Precedenti storici: Dinamo Kiev – Juventus 1998

Dinamo Kiev-Juventus non è nuovo tra i confronti in Champions League. Un doppio precedente alle spalle, nel 1998 e nel 2002: entrambi dopo la fine dell’Unione Sovietica.


Kiev, ovvero Ucraina

C’era una volta l’Unione Sovietica. E c’era una volta la Dinamo Kiev. L’URSS si è dissolta a inizio anni ’90, spazzata via dal vento del cambiamento della Perestrojka. Ma anche dai primi colpi di martello abbattutisi sul muro di Berlino, in quella storica giornata del 9 novembre 1989.

La Dinamo Kiev è invece ancora qui. Sempre protagonista. Uno squadrone capace di vincere (e tanto) in un campionato stracompetitivo come era quello sovietico – e anche in Europa -, non poteva che continuare a fare la voce grossa in quello dell’Ucraina. E l’ha fatto senza interruzioni, almeno fino all’avvio dell’era dello Shakhtar Donetsk, trasformato dopo lo sbarco di quel Mircea Lucescu che oggi siede proprio sulla panchina della Dinamo.

Qualche lampo fuori dai confini

Come detto, la Dinamo Kiev può vantare anche qualche gioia internazionale. Un paio di edizioni di Coppa delle Coppe e una Supercoppa Europea, tutte vinte sotto la bandiera dell’URSS. E tutte vinte sotto la guida di quel santone del calcio sovietico che portava il nome di Valeri Lobanovskyj.

Un primo approccio, nel nome di Zavarov

Nonostante sia stata ospite fissa nelle coppe europee, la Dinamo Kiev non ha mai incontrato la Juventus prima del 1998. A unire i destini dei 2 club ci aveva pensato Sasha Zavarov, volato dall’URSS all’Italia nel 1988. Due stagioni a Torino senza mai regalare lampi, quegli stessi che lo avevano reso protagonista nella cavalcata della nazionale sovietica agli Europei, persi in finale con l’Olanda di Gullit e Van Basten. 

Dinamo Kiev-Juventus, il doppio precedente

Per arrivare finalmente a un primo incrocio sul campo abbiamo dovuto aspettare gli anni a cavallo del nuovo millennio. Tra il marzo 1998 e il novembre 2002, bianconeri e ucraini si sono affrontati due volte in Champions League.

Non vi saranno sfuggite le date. Ebbene sì, ecco la bella notizia. Tutte le volte che la Juventus ha trovato sul suo cammino la Dinamo, a fine stagione è arrivata in finale. E se non vi sono sfuggite le date, allora saprete trovare anche il rovescio della medaglia. Archivio “rimpianti europei”, file “Amsterdam” e “Manchester”.

Doppio confronto, valore diverso

Il confronto tra Juventus e Dinamo Kiev ha avuto valori diversi nei 2 precedenti. Un dentro o fuori nel 1998 (ne parleremo a lungo più avanti), mentre nel 2002 si è consumato nel più tranquillo girone eliminatorio.

Una doppia sfida autunnale, quest’ultima, giocata tra il 24 settembre (a Torino) e il 13 novembre (a Kiev). A pochi mesi dalla scomparsa del colonnello Lobanovskyj, morto 8 giorni dopo quel 5 maggio che nell’Italia calcistica ha lasciato qualche segno.

Con lo Scudetto sul petto, la squadra di Lippi si sente più a suo agio. Al Delle Alpi ne rifila ben 5 agli ucraini, guidati da un’altra vecchia conoscenza quale Mychajlycenko: bandiera della Dinamo e capace, nella sua unica stagione in Italia, di conquistare lo Scudetto con la Sampdoria di Vialli e Mancini.

La gara di ritorno cade quando l’inverno ucraino è alle porte, ma la Juventus ha già conquistato il lasciapassare con un turno di anticipo. E per onorare la competizione (e per portare a casa qualche euro in più!) va a prendersi la soddisfazione di vincere in rimonta anche a Kiev. Nonostante in campo scendano le seconde linee e il tecnico di Viareggio possa buttare nella mischia anche i Primavera Paro e Cassani. Un ko (2-1) che fa molto male ai padroni di casa, che gettano al vento la possibilità di approdare alla fase successiva. Dove invece i bianconeri regaleranno gare da sogno. Almeno fino all’ultimo atto con il Milan. Sul quale sorvoliamo per evitare altri rimpianti…

1998, tutto o niente

Ma prima del doppio confronto “soft” del 2002, Juventus e Dinamo Kiev danno vita a quello del 1998. Quello sì storico, il primo in assoluto tra le 2 squadre nelle coppe europee. In Champions League, nei quarti di finale. Bianconeri e ucraini vengono sorteggiati insieme dopo la fine della fase eliminatoria giocata negli ultimi mesi del 1997. Tutto in 180 minuti per approdare alla semifinale. Che per Marcello Lippi sarebbe la quarta consecutiva in Europa. O meglio, da quando siede sulla panchina di Madama.

Attenti alla Dinamo

Un passo indietro. Juventus e Dinamo Kiev si presentano al sorteggio con gli ucraini tra i vincitori del girone e i bianconeri come secondi. Eh sì, perché Del Piero e compagni hanno dovuto accontentarsi di finire alle spalle del Manchester United, pagando caro 2 sconfitte esterne: proprio all’Old Trafford e a Rotterdam contro il Feyenoord, rivale con cui duellare per la qualificazione. Una qualificazione giunta al termine degli ultimi 90 minuti, anche grazie all’inzuccata di Pippo Inzaghi che mette ko i Red Devils già qualificati.

La Dinamo Kiev si è meritata il passaggio del turno demolendo letteralmente il Barcellona. Vero, non sono i migliori blaugrana di sempre (hanno pur sempre Figo e Rivaldo negli 11), ma tra andata e ritorno la corazzata di Lobanovskyj gliene rifila ben 7. Con un giovanissimo Shevchenko che lascia il Campo Nou con il pallone, premio per la tripletta che ha appena realizzato.

Al momento del sorteggio, a Torino non c’è proprio da essere tranquilli. Vero che si giocherà a marzo, quando il campionato ucraino sarà appena ripreso, ma certi numeri e certe prestazioni meritano un supplemento di attenzione.

Mesi di alti e bassi

Quella targata 1997/98 è la quarta Juventus targata Marcello Lippi. Quella forse meno spettacolare e soggetta a più alti e bassi. Come il girone di Champions ha dimostrato.

Copione rispettato nei primi mesi del 1998. I bianconeri ripartono a mille dopo Natale, guadagnano punti su punti all’Inter di Simoni e sembrano destinati a un altro campionato chiuso con ampio anticipo.

Ma a inizio febbraio ecco un duro colpo per tutto il gruppo. Dalla trasferta di Lecce, i 3 punti sono magro bottino alla luce del grave infortunio che mette fuori causa Ciro Ferrara, che si rompe tibia e perone in un contrasto con Conticchio.

La difesa perde certezze e la squadra ne risente. Nelle settimane che portano alla ripresa della campagna europea, la Juve cade malamente a Firenze e pareggia un paio di volte di troppo permettendo a Inter e Lazio di rifarsi sotto. In più lo stop in Coppa Italia, per mano degli stessi biancocelesti.

Marzo dal sapore europeo

Con l’inizio di marzo si entra a forza nel clima Champions. Quattro marzo è uno degli hit di Lucio Dalla (nonché data del suo compleanno), ma a Torino è il giorno dell’andata dei quarti. Al Delle Alpi approda la Dinamo, decisa a ripetere un’ altra impresa da trasferta, non per forza lo 0-4 di Barcellona.

Il match è equilibrato. La Juventus prova sbloccarla con Del Piero, ma uno dei suoi destri a giro si stampa sulla traversa. Nella ripresa passano invece gli ucraini che approfittano di una mischia in area su azione d’angolo e Gusin la butta alle spalle di Peruzzi. I padroni di casa passano qualche minuto di paura, prima che Pippo Inzaghi la raddrizzi. A modo suo, di rapina, riprendendo una respinta del portiere e anticipando anche l’accorrente Conte: 1-1. Risultato che non cambia più. Non proprio l’ideale in vista del ritorno. Ma soprattutto visto il momento non proprio eccezionale del gruppo.

Ruolette… ucraina

Mercoledì 18 marzo diventa data spartiacque per la Juventus. Non ribaltare l’1-1 di Torino vorrebbe dire uscire dall’Europa e mettere a repentaglio anche il campionato.

Per la prima volta, i bianconeri sono dunque attesi a Kiev. A dire il vero, in Ucraina è stata già piantata una bandierina, ma nel 1976/77 si chiamava ancora URSS. E la città era quella di  Donetsk, tappa da ricordare nella cavalcata verso la prima storica coppa continentale.

Kiev è un’altra cosa. Lo stadio Olimpico è un impianto che in quel 1998 può vantare una capienza di 100mila spettatori (ristrutturato per gli Europei del 2012, oggi ne ha 1/3 in meno). E per il match dell’anno ci saranno tutti. Anzi, qualche ucraino un po’ euforico alla vigilia è pronto a scommettere: se i biglietti fossero stati 400mila, sarebbero stati venduti tutti. In barba al momento non proprio  euforico dell’economia locale, ancora alle prese con la fase di transizione dal comunismo al libero mercato.

Ma a preoccupare è soprattutto il clima. Il Generale Inverno non vuole saperne di ritirarsi e la delegazione proveniente da Torino viene accolta da neve e da temperature sotto zero. Non il massimo per chi si è lasciato alle spalle i 20 gradi che stanno già coccolando la penisola. Nella capitale ucraina si spalano gli spalti e i cumuli di neve restano a bordo campo.

I padroni di casa sono convinti. Lobanovskyj passa la vigilia a prendersela con Del Piero, non per la data di nascita (9 novembre come il giorno della caduta del muro) ma perché etichettato come simulatore. In più Surkis, presidente del club, ha un motivo in più per voler vincere. A fine mese ci sono le elezioni politiche in Ucraina e lui è candidato: quanti voti porterebbe lo scalpo dei vice campioni d’Europa?

Grattacapi in export

Ma in casa Juve ci sono altri grattacapi da risolvere. Critica e parte della tifoseria puntano il dito sul mercato, con la cessione di Vieri e l’arrivo di Inzaghi che non hanno convinto.

Ma la grana numero uno ha il nome di Lippi. Il suo contratto scade nel 1999 e non ci sono segnali di rinnovo. E alla vigilia del match scoppia la bomba in Spagna: Real Madrid pronto a offrire un contratto miliardario al mister. Così alla conferenza stampa pre-partita giunge in massa una delegazione iberica, pronta a cogliere ogni segnale del Marcello.

I giornalisti spagnoli non conoscono il codice comunicativo del viareggino che, da buon uomo di mare, sfodera il suo marchio di fabbrica: “nei momenti difficili veniamo sempre fuori!”.

Nel segno di SuperPippo

Mercoledì 18 si gioca. Alle 21.45 locali, temperatura sotto zero. E uno zero, i gol, da cancellare prima possibile. Non bisogna neppure aspettare mezz’ora. Al 28’ Del Piero e Zidane dialogano a modo loro, Zizou fa sedere l’ultimo difensore e mette in mezzo un pallone che solo da spingere in porta. Figurarsi se a centro area c’è quel cannibale di Inzaghi, che parte con una delle sue esultanze in solitaria, mentre gran parte dei compagni sommergono l’artista del 90% del capolavoro. Ma quello che conta è averla sbloccata: 1-0, che regge fino all’intervallo.

Ma non dura tanto dopo il ritorno dagli spogliatoi. Peruzzi non è impeccabile su una botta da fuori e Rebrov manda in visibilio i centomila dell’Olimpico. Tutto da rifare.

I bianconeri sanno che è una serata che profuma di impresa. Davids, Deschamps e Conte ringhiano su ogni pallone, Montero e Iuliano coprono dove serve. E Zidane e Inzaghi fanno quello che riesce loro meglio: il francese inventa e il bomber insacca. Questa volta da corner, la pennella di Zizou finisce dritta dritta sulla testa di Superpippo che deve solo colpirla, senza neppure staccare. Ora ai padroni di casa servono 2 gol, ma la Juve è in controllo e chiude i conti. Con lo stesso scherma del 2-1, cambia solo uno dei protagonisti: stesso corner da sinistra, batte Del Piero ma la parabola ha il medesimo destinatario, cioè la cabeza di Inzaghi che mette dentro il tris personale. Con tanti saluti a chi ancora critica il mercato estivo. La prima tripletta in maglia bianconera. Si ripeterà 2 mesi dopo con il Bologna e sarà Scudetto.

Intanto c’è chi ha un conto in sospeso: Del Piero è il trascinatore della Juve di coppa (sarà capocannoniere di quell’edizione di Champions) e insacca il poker con un sinistro chirurgico su lancio millimetrico del solito Zidane. Per una volta Alex si concede all’esultanza polemica, con mani alle orecchie. Un messaggio al Colonnello? Poco importa. Alla fine è 4-1, la strada per l’ennesima finale è spianata.

Scala, Trap e Trezegol: news dagli altri campi

Intanto si gioca anche sugli altri campi della Champions. Il Real Madrid asfalta il Bayer Leverkusen. Destino che non sorride invece al Manchester United. Gli inglesi pagano la regola del gol in trasferta: dopo lo 0-0 di Montecarlo, vengono estromessi dall’1-1 che il Monaco strappa all’Old Trafford. Gol decisivo a firma di uno che a Torino lascerà poi qualche segno: David Trezeguet.

Ma il clou dei quarti è il derby italo-tedesco tra Borussia Dortmund e Bayern Monaco. Il tricolore sventola grazie a Nevio Scala, tecnico dei campioni in carica, che elimina l’amico Trapattoni. Per il Trap è un momento no, già sbandierato a mezzo mondo pochi giorni prima, a colpi di Strunz, in una conferenze stampa che hanno fatto la storia. Real Madrid-Borussia e Juventus-Monaco saranno le 2 semifinali. E il racconto lo finiamo qui per evitare l’ennesima scarica di rimpianti!

Notizie dal fronte Uefa

Oltre a giocarsi il ruolo di anti-Juve in campionato, Inter e Lazio vanno a caccia dell’Europa meno nobile. A milanesi e capitolini bastano 2 pari in trasferta (rispettivamente in casa di Schalke 04 e Auxerre) per prendersi la semifinale di Coppa Uefa. Penultimo atto prima di una finale tutta italica a Parigi, che sarà poi all’insegna del Fenomeno. Che pochi mesi dopo, sempre nella capitale francese, alla vigilia della finale del Mondiale vivrà invece uno dei più grossi incubi della sua vita. Una cosa seria che, a confronto, fa passare in cavalleria anche l’intervento di Iuliano e il 5 maggio 2002…

Mentre la Juventus è in Ucraina a regalarsi una pagina di storia, in Italia si discute della possibile revisione del processo ad Adriano Sofri e a Lotta Continua per l’omicidio del commissario Calabresi. Governo, Confindustria e sindacati sono alle prese con la discussione sugli orari di lavoro. E, tanto per non farci mancare niente, anche in quel marzo 1998 la parola epidemia si prende le prime pagine dei giornali: a Pesaro si vivono momenti di paura per la possibile diffusione di un caso di epatite!

Intanto a Torino

Anche Torino è pronta a vivere settimane intense. E non solo per Juventus-Inter, del già citato Iuliano-Ronaldo e le polemiche che durano ancora oggi. A vent’anni dall’ultima volta (datata 1978), la Sacra Sindone sta per essere nuovamente ostentata. Un evento di portata mondiale che porterà sotto la Mole anche Papa Giovanni Paolo II e oltre 2 milioni e mezzo di pellegrini. Un primo segno di riscatto della città che vivrà la sua apoteosi con le Olimpiadi Invernali del 2006.

Lezione dalla storia

Difficile trovare punti di contatto tra quella Juventus che nel 1998 espugnò Kiev e quella di oggi. Diverso il peso internazionale di quel gruppo (reduce appunto da 3 finali di fila e pronta per la quarta) e diversa l’esperienza di Marcello Lippi rispetto a quella di Andrea Pirlo, debuttante assoluto da allenatore in una competizione europea.

In comune restano le critiche attorno alla squadra e alla società (ma quelle sono una costante nella storia del club) e un momento non esaltante da ribaltare.

Nella conferenza stampa di vigilia, Pirlo non è stato costretto a tirarlo fuori. Ma anche lui, che qualcosa l’ha vinto da queste parti, sa che è un marchio di fabbrica di casa Juve, tanto quanto il #FinoalleFine: “nei momenti difficili veniamo sempre fuori!”

Un racconto dettagliato lo trovate anche nel podcast di Radio Bianconera

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