Perché la Juve gioca così male?

La Juventus è troppo brutta per essere vera.


Sul finire della scorsa stagione, Andrea Agnelli ha detto che solamente chi è all’interno, e specialmente chi è in cima alla piramide decisionale, ha tutti i pezzi del puzzle per vedere chiaramente quel che succede. Io ritengo che questo sia vero non solo in merito alle scelte gestionali, ma anche per quanto riguarda le dinamiche sportive. È dunque sicuramente vero che chi come me guarda allibito le prestazioni di questa Juventus non avrà affatto una visuale completa su quel che sta succedendo per davvero.

La tentazione di analizzare le partite sotto la lente della pochezza tattica è forte: formazioni messe in campo apparentemente a caso, giocatori senza indicazioni di sorta che aspettano palla sui piedi, assenza totale di un piano gara credibile o di contromosse tarate sulle qualità degli avversari, etc. Tuttavia, per i motivi di cui sopra, a mio avviso non sarebbe solo un’analisi parziale (come sempre, d’altra parte) ma ad oggi sarebbe anche fuorviante. Il video qui sotto ne esemplifica le ragioni.

Andiamo con ordine. La qualità tecnica della rosa non dovrebbe essere in discussione. Se ad inizio anno molti si sperticavano in previsioni di scudetto in carrozza (non senza qualche sintomo di megalomania), è perché effettivamente i giocatori sono di valore. Sarà sicuramente una rosa mal assemblata, alcuni giocatori saranno pur sopravvalutati e altri non hanno fatto il salto di qualità che ci si poteva attendere, ma è indubbio che una squadra che ha vinto in maniera relativamente agevole lo scudetto l’anno scorso e che è stata cospicuamente rinforzata in estate, scarsa non è. Oppure possiamo anche ragionevolmente sostenere che Allegri e Sarri abbiano fatto le nozze coi fichi secchi, ma allora offriamo argomenti formidabili a chi riteneva sciagurata la scelta di Pirlo. Andrebbero poi magari passate in rassegna le ragioni a causa delle quali i giocatori stanno (tutti) rendendo al di sotto del loro potenziale, ma credo che questo sia materia per articoli di altro tenore. 

Tatticamente la squadra è sempre stata un disastro. Mi piacerebbe avere un algoritmo – o una memoria elefantiaca – per sapere se Pirlo ha mai schierato la stessa formazione due volte in stagione, ma temo di conoscere la risposta. Per incapacità di trasmetterli o per incapacità dei giocatori di assorbirli, Pirlo ha progressivamente rinunciato ai principi di gioco sbandierati in un inizio anno un po’ naïf: il pressing non si è mai visto, il possesso palla è diventato fine a se stesso, i cambi campo sono spariti, la difesa alta è diventata una difesa sfilacciata, la rifinitura centrale ha velocemente lasciato spazio al crossing game. A dar credito a quel che trapelava dallo spogliatoio, i giocatori sono tra il confuso e il disinteressato. L’incapacità cronica di dare un vestito a questa squadra potrà anche avere radici profonde, e d’altra parte anche i predecessori di Pirlo hanno faticato in tal senso, ma è innegabile che questa stagione fallimentare abbia se non altro scoperto le carte. 

Tutta questa premessa per dire che secondo me oggi ha più senso spiegarsi la Juventus attraverso concause psicologiche che non attraverso le pur evidentissime lacune tecniche o tattiche. Quando è stato invocato a più riprese l’esonero di Pirlo (dopo Porto, dopo Benevento, etc), da parte nostra non è mai stato ragionevole pensare che un fantomatico allenatore X facesse meglio di Pirlo prendendo la squadra in corsa, quanto piuttosto per “dare una scossa” (cit) e togliere alibi ai calciatori. 

Con tutta probabilità, Pirlo ha perso la squadra da tempo. Il documentario All or Nothing di Amazon forse ci dirà se e quando questo è successo, ma diventa un’opzione credibile che oggi i giocatori siano lasciati a se stessi. Togliere loro la facile scusa “è colpa di Pirlo” avrebbe potuto interrompere questo circolo deleterio (nonostante sia in larga parte vero). 

In buona sostanza, oggi la Juventus gioca così male perché i giocatori hanno paura. 

Hanno visto le loro fragili certezze crollare sotto il peso dell’inesperienza e della confusione; hanno visto lo scudetto, obiettivo primario e quasi diritto divino manco fosse un’eredità che la squadra tramanda a se stessa, volare via senza alcuna possibilità di vincerlo; hanno visto se stessi annegare alla prima brezza perché lasciati soli in mare aperto; hanno visto la Juventus perdere punti e prendere sberle contro chiunque; hanno visto (e stanno vedendo) il proprio capitale tecnico dilapidato. 

Tutto questo si traduce in campo, con connotati riconoscibili. I giocatori hanno paura ad osare, cercano la giocata più conservativa, hanno dubbi amletici di tattica individuale, controllano una due tre quattro volte la sfera prima di darla ad un compagno, e preferiscono offrire appoggi scontati che non spingere i compagni a giocare a calcio. Non avere certezze dal punto di vista tattico toglie anche certezze dal punto di vista tecnico, su questo dovremmo essere tutti d’accordo. Quindi tutta colpa dei calciatori? No. 

Queste circostanze, questi circoli viziosi non sono nuovi a chiunque abbia praticato sport in maniera strutturata (anche sport di squadra dove teoricamente l’impatto del fattore psicologico è mitigato dalla molteplicità di individualità). Un anno fa, scrivevo:

Non voglio offrire semplificazioni ad una materia già oltremodo complessa o ridurre le tante concause delle ultime prestazioni insufficienti. Tuttavia, è bene ricordare che i giocatori non sono automi, hanno emozioni e sentimenti che influiscono sulle prestazioni come e più dei dettami tattici dell’allenatore. 

Arrivati a questo punto della stagione, ai tifosi interessa spesso trovare i colpevoli del disastro sportivo (e – ehi – economico) in cui versa la Juventus. Per quanto sia una tentazione forte, mi preme piuttosto rimarcare che le dinamiche sportive attorno ad una squadra di calcio élite sono complesse, e lo sono da tutti i punti di vista enucleati nel video di Michele qui sopra. Non esiste probabilmente una spiegazione univoca – né tantomeno la mia vuole esserlo – ma quel che vediamo in campo è solo la punta dell’iceberg: la realtà nello spogliatoio dev’essere molto più dura e cupa di quel che trapela e di quel che noi vediamo, sconcertati, durante i 90 minuti di passione settimanali. 

E magari, come da premessa, vi sono degli elementi che noi non conosciamo, non possiamo conoscere, e forse non conosceremo mai. 

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