L’uomo della terra 1 – Klopp, il bel gioco e il brand Juve

Sono stato assente su Twitter per più di un mese. Quando l’ho riaperto, domenica mattina, ho letto alcuni tweet sulla Finale di Champions e mi sono ritrovato subito all’interno della solita e stancante polemica che sfocia nella dicotomia bel gioco vs risultato, come se per vincere si dovesse per forza di cose solamente giocare male. Devo dire di essere rimasto sorpreso dalle considerazioni provenienti da alcune persone che annusano l’aria della Juventus quotidianamente e mi è sembrato di vivere quel momento storico in cui qualcuno ha avvisato i giapponesi che la battaglia è finita, le armi vanno deposte, che tutto è terminato. Affermare che Klopp per vincere la Champions ha dovuto abbracciare il “primo non prenderne”, “giochiamo male così vinciamo” riduce notevolmente l’incredibile qualità del lavoro svolto dal tecnico tedesco in questi anni a Liverpool. Klopp ha saputo evolvere e maturare diventando un allenatore completo, riuscendo a coniugare la sua idea di gioco, forte e chiara, con una modulazione di diversi registri e stili. Klopp è arrivato per due anni in Finale di Champions, ha perso per un punto uno spettacolare campionato, perché la sua squadra gioca bene il proprio calcio. Ed è esattamente questo il punto. Le squadre che vincono e che sono protagoniste sanno giocare bene il proprio calcio; non un unico stile di gioco, ma quelli necessari secondo il momento della partita e adeguandosi all’avversario.

Ed è quello che ha saputo fare la Juventus d’Allegri nelle sue versioni migliori, quello che non ha saputo fare nel corso dell’ultima stagione, quando il problema è stato subire l’iniziativa degli avversari, concedendo troppo e creando troppo poco. Questo dovrebbero capire gli ultimi giapponesi rimasti: l’essenziale nello sport è giocare bene. Non aiutano le polemiche contro il bel calcio, ritenuto il circo, perché sono battaglie ideologiche, sterili e faziose. Prendete il Barça di Guardiola: quella squadra viene identificata come la squadra migliore per qualità del gioco, ma ci si dimentica troppo spesso la forza difensiva, la tenuta mentale di quella formazione. Lo stesso avviene nel basket, dove Golden State viene ritenuta colpevole di aver trasformato questo magnifico sport in una lotta a chi prende e realizza più tiri da tre, tralasciando la grandissima organizzazione difensiva della squadra di Kerr.

Queste due formazioni hanno semplicemente realizzato un gioco che permette loro di esaltare le caratteristiche dei propri giocatori. È riuscito a farlo la Juventus nel corso dell’ultimo anno (e anche in quello precedente)? La mia risposta è la stessa di qualche mese fa, ma è la società che sembra voler orientare la propria scelta abbracciando un progetto tecnico più in linea con le qualità dei calciatori in rosa. Funzionerà? Non lo sappiamo, perché non abbiamo la palla di cristallo. Nessuno può saperlo, ma poggio la mia opinione su un pilastro: se la Juventus riuscirà a giocare bene, la stagione sarà più che soddisfacente, partendo da una rosa nettamente superiore. E magari alcuni problemi emersi, come la rifinitura, potranno essere risolti con idee e principi di gioco diverso. Questo è lo stesso pilastro dell’estate 2014, quando Allegri era il male assoluto.

Come tutti, chiaramente, mi auguro che il prossimo allenatore sia Pep Guardiola. Perché sarebbe in linea con la manifesta volontà di essere al top mondiale entro il 2024 anche a livello commerciale. Tralasciando per un attimo il discorso tecnico, Guardiola e Cristiano Ronaldo alla Juventus sarebbe il massimo per la visibilità del brand ed è un fattore imprescindibile al mondo d’oggi; giocare bene, vincendo e facendo un po’ divertire, permettendo a CR7 di segnare molto di più sono elementi che consentirebbero una percezione all’esterno, specialmente all’estero, diversa rispetto a quella attuale.

Riaprendo twitter, però, non ho trovato solo la guerra tra bel gioco vs risultato. Mi sono ritrovato le minacce di galera dei due guru Caressa e Zazzaroni, giornalisti sportivi che attaccano il web, una classe autoreferenziale che in troppi elementi resta e vive nella convinzione di essere migliore. Non si accorgono, però, che dileggiando altri giornalisti e mettendosi a lottare nel fango gli schizzi maggiori finiscono su di loro. E non sono vestiti in bianco.

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