Lavagnetta tattica: focus Dybala7 min di lettura

Il risultato non deve mai far dimenticare l’analisi, e certamente non può far sì che la nostra curiosità rimanga insoddisfatta. Per questi motivi è importante sottolineare che la Juventus vista contro l’Inter è una squadra perfettibile, in molti se non tutti gli aspetti del gioco, ed è nostro esercizio scavare per portare tali aspetti alla luce. La Juventus ha complessivamente giocato col freno a mano tirato, e al netto di alcune ottime prestazioni individuali – Bentancur, Cancelo, Chiellini – l’armonia generare ha risentito di qualche imperfezione. Uno degli strumenti meno accordati al contesto è stato Paulo Dybala, la cui performance ha fatto inarcare più d’un sopracciglio. Ed effettivamente l’argentino non ha fornito una prova convincente, né tatticamente né tecnicamente.

Allegri ha schierato il 4-3-3 / 4-3-1-2 cui stava facendo la bocca già da tempo. Questo assetto ha l’innegabile vantaggio di giocare con le posizioni mobili di Mandžukić e Cristiano, che spesso si completano nei movimenti sia orizzontali che verticali. Il contraltare è un lavoro extra richiesto alle mezz’ali (che comunque hanno qualità atletiche e profondità polmonare per adempiere al compito) e un ruolo meno intraprendente da parte di Dybala.

Il ruolo di Dybala ha fatto discutere perché Allegri l’ha più volte definito un trequartista, in grado di cucire i reparti e tessere le trame dei passaggi che porteranno (porterebbero) poi alla rifinitura. Lo stesso giocatore si è detto contento della definizione. Contro l’Inter, Dybala ha giocato una delle sue peggiori partite in stagione, a causa dell’assetto stesso della Juventus e ovviamente delle contromisure di Spalletti.

Nel primo tempo, la Juventus non ha saputo rompere le linee avversarie con sufficiente costanza e pericolosità. La squadra ha giocato con innaturale frenesia, scaglionandosi in maniera poco omogenea, e attaccando quindi male. Dybala subiva la coppia Mandžukić e Cristiano, adattando i propri movimenti e la propria posizione alla loro, senza tuttavia andare ad occupare la casella più avanzata, come invece aveva fatto in Champions League e in varie uscite in campionato. Per di più, entrambe le punte venivano centrifugate dalla forza gravitazionale esercitata dal pianeta-Cancelo. Questo creava un lato forte – molto forte – da cui poi la Juventus aveva difficoltà a far uscire il pallone (la mancanza di un’alternativa di manovra credibile a destra, a causa dell’assenza di Alex Sandro, ha giocato un ruolo importante). Le linee di passaggio si assottigliavano, la squadra non trovava le giuste spaziature, e Dybala ha finito per scomparire dietro il centrocampo avversario. L’argentino è rimasto isolato nelle fasi di possesso dinamico, proprio quelle che in teoria dovrebbe gestire e controllare. Alla fine, è stato utilizzato con efficacia solamente in alcuni cambi di campo.

Con un atteggiamento avversario molto aggressivo sull’uomo e le maglie chiuse, Dybala ha faticato poi anche nelle fasi di possesso consolidato, che pur assecondava scendendo sino al centrocampo. Nel primo tempo è sembrato avere un tempo di gioco in ritardo rispetto a Brozović, che controllava benissimo sia lo spazio che l’uomo. Oltretutto, a differenza del 4-2-3-1 in cui giocava tra i reparti l’anno scorso, il rombo di questo 4-3-3 spurio non gli lascia i riferimenti laterali che aveva in Cuadrado e Costa: se prova ad instaurare un dialogo, è tra sordi (tanto più che De Sciglio è stato spostato sul suo lato con obiettivi difensivi, forzandogli ancor di più la convergenza verso Brozović). La prestazione palla al piede di Dybala è stata poi condita da troppi errori, specialmente dei passaggi sbagliati a causa di errate valutazioni spaziali. Finché si tratta di errori tecnici, c’è poco da analizzare, ma vale la pena chiedersi se siano tali perché non è messo nelle migliori condizioni per rendere.

Non è un caso che i migliori dieci minuti del primo tempo siano coincisi con l’unico momento in cui ha saputo occupare la casella di punta vera. 

A tal proposito, nei break è sembrato fuori posto. La conduzione in velocità non è specialità della casa, ma la Juventus ha gestito molto male le transizioni positive, almeno nella prima frazione. I centrocampisti hanno impiegato troppo a prendere il tempo agli avversari (e ai compagni), senza accompagnare a dovere l’azione. La Juve ci ha messo del suo, perché in più di un’occasione le transizioni sono state condotte dal tridente in isolamento, con lo stesso Dybala in conduzione. È un errore da matita blu. L’Inter le ha pure controllate discretamente bene: sempre in superiorità numerica, la difesa è stata brava a tenere la linea, così da lasciare i mediani liberi di attaccare il portatore. Per di più, si è avuta anche la “sfortuna” a trovare due giocatori che sanno subire il campo, come Gagliardini e Brozović (la preparazione di Spalletti è stata eccezionale, la lettura in corso un po’ meno).

Contropiede. Le due punte scappano via (Mandžukić aveva pure aperto un bel corridoio), nessun centrocampista accompagna, per tacere dell’apporto dei terzini. Dybala si ferma, si rigira, e poi sbaglia l’appoggio. 

Nel secondo tempo, Allegri ha proposto Mandžukić in posizione di quarto di centrocampo, facendo rifiatare Dybala anche dai compiti difensivi (doveva seguire Brozović, che per la verità è stato schermato poco e male, e col nuovo assetto il 77 nerazzurro è stato finalmente fagocitato dal nostro centrocampo). La Joya ha potuto muoversi in porzioni più avanzate, influenzando e finalmente determinando il possesso della Juventus da vera seconda punta, e cioè con una funzione diversa da quella commissionatagli all’inizio.

È ormai chiaro che, a mio giudizio, Dybala quel lavoro fatica a farlo. Il 4-3-boh visto contro l’Inter è anche meno ricco di soluzioni rispetto agli altri sistemi in cui Dybala si è trovato a dover fare da rifinitore. Nel 4-2-3-1 Dybala aveva licenza di scambirsi di posizione con l’esterno, e a tratti anche con la punta. La Juventus dell’anno scorso ha flirtato pericolosamente con un decubito morboso, e l’argentino era l’unico capace di smuovere quel corpo asettico: il suo sacrificio era stato derubricato a “necessario” e la giustificazione delle circostanze ha trovato ottime sponde anche su questi lidi. D’altra parte, nel 2017/18 non c’erano né Bonucci né Cancelo a tirar su il pallone, Pjanić era impantanato nelle paludi del mediocentro, e non c’era francamente altra soluzione percorribile. Quest’anno la musica è (era?) cambiata, e Dybala aveva innalzato il livello delle sue prestazioni proprio perché ha (aveva?) una funzione molto diversa da quella cui ha cercato di adempiere contro l’Inter. Ricordate quando a settembre si discuteva del “Dybala in sovrappeso”? E invece quando Allegri l’ha restituito al ruolo di punta tutti questi discorsi da bar sono tornati ad essere tali? Adesso questo nuovo, brevissimo, periodo d’ombra sta coincidendo col suo retrocedere a ruolo di raccordo. Con ancor meno supporto. La sensazione personale è che Allegri abbia annusato il fiato corto dei centrocampisti e abbia così rimpolpato il reparto con un giocatore supplementare. 

Ma non dobbiamo avere paura di dire che Dybala quel lavoro fatica a farlo perché, a dispetto del numero che porta sulle spalle, Dybala non è un trequartista. Inoltre, per quanto si sia abusato della locuzione “rifinitore” per descriverne il ruolo, Dybala non è neanche quello: non ha particolari doti nella rifinitura, non sforna assist e key passes a iosa, non vede e non premia i movimenti dei compagni come altri top del ruolo. Lui vede la porta, e anche bene. Mister, non mi costringa a scrivere un articolo “equivoco Dybala” come fu con Pjanić. Mettiamoci d’accordo prima, shall we?