Quale evoluzione per Bernardeschi?

Alla sua terza stagione in maglia bianconera, Federico Bernardeschi non ha ancora trovato la sua dimensione (tecnica e tattica), mostrandosi a volte delizia e altre, più spesso, croce per i tifosi juventini.

Arrivato a Torino nell’estate del 2017 dopo essere cresciuto alla scuola di Paulo Sousa, l’ex talento della Fiorentina ha faticato forse più del previsto ad imporsi. Come detto, i fattori che ne hanno rallentato la crescita sono sia di natura tecnica che di natura tattica. Dal primo punto di vista, il ragazzo nativo di Carrara non è ancora riuscito a compiere quello step che separa un buon giocatore ad essere un giocatore pronto per la Juve, cioè un club che è stabilmente fra i primi in Italia e ambisce ad un ruolo da protagonista permanente in Europa. Finora non ha brillato per produzione offensiva, né per le doti – comunque presenti – di rifinotore.

Per quanto concerne invece il discorso tattico, Bernardeschi è arrivato in bianconero come esterno offensivo, preferibilmente a destra, posizione dalla quale può tagliare centralmente per sfruttare il suo piede mancino in sede di assist o per tirare direttamente in porta. In questo senso, il contesto tattico fluido ma tendenzialmente reattivo costruito da Allegri sembrava poter favorire l’inserimento del talento azzurro e lo sfruttamento delle sue qualità non solo di palleggio ma anche atletiche, poiché le grandi capacità organiche di Bernardeschi gli consentono di rimanere lucido per tutti i 90 minuti (tanto è vero che Sousa alla Fiorentina lo utilizzava praticamente da tornante a tutta fascia).

Invece, come evidenziato in apertura, le prestazioni del numero 33 bianconero sono risultate altalenanti. Paradossalmente (o forse no?), alcune delle migliori prestazioni offerte da Bernardeschi nelle scorse annate sono risultate essere quelle nelle quali si è trovato ad agire in campo corto e in un contesto tattico proattivo, come avvenuto nella sfida di ritorno in Champions contro l’Altlético o in nazionale, dove il c.t. Roberto Mancini ha cercato di utilizzarlo spesso in isolamento uno contro uno sull’esterno o addirittura negli intasati spazi a ridosso dell’area di rigore avversaria. Tutto questo sembrava quindi rappresentare il viatico ideale per l’esplosione di Bernardeschi al momento dell’arrivo di Maurizio Sarri alla Juve, vale a dire di un tecnico fautore di un gioco costantemente propositivo, ricco di combinazioni sullo stretto in zona di rifinitura e, soprattutto, a partire da un modulo 4-3-3.

Invece, a causa di una serie di circostanze sulle quali non torniamo in questa sede, il nuovo allenatore juventino ha deciso per ora di affidarsi ad un 4-3-1-2 che penalizza i giocatori di fascia. In questo contesto, la scelta di Sarri per Bernardeschi è stata quella di spostarlo nella posizione di trequartista alle spalle delle due punte. Chiamato a giocare fra le linee partendo dalla stessa zona 14 (quella collocata idealmente a ridosso dell’area di rigore avversaria) e non più arrivandoci con tagli a partire da destra, il nazionale azzurro ha mostrato tutte le proprie difficoltà nel ricoprire una posizione che richiede grande abilità nel controllo orientato e nella corretta postura del corpo, per non ricevere palla completamente spalle alla porta ed essere così più facilmente preda della pressione rivale. In questo, le sue lacune tecniche sono state un fattore importante per spiegare le prestazioni negative in fase di possesso.

Così, nonostante il contributo in fase difensiva (Bernardeschi è sempre stato generoso nel portare pressione sul play avversario) e nonostante un contributo alla fase di possesso un po’ sottostimato dalla critica (con lui in campo la Juve ha finora registrato un differenziale di + 6.9 fra xG concessi e quelli subiti) il rendimento del 25enne toscano è risultato ancora una volta al di sotto delle attese.

Un futuro da mezzala?

Nella recente conferenza stampa precedente alla partita col Cagliari, Sarri ha parlato dell’ipotesi di utilizzare Bernardeschi da mezzala, posizione nella quale il calciatore ha già fatto delle uscite sia con Allegri che in nazionale. In quella posizione, soprattutto contro squadre che difendono basse, la forza fisica e la qualità di Bernardeschi potrebbero essere utili, soprattutto in una zona del campo dove la Juve di Sarri ha mostrato proprio di avere un deficit qualitativo per proporre con costanza ed efficacia la propria fase di palleggio.

Siccome le mezz’ali in un 4-3-1-2 devono coprire porzioni di campo ampie, Bernardeschi aiuterebbe la fase di rifinitura sulla trequarti avversaria, combinando con trequartista e attaccanti, ma potrebbe anche abbassarsi vicino a Pjanic per aiutare l’uscita bassa della palla dalla linea arretrata. Le sue doti associative potrebbero quindi trovare collocazione all’interno di questa nuova struttura tattica.

La sensazione è comunque quella che uno spostamento del ragazzo in mediana rappresenti, a meno di un ritorno al 4-3-3, una delle ultime possibilità di dimostrare la sua adattabilità ad un contesto di livello superiore come quello della Juventus.

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