Iker Casillas es eterno

di Andrea Lapegna


Per l’analisi dei nostri prossimi avversari di Champions League, proponiamo un panoramica su Iker Casillas: la sua storia recente, il suo momento, le sue motivazioni.


[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]5[/mks_dropcap]10, 152 e 167. Record, record e record. Sono solo tre dei traguardi raggiunti da Iker Casillas nella sua storia d’amore con il Real Madrid e con la Nazionale spagnola. I numeri qui sopra si riferiscono, nell’ordine, a: presenze totali con la camiseta blanca, presenze in Champions League, e caps con la maglia della Nazionale spagnola. In queste voci è primatista nella gloriosa, gloriosissima storia dei merengues e nell’altrettanto spettacolare, ancorché recente, era di trionfi della Spagna. Basterebbero i freddi numeri a descrivere Casillas, totem per quindici anni dei pali di Real e Roja. Invece, il buon Iker sta subendo l’affanno dell’età, del trasferimento alla periferia del calcio che conta e (forse) della mancanza di stimoli. O no?

In effetti, Casillas fa parte di quel manipolo di giocatori che hanno fatto la storia del Real e che, le prime righe sul viso, sono stati messi alla porta: Hierro, Guti, Raúl, e adesso lui. Ma per quanto indissolubilmente legato al Real Madrid, il Casillas che ci troveremo di fronte sarà un uomo fortemente diverso da quello che tanti incontri ha disputato contro la Juventus in passato.

El arquero

Casillas non è un gigante dei pali, almeno non nel senso letterale del termine. Wikipedia lo mette a 185 cm, ma forse la valutazione più vicina alla realtà è quella di Transfermarkt, 182 cm. E se è vero che l’altezza non è un attributo penalizzante in assoluto per un portiere, diventa elemento di interesse se tutti i migliori portieri di oggi vanno dai 188 di Lloris ai 199 di Courtois. In uno sport sempre più attento agli attributi fisici ed atletici, Casillas si è trovato a dover compensare una caratteristica non eccelsa con altre componenti del ruolo.

Sin dai primi tuffi, Casillas si è fatto notare per la grande reattività e l’eccellente esplosività. La reattività in un portiere compare spesso a braccetto con l’istinto, cioè quell’insieme di riti woodoo che gli permettono di compiere miracoli con l‘attaccante in faccia o comunque in situazioni dove la componente fondamentale non è la tecnica, bensì la velocità di pensiero e di controllo del proprio corpo, o ancora la posizione tra il pali.

Tipo qui + qui

Nei video che raccolgono le sue migliori parate in giro su YouTube, la stragrande maggioranza è composta da interventi istintivi o comunque momenti in cui la reazione di pancia del portiere impedisce un gol quasi certo.

La grande esplosività negli arti inferiori e l’ottima coordinazione nell’allungare al massimo quelli superiori gli permettono invece, se non di compensare, quantomeno di non far notare i limiti strutturali che Madre Natura gli ha imposto. Donnarumma, tanto per fare un paragone sul versante opposto dello spettro, è fisicamente molto ben dotato, ma deve migliorare e non poco in estensione (son giovani, c’è tempo).

La tecnica in allungo gli permette di contrare anche le conclusioni più angolate. Questo noi ce lo ricordiamo.

Dalla parte dei difetti va invece esposta una tecnica di base mai troppo sicura. Casillas è uno dei top-keeper che blocca(va) di meno, preferendo il rischio più o meno calcolato di una respinta a quello minore ma più aleatorio di una parata compiuta. Questa caratteristica si è suo malgrado enfatizzata negli ultimi anni, di pari passo con il calo inevitabile di condizione fisica. Un altro – grande – rischio è anche l’intervento a una sola mano, soprattutto quando la situazione vorrebbe entrambe le braccia a raddoppiare la superficie da opporre al tiro.

Las dificultades

Nel fisiologico passare degli anni, ai portieri viene imputato un vantaggio – rispetto ad altri ruoli – in ragione del fatto che il loro lavoro è basato su componenti (quasi) immuni allo scorrere del tempo: la tecnica e l’istinto. La reattività, la “rapidità nell’andare a terra”, sono caratteristiche che andranno invece inesorabilmente a scemare, allo stesso modo in cui cala lo sprint per un attaccante.

Al primo manifestarsi di queste crepe, il Real gli ha dato il benservito. Lui, in una commovente conferenza stampa, ha confermato di non voler appendere i guantoni al chiodo, ed ha accettato la sfida dei Dragões. Si è così accasato in Portogallo, dove finora ha collezionato 51 presenze tra campionato e coppe. Se nelle prime settimane il suo impiego da titolare era scontato per diritto divino, nei mesi successivi ha dovuto guadagnarselo sul campo, parando anche critiche (ogni tanto gratuite), gossip e momenti di forma altalenanti.

Ad onor del vero infatti, l’ambientamento non è stato dei più felici, e le prestazioni non esaltanti dei primi mesi hanno fatto sollevare più di un dubbio sulle sue reali condizioni fisiche e mentali. Ci si è a lungo interrogati se non fosse scomodo accantonarlo in panchina, in favore di un portiere più giovane e forse più motivato; lui, con la solita classe, ha risposto: “Hay que convivir con ello. No soy eterno”.

Di sicuro c’è che non era l’uomo più felice del mondo. La stessa scelta, nel primo anno in Portogallo, di indossare il mesto numero 12 e non il consueto 1 (a maggior ragione per lui che è stato più volte sul punto di contendere a Buffon lo scettro di portiere più forte del decennio) assume contorni bislacchi. La stampa non ha poi mancato di mettere in risalto anche i problemi extra-campo, ovvero il fatto che la moglie in apparenza mal sopportasse la vita ad Oporto. In molti si sono chiesti se per lui non fosse meglio una pensione dorata a Miami. Come se non bastasse, alla fine del 2015 ha perso il posto da titolare in nazionale in favore di un rampante De Gea.

Humildad y renacimiento

Tuttavia, quando in molti già gli scrivevano le esequie, dalla scorsa primavera Casillas è sembrato tornare sui suoi livelli di sempre, rendendosi protagonista di una crescita senza soluzione di continuità. Si è mostrato sicuro negli interventi, concentrato in ogni frangente di gioco, perfettamente integrato nello spogliatoio e (ma questa non è una novità) serissimo in allenamento. Il contemporaneo momento di forma della squadra gli ha permesso di mantenere con costanza la guardia dei pali. Canto del cigno o rinascita dalle proprie ceneri poco importa, perché per ora il suo momento è molto più che positivo.

Questo secondo anno le cose sembrano andare anche meglio. Il Porto duella con il Benfica per il primo posto della Primeira Liga, è agli ottavi di Champions, ma è stato eliminato dalla Taça de Portugal dal modesto Chaves. La difesa rimane il punto di forza del Porto, tanto che Casillas è il portiere europeo ad aver subito meno reti in campionato: solo 11 in 21 partite, ovvero 0,52 per 90’. A livello personale, si è reso protagonista di prestazioni di alto livello, sfoderando parate fondamentali quando più contava.

https://www.youtube.com/watch?v=WujDc2xY6o4

Ad esempio all’ultimo minuto della supersfida con lo Sporting Lisboa. Da highlights della carriera.

Quest’anno sembra aver superato emotivamente il trasferimento in Portogallo e la fine della storia d’amore con il Madrid. Ma quel che più colpisce è che sta dando l’impressione di aver non solo accettato la nuova sfida, ma anche di essersi calato completamente nel nuovo ruolo di leader emotivo e vecchio saggio dello spogliatoio; il tutto con stupefacente umiltà.

Se è vero che quello dell’estremo difensore è il ruolo che invecchia meglio, Casillas è ancora un signor portiere. Forse non più un portiere di primissima fascia (sì ma Buffon, Neuer, e chi altri?), ma ancora uno in grado di togliere le castagne dal fuoco alla propria squadra in molte situazioni; la Roma ricorderà con dispiacere il preliminare di Champions League dell’agosto scorso. Il Porto ha tra i pali non un vecchietto prossimo alla pensione, ma un portiere esperto e valido che ha sposato in pieno la causa dei Dragões, e che ha ancora voglia di stupire un calcio che lo ha accantonato troppo in fretta.

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