutt’altro che scontata (basti pensare all’aumento dei numeri difensivi).

Oltre a essere convinto che questo esperimento finora non stia pagando i dividendi, io penso che in realtà neanche Allegri sia poi così convinto di questa soluzione al di là delle dichiarazioni. Semplicemente, insieme a CR7, lui vede Mandžukić titolarissimo, quindi Dybala può giocare (quando gioca) solo lì. Oggi è per me esagerato ritenere l’argentino un titolare, e sono convinto che la scelta tra un nuovo allenatore e un nuovo contratto ad Allegri passerà – tra le moltissime cose – anche dai piani dirigenziali su Dybala. Vedremo se sarà uno dei pilastri su cui cementare la Juve del futuro o un giocatore sacrificabile perché poco compatibile con le idee del mister.


di Enrico Ferrari

Non c’è molto da aggiungere a quanto detto dagli altri membri dello staff. Dybala è un giocatore che pensa il calcio in maniera offensiva, ed è una caratteristica innegabile che si è cominciata a manifestare sin dai tempi dell’Instituto de Córdoba, quando giocava naturalmente attaccante. Questa spiccata attitude offensiva gli permette di assecondare la migliore qualità che possiede, il tiro. Dybala calcia il pallone in maniera unica, certamente tra i migliori al mondo in questo fondamentale, ed è letale sulla medio-corta distanza. Oltretutto, ha la sensibilità tattica per riuscire a prendersi sempre tiri pericolosi quando è lui ad iniziare l’azione, perché è in grado di venire incontro ed aprire spazi ai compagni come pochi. Quando è messo in condizione di dettare i tempi e ritmi della manovra, spesso si risolve con una sua conclusione da posizione pericolosa e questo, lungi dall’essere un caso, è un merito senza prezzo.


di Davide Terruzzi

Riempire l’area. Con più uomini, possibilmente. Questo è uno dei pensieri, e quindi una preoccupazione di rilievo, più ricorrenti in Allegri e basta ascoltare le sue conferenze stampa o le interviste dopo le gare per prendere nota delle ragioni dell’utilizzo di un giocatore fisico come Mario Mandžukić, identificato chiaramente come il miglior partner possibile per Cristiano Ronaldo. Personalmente ritengo che per comprendere questo pensiero si debba andare indietro col tempo e precisamente ritornare alla Juventus autunnale: come detto e scritto in diverse occasioni, quella squadra faceva del palleggio, del gioco interno, dello sviluppo del gioco sul centro-destra (dove si trovavano Cancelo e Bonucci) uno dei principali punto di forza; la Juventus arrivava con passaggi corti, alzando il baricentro, ai pressi dell’area di rigore e lì uno come Dybala può fare la differenza. Allegri, però, ha sempre ribadito come non si attaccasse al meglio l’area, non potendo contare su un centravanti di riferimento. Una volta tornato l’attaccante croato e sviluppato un gioco più diretto e meno articolato, la presenza di Dybala è diventata marginale per quanto riguarda la realizzazione e facendolo partire da posizione sempre più defilata sulla destra, ma gli è stato chiesto quel contributo nella fase di costruzione e rifinitura che non gli si addicono particolarmente, nonostante una crescita a livello d’attenzione e presenza in fase di non possesso considerevole.. Secondo la mia opinione, all’interno dell’organizzazione che abbiamo visto recentemente col ritorno alla difesa a 3, Dybala deve ritornare a essere un titolare, grazie alla posizione più alta degli esterni (possono essere loro coi tagli a occupare l’area) e all’inserimento più efficace di una mezzala.

Fonti dati usate nell’articolo: SofaScore, Understat.com, Juworld.

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