Mercato, gli scenari per la Juventus

Cosa può ancora fare la Juventus in ciò che rimane del mercato estivo 2019-2020? E come spiegare alcune cessioni che tecnicamente sembrano impoverire la rosa a disposizione di Maurizio Sarri? Uno sguardo ai conti e ad alcuni indicatori economici può essere d’aiuto per orientarsi. Il numero da guardare con attenzione è il 70. Il 70 per cento, per la precisione. Prima di spiegare la rilevanza di questo numero, però, occorre riavvolgere il nastro alla storia recente e considerare la crescita economica del club sotto la gestione Agnelli-Marotta.

Al momento dell’addio dell’ex a.d. Marotta a ottobre 2018 si è a più riprese sottolineato la grande crescita dei ricavi sotto la sua gestione. Una crescita frutto di vittorie, di introiti legati allo stadio di proprietà, del progressivo aumento di valore del parco giocatori e di una gestione del mercato capace di realizzare grandi plusvalenze (si pensi ad esempio a quella legata alla cessione di Paul Pogba). Nel 2011, prima del filotto degli otto scudetti consecutivi, i ricavi della Juve non arrivavano a 200 milioni. A oggi sono più che raddoppiati. Ma non bastano ancora per agguantare le big europee. Quest’anno l’obiettivo è di arrivare a 500 milioni, una cifra alta per il calcio italiano ma ancora ben lontana da quelle di Real, Barca e altri colossi che si avvicinano al miliardo di euro. Ma come fare? Una via è fare il meglio possibile in Europa, in modo da massimizzare gli introiti legati ai risultati e all’avanzamento nella competizione, che aumentano di conseguenza quelli legati al market pool e alla posizione nella classifica decennale che assegna dal 2018 una fetta consistente di premi in denaro. Un’altra via, non certo alternativa ma complementare, è quella di aumentare il valore del marchio. L’acquisto-investimento di Ronaldo andava certamente in questa direzione e che si siano fatti passi avanti lo dimostra il nuovo accordo con Adidas che ha più che raddoppiato gli incassi da questa stagione al 2027 (51 milioni annui contro 23,25 del vecchio contratto, per altro più breve). Ma, ancora una volta, è il confronto a livello europeo che mette le cifre nella giusta prospettiva. Il Barcellona da Nike di milioni di euro annui ne prende 155, frutto di un accordo che probabilmente verrà rivisto al rialzo.

Detto questo, quello che diversi osservatori stanno valutando per capire il mercato della Juventus è il rapporto tra il costo della rosa e i ricavi complessivi attesi. E qui torna quel 70% di cui sopra. Se quel rapporto tra costi della rosa e ricavi si attesta tra 50 e 70 per cento è considerato virtuoso: è quello che pensano ad esempio a Barcellona, che cerca sempre di muoversi in questi parametri per valutare la sostenibilità del parco giocatori. Ovviamente grandi ricavi come quelli dei blaugrana al denominatore di questo rapporto aumentano molto le possibilità del numeratore, ovvero la capacità di investire e mantenere in rosa giocatori forti e costosi. Secondo i calcoli di Calcio e Finanza, per la Juve questo rapporto dopo il mercato 2018-19, quello dell’arrivo di Ronaldo, era al 57%: 345 milioni erano i costi legati alla rosa, 601 milioni i ricavi totali, comprensivi di ricavi caratteristici (460 milioni), plusvalenze (117 milioni) e incassi da prestiti (23,5 milioni).

Al momento, dopo le operazioni del mercato estivo 2019, la Juve ha un costo totale legato alla rosa stimato sui 415 milioni. Assumendo che a giugno 2020 i soli ricavi caratteristici raggiungano l’obiettivo dei 500 milioni e senza tenere conto di tutte le plusvalenze fatte finora e fino alla fine del mercato, il rapporto con i numeri attuali (9 agosto 2019) si attesterà intorno all’80%, quindi ben oltre la soglia critica del 70%, facendo suonare le campane d’allarme sulla reale sostenibilità di questo organico. Come suggerisce Calcio e Finanza, la Juve potrebbe anche decidere di non risolvere subito questo problema, sfruttando altre finestre di mercato. Cionondimeno, rimane l’idea che per abbassare questo rapporto o si alzano i ricavi al denominatore (anche tramite plusvalenze e prestiti) e/o si diminuiscono i costi dell’organico al numeratore. Visto che non è realistico immaginare un drastico aumento dei ricavi la via più percorribile è quella di alleggerire il costo della squadra e vendere calciatori a buone cifre. Ecco spiegato l’affare con il City per Cancelo, ceduto a 65 milioni, cifra che consente di mettere a bilancio un’altra plusvalenza (28,6 milioni) dopo quella di Kean (22,5) e anche quella di Spinazzola (26,6), che però potrebbe essere imputata al bilancio 2018-19.

Facendo riferimento a questi numeri si capisce quindi in modo abbastanza chiaro perché si sia parlato a lungo di una cessione di Gonzalo Higuain, la cui stagione travagliata tra Milano e Londra ha complicato le strategie bianconere decise a luglio 2018 in occasione della maxi-operazione con il Milan che coinvolse anche Bonucci e Caldara. In quell’affare la Juve pareva aver trovato la chiave per liberarsi di un giocatore in quel momento ai margini del progetto e dall’ingaggio impegnativo. Ora la Juve invece si ritrova punto e a capo, con un calciatore che costa 32 milioni di euro annui tra stipendio lordo e ammortamenti: solo Ronaldo (86 milioni) ha un impatto maggiore sui conti. Al terzo posto di questa classifica dei costi troviamo il neo acquisto Matthijs de Ligt (26 milioni annui), seguito da Douglas Costa (22 milioni) e Paulo Dybala (18 milioni), di poco davanti a Bonucci (17 milioni). La cessione di Dybala, per ora bloccata ma molto discussa in questi giorni, può essere letta in questi termini: realizzando un’importante plusvalenza aumenterebbero i ricavi e al tempo stesso si abbasserebbero i costi della squadra. Due piccioni con una fava. Ma il sacrificio di Dybala sul mercato non basterebbe, soprattutto nell’ottica di uno scambio con Mauro Icardi (e relativo ingresso nella “classifica dei costi”) di cui si parla da mesi. Di fatto un altro big al posto di Dybala, plusvalenza legata all’argentino a parte, non diminuirebbe in modo significativo il rapporto costi/ricavi. Ecco quindi che se scambio sarà le partenze dovranno essere altre, e non basteranno quelle di giocatori ai margini del progetto tecnico come Pjaca (8 milioni di costo annuo per la Juve) e Perin (7 milioni). Un nuovo big realisticamente potrà arrivare solo se partiranno tanti giocatori oltre a un big: gli indiziati principali sono Mandzukic (11 milioni di costo annuo) e Khedira (7,5), ma bisognerà anche vedere a quali cifre la Juve saprà venderli. Uno dei nomi circolati in questi giorni per le cessioni è quello di Daniele Rugani: può essere ceduto a cifre interessanti generando plusvalenza, anche se alleggerirebbe di poco il costo della rosa, visti i suoi 5,7 milioni annui di costo sul bilancio 2020.

Uno sfoltimento della rosa pare inevitabile, sia per un discorso numerico, che per quello di peso a bilancio. Un altro parametro da considerare in effetti è anche quello dei posti della lista Champions che, ora come ora, richiederebbe a Maurizio Sarri decisioni molto difficili ed esclusioni eccellenti. La chiusura del mercato inglese limiterà il raggio di azione di Paratici e quindi suggerisce un paio scenari. Il primo è qualche scambio eccellente o la realizzazione di cessioni importanti a buone cifre che consentano una piccola rivoluzione in attacco. Il secondo è invece che tutto resti com’è con qualche cessione anche a cifre molto basse, o svincoli come successo con Fernando Llorente, con l’unico obiettivo di sfoltire la rosa e alleggerire quanto possibile il monte ingaggi e i costi.

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