25a Serie A: Juventus-Palermo 4-1

di Davide Terruzzi


La differenza di valori è troppo netta per avere una partita in equilibrio. Allegri sceglie un robusto turnover, ma la coppia HD non vuole saperne del riposo e si diverte in campo. Tre punti facili, sforzo ridotto in vista dell’andata col Porto.


[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]R[/mks_dropcap]outine. Da definizione: ritmo monotono e ripetitivo di vita e di lavoro; abitudine, pratica, esperienza; serie di istruzioni che assolvono a un compito specifico e che la macchina ripete automaticamente. Tutto questo è stata per la Juventus la partita col Palermo, una classica vittoria casalinga in campionato contro una formazione decisamente inferiore. La formazione d’Allegri è troppo matura per cadere nel più classico dei tranelli: l’andata col Porto non è una condizione sufficiente per non essere concentrati sulla partita. I campionati si vincono accumulando il maggior numero di punti e vincendo le partite che si devono vincere. Col minimo sforzo, quando è possibile. E la sfida di Torino con una formazione che distava al calcio d’inizio 46 punti – un’enormità che la dice lunga sulle categorie di differenza tra le due squadre – è l’occasione per vincere facendo riposare qualche giocatore. Allegri opta così per un deciso turnover, senza però rinunciare agli uomini cardine dello spogliatoio e della squadra: Buffon, Bonucci, Marchisio, Khedira, Dybala e Higuain sono le garanzie assolute attorno cui girano Benatia, Dani Alves, Asamoah, Pjaca e Sturaro. Il modulo è l’ormai canonico 4-2-3-1 con il giovane talento croato sulla destra e l’ex Genoa come esterno alto di sinistra. Dall’altra parte, il Palermo si presenta alla sfida impossibile di Torino con un 4-5-1 molto compatto. Lopez, come già fatto da Crotone e Cagliari, intende provare a fare una partita difensiva, sperando in qualche disattenzione da parte dei bianconeri.

L’avvio di manovra da parte della Juventus non viene così contrastato. Le linee di centrocampo e difesa sono compatte e strette di partenza, la mediana a 5 permette teoricamente di coprire al meglio l’ampiezza. Il Palermo non intende minimamente pressare, aspetta gli avversari nella propria metà campo, cercando di coprire al meglio gli spazi. Il possesso viene lasciato ai bianconeri, intenti a riciclarlo una volta perso il pallone con transizioni negative immediate. Il primo squillo è di Dyabala su punizione (palo), poi una disattenzione dei rosanero su palla inattiva permette alla Juventus di passare in vantaggio con Marchisio. Ancora una  volta la squadra di Allegri riesce a segnare nei primi quindici minuti: miglior modo per iniziare qualsiasi partita. Il tecnico bianconero prova dopo qualche minuto a invertire la posizione di Pjaca e Sturaro, mettendo il giovane croato nelle condizioni in cui si trova maggiormente a proprio agio, cioè sulla sinistra riuscendo poi a rientrare verso la porta col piede forte. La compattezza del Palermo consiglia al tecnico un’ulteriore soluzione: la Juventus passa al 4-3-3 con Marchisio in cabina di regia, Khedira sul centro-destra e Sturaro sul lato opposto, mentre davanti Dybala parte sulla destra e Pjaca sulla sinistra. L’intento è quello di coprire al meglio l’ampiezza, sfruttando i tagli dei due attaccanti esterni e gli inserimenti senza palla dei due interni. Sulla destra l’intesa tra Dybala e Khedira non ha bisogno di essere oliata: i due si muovono compensando i movimenti dell’altro, col centrocampista tedesco che attacca lo spazio in verticale quando l’argentino è largo, o che si defila quando il compagno s’accentra. Sulla sinistra, Pjaca resta più largo e Sturaro si muove puntando la porta; così, spesso il terzino destro del Palermo si è trovato in un due contro uno sul proprio lato.

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I cambi tattici possono incidere fino a un certo punto. Perché, come è anche normale che sia, la Juventus non muove sempre velocemente il pallone e si rilassa un po’. Qualche sufficienza e disattenzione di troppo che hanno agitato Allegri in panchina, ma poi è bastata la classe di Dybala, che con una pennellata su punizione saluta la ragnatela che si trovava sotto l’incrocio. Nell’intervallo, Lopez sceglie di passare al 5-4-1 dopo aver toccato con mano la pigrizia degli esterni a rientrare. La Juventus, invece, ripassa al 4-2-3-1 che è però più simile rispetto al solito a un 4-4-2. I bianconeri muovono più velocemente la palla senza forzare le giocate; i due centrocampisti del Palermo s’alzano su Lemina (entrato al posto di Khedira) e Marchisio lasciando ampi spazi alle proprie spalle. La squadra di Lopez tende a essere destrutturata facilmente – anche nel primo tempo, nonostante una compattezza maggiore tra i reparti, la difesa posizionale rosanero ha dimostrato tutti i propri limiti per via di un eccesso d’attenzione ai movimenti senza palla e della pigrizia sul lato debole – ed è ovviamente una situazione in cui i bianconeri possono divertirsi. Così arriva il gol di Higuain. La Juventus non esagera, gioca a velocità di crociera, potrebbe segnare anche prima il quarto gol – che arriva sempre sull’asse HD, con l’ex Napoli che dimostra la propria forza fisica, tecnica e un’intelligenza calcistica fuori dal comune -; il gol della bandiera del Palermo arriva su una disattenzione su palla inattiva che fa infuriare Buffon (che come qualsiasi portiere non ama prendere gol) e Bonucci.

Juventus-Palermo è stata la classica partita di routine. Gli spunti più interessanti arrivano dalle prestazione dei singoli. Le attenzioni erano rivolte su Pjaca. Il giovane croato ha indubbie, e rare, qualità tecniche e atletiche, ma è un giocatore ancora da costruire; Allegri lo ha bastonato pubblicamente richiamandolo a una maggiore presenza difensiva, ma è nella fase col pallone in cui i lampi di pura classe si uniscono ad altre situazioni in cui si manifestano ancora tutti i limiti di un giocatore che sta ancora conoscendo il calcio. Giocare con efficacia e semplicità non è così facile come può sembrare, ma è la condizione essenziale per esplodere ai massimi livelli. Pjaca è uno studente della Juventus e del calcio che conta: ha semplicemente bisogno di tempo (e l’infortunio ha sicuramente rallentato il suo ambientamento), crescendo durante gli allenamenti e prendendo fiducia nelle occasioni in cui scende in campo. L’altro osservato speciale è Dani Alves. Il brasiliano è un giocatore completamente diverso rispetto a Lichtsteiner: nonostante il ruolo sia lo stesso, l’interpretazione e le caratteristiche tecniche e atletiche offrono ad Allegri una varietà di soluzioni. L’ex Barça è anche lui al rientro di un infortunio – e la frattura del perone non è mai banale – e non è ancora al top delle condizione, peccando specialmente in reattività, esplosività e velocità. Alcune leggerezze sono proprie del giocatore, ma l’applicazione in fase difensiva è stata incoraggiante, a dimostrazione di un giocatore che vuole offrire concretamente il proprio contributo. Per giudicarlo, quindi, serve ancora tempo, quello necessario per portarlo al pieno della propria condizione atletica, ma la sua presenza costringerà la Juventus a cercare soluzioni di gioco diverse all’interno dello stesso contesto tattico. Chi invece è ritornato a essere una garanzia è Asamoah, alternativa di successo di Alex Sandro: preciso e puntuale in difesa, bravo tecnicamente nella conduzione col suo sinistro, ritrovato atleticamente. Una Juve che ormai tende sempre più a controllare e gestire le partite col possesso, evitando d’abbassarsi o di spegnersi.

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