7a Serie A: Atalanta-Juventus 2-2

di Davide Terruzzi


La Juventus pareggia a Bergamo al termina di una gara fortemente episodica e ricca di errori individuali decisivi.


[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]L[/mks_dropcap]a Juventus chiude il primo ciclo ravvicinato di partite con una delle trasferte più ostiche del campionato: l’Atalanta di Gasperini è squadra in salute, è reduce da un ottimo pari a Lione che permette agli orobici di pensare concretamente al passaggio di turno, fortemente organizzata e con un’identità nettamente delineata. L’impegno di giovedì non comporta un uso abbondante del turnover da parte del tecnico nerazzurro che effettua pochissimi cambi, appena 2, rispetto agli undici iniziali schierati in Francia; Gasperini schiera la sua Atalanta col consueto 3-4-3 di partenza con Berisha tra i pali, Masiello-Caldara-Palomino in difesa, Hateboer-Cristante-Freuler-Spinazzola a centrocampo, Kurtić-Cornelius-Gomez compongono il trio d’attacco. Allegri, invece, grazie a una rosa più profonda e qualitativa, nonostante le numerose assenze, opta per qualche modifica: la Juventus è in campo col 4-2-3-1 d’ordinanza, Buffon tra i pali, davanti a lui Lichtsteiner-Benatia-Chiellini-Asamoah, Bentancur-Matuidi in mediana, Bernardeschi-Dybala-Mandžukić dietro a Higuain.

I ritmi della partita sono immediatamente elevati grazie al pressing aggressivo d’entrambe le formazioni. Il sistema di pressione collettiva organizzato da Gasperini prevede un rigido sistema in cui sono gli uomini, e non la palla e il compagno di reparto, i principali riferimenti: queste marcature aggressive sugli avversari sono a tutto campo, puntano a impedire giocate tranquille pur correndo il rischio di perdere la forma difensiva. L’allenatore nerazzurro intende sempre avere un uomo in più dietro, libero da marcature dirette, chiamato a scalare per coprire i compagni saltati; questo ovviamente comporta la scelta di lasciare un difensore avversario libero d’impostare.

I due centrocampisti della Juve marcati da quelli dell’Atalanta. Dybala seguito a uomo. Chiellini lasciato libero.

Per i primi quindici minuti la coppia centrale bianconera è libera d’impostare, una scelta che permette alla Juventus di prendere agevolmente campo, schiacciando l’Atalanta nella propria trequarti difensiva azionando il contropressing juventino.. Anche i bianconeri sono estremamente aggressivi portando una pressione collettiva sul portatore di palla e sugli appoggi più vicini: il sistema d’Allegri non prevede marcature fisse sugli uomini, ma un meccanismo in cui i riferimenti per la pressione sono gli avversari e i compagni di reparto.

Il pressing è studiato sulle caratteristiche di gioco dell’Atalanta: Gasperini, in fase di possesso, chiede la continua creazione e destrutturazione di rombi sulle catene laterali, quadrilateri formati da un difensore centrale esterno-centrocampista centrale-esterno basso – esterno alto in cui i componenti passandosi la palla si scambiano le posizioni creando varchi e attaccando la profondità. Il centro del campo viene completamente svuotato, utilizzato solamente per cambiare lato d’attacco, cercando di muovere il fronte per trovare spazi sulla fascia opposta. La Juventus s’oppone a questa organizzazione portando densità sul lato forte, ponendo attenzione a unire aggressività a copertura razionale del campo.

L’Atalanta forma il suo rombo, la Juventus fa densità attorno al pallone chiudendo gli appoggi.

È una Juventus che prova, riuscendoci per i primi 30 minuti, a giocare in maniera diversa rispetto il finale della scorsa stagione, con un baricentro più alto, con i difensori più alti e aggressivi sugli avversari, una circolazione di palla maggiormente veloce, più sicura: la squadra di Allegri si muove offrendo più soluzioni al compagno col pallone, sfruttando le debolezze della formazione orobica. L’Atalanta non si batte sfidandola col gioco sulle fasce, ma con un predominio nella zona centrale del campo: questo significa far stringere dentro il campo i due esterni alti, aprire Matuidi sulla sinistra con Bentancur che resta faro centrale (un classico allegriano), cercare giocate in diagonale per le due punte e da lì entrare in area con combinazioni sullo stretto mettendo in mostra le qualità tecniche.

Il primo blocco di partita vedi i bianconeri nettamente in pieno controllo tattico e tecnico della partita, sebbene un correttivo apportato da Gasperini, cioè stringere maggiormente la posizione di Gomez, spostando Kurtić sulla sinistra, portando il pressing sui due difensori centrali in condizione di parità numerica lasciando come uomo libero Asamoah, ha avuto come effetto quello di rallentare e ostacolare con maggiore efficacia l’uscita del pallone. Così come il cambio Cornelius (letteralmente divorato da Benatia e Chiellini) per Iličič ha creato maggiore imprevedibilità offensiva, grazie alla capacità dello sloveno e dello stesso Gomez di posizionarsi tra le linee sfuggendo agevolmente alla marcatura dei due centrali.

Il pressing dell’Atalanta con le marcature a uomo, solo Asamoah lasciato libero.

La seconda micro partita inizia col gol di Caldara (oltre all’errore grossolano di Buffon, è da evidenziare l’assenza di protezione sul portiere con i due terzini che restano fermi e non attaccano la respinta) e termina con la fine del primo tempo: l’Atalanta alza i ritmi, è ancora più aggressiva, la Juventus continua a muovere bene il pallone, ma non riesce più ad avere il predominio della prima mezzora. È una micro partita nella quale i bianconeri colgono l’importanza di soffrire difendendo e sono particolarmente attenti in fase di non possesso; l’aumento della velocità e dell’intensità bergamasca però abbassa il baricentro bianconero con conseguenze sulla qualità delle  giocate col pallone tra i piedi.

Il terzo blocco è dall’inizio del secondo tempo fino al gol annullato col Var di Mandžukić. Ed è una parte della partita in cui il copione non si discosta da come la prima frazione di gara era terminata: l’Atalanta è entrata forte in campo grazie a un’intensità senza palla notevole che non consente alla Juventus di mantenere il possesso per rallentare i ritmi, ma i bianconeri sono lucidi e dentro la partita, mostrando di saper attaccare la formazione orobica con le consuete combinazioni tra gli attaccanti sfruttando il centro del campo.

Come attaccare l’Atalanta.

Poi inizia un’altra partita. Il quarto blocco, che termina col gol del definitivo pari dell’Atalanta, è maggiormente caotico, nervoso: l’errore principale della Juventus è quello di essersi lasciata innervosire da un episodio, perdendo quella attenzione e tranquillità che avevano contraddistinto la prestazione dei bianconeri, mentre Gasperini ritorna al 3-4-3 classico con il centravanti puro, Petagna, al posti di Kurtić, chiedendo ai due esterni alti d uscire aggressivi sul centrale che riceve la palla. I palloni gestiti non perfettamente in uscita aumentano, come quello che innesca l’azione che porta alla rete di Cristante: gli uomini d’Allegri gestiscono malamente l’avvio di manovra, Bernardeschi perde pallone, si perdono le misure e le distanze tra i compagni di reparto, l’aggressività non è elevata, non s’assorbe l’inserimento del centrocampista.

L’intera sequenza. L’Atalanta pressa alto, Bernardeschi non protegge il pallone, sugli sviluppi la Juventus perde compattezza ed e poco aggressiva: Matuidi accorcia sull’uomo più vicino, Mandžukić non rientra velocemente (manca in area).

L’ultimo blocco di partita è ancora di più confusionario. L’Atalanta abbassa il baricentro, prova a colpire in contropiede, mentre i cambi d’Allegri non riescono a dare l’apporto sperato: Douglas Costa e Cuadrado nei piani del tecnico juventino dovrebbero portare imprevedibilità, saltare gli avversari diretti creando condizioni di superiorità e mettendo dei granelli all’interno del rigido meccanismo di marcature e scalate, ma l’aggressività dei difensori orobici sugli uomini è elevata e i giocatori bianconeri intasano eccessivamente il centro non riuscendo più a costruire azioni pulite. Il rigore sbagliato di Dybala chiude così la partita.

Quella tra Atalanta e Juventus è stata una partita molto intensa, fortemente episodica. Al netto degli errori arbitrali e del Var (di cui nelle analisi tattiche mai giustamente si parla, ma che fanno parte delle partite e condizionano le stesse), ci sono stati sbagli dei singoli che hanno condizionato la gara: l’intervento di Buffon sul primo gol (e la mancata copertura sul suo rinvio), il penalty di Dybala (poco aggressivo, ha sofferto la marcatura rigida), la poca attenzione sul gol del pari. Quelle con le formazioni di Gasperini sono partite in cui è assai improbabile riuscire a gestire il risultato col possesso: è possibile farlo quando le gare sono chiuse, come stava infatti facendo agevolmente la Juve sul 2-0, ma quando l’Atalanta è viva e sentea possibilità di centrare il risultato sono match molto intensi e duri. La prestazione bianconera è stata eccellente per 30 minuti, più che buona fino al gol di Mandžukić annullato; poi è stata eccessivamente caotica, poco lucida e nervosa. Gli episodi non hanno premiato, ma quello che lascia questa gara è il continuo tentativo da parte di Allegri di proporre un gioco in cui il baricentro della squadra è più alto, il possesso più elevato, veloce e razionale,  la difesa posizionale usata sempre meno. L’Atalanta, fortunata nei singoli episodi, ha avuto il merito di crederci, dimostrando di essere in salute e con le solite idee chiare.

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