Il sogno Guardiola

Vorrei dedicare questo post a chi ha creduto a Pep Guardiola allenatore della Juventus 2019/20. Lo farò raccontandovi i miei ultimi due mesi.

Sono sempre stato scettico sulla conferma di Allegri post-Ajax, anche dopo aver sentito le parole di Agnelli in tv. Ricordo telefonate notturne con Guido Vaciago: “Antonio, guarda che l’ha detto veramente, davanti a me. Sicuro al 100%? Sicuro”. “E ora come faranno a fare il contrario senza far apparire la dichiarazione di Agnelli una bugia?”. L’ho detto nei podcast post-Ajax. “Sì, Agnelli ha confermato e la posizione ufficiale è quella, però…”, “Tecnicamente dire che ha un contratto non vuol dire resta…”, fino al mantra di quelle settimane, che ripetevo in ogni occasione: “Se non rinnova, non resta, quindi la conferma verbale non ha alcun valore, non è sufficiente”. Più passavano i giorni, più non mi sembrava possibile.

Il 30 aprile, dopo che le voci su un possibile arrivo di Pep Guardiola al posto di Allegri (ancora sotto contratto) iniziavano a prendere piede e ad infiammare i nostri cuori, ho scritto un Tweet “sarà un italiano”. Un tweet per me difficile, perché era da un bel po’ che non “cinguettavo” in maniera così diretta, netta, inequivocabile. Era quello che avevo raccolto, giusto o sbagliato che fosse (giusto, pare). Non sono un giornalista, ma conosco giornalisti, ho una rubrica telefonica abbastanza numerosa e quelle erano le mie notizie.

Nelle chat Telegram di AterAlbus, a inizio maggio, ho indicato il giorno 15 come “il d-day di Allegri”. Con lo staff lo chiamavamo scherzosamente così. “Aspettiamo fino al 15, vedremo”. Entro quella data, per me avremmo saputo il destino di Allegri. Il 15, effettivamente, spaccato, c’è stato il primo incontro che ha portato poi 2 giorni dopo al comunicato di licenziamento. Casualità, fortuna, coincidenza. Ma anche un ragionamento logico evidentemente corretto.

Il 16, il giorno prima dell’addio ad Allegri e il giorno dopo il mio d-day, mentre molti scrivevano “Allegri resta” (pare la decisione sia stata davvero sofferta, e un tentativo di “recupero” in extremis sia stato incoraggiato), vi ho proposto un giochino su Twitter su chi avrei scelto come allenatore. Era Sarri, avrei scelto Sarri. Niente rinnovo.

Non sono giornalista, come detto, ma un mix di fonti, logica e guessing mi aveva spinto a pensarlo (il suo nome non era ancora accostato prepotentemente alla Juve: era il periodo in cui si sfogliava la margherita con 8-9 nomi tra cui De Zerbi, Jardim e Giampaolo). Diciamo che dopo tanti anni a parlare e scrivere di Juve, ho provato ad immedesimarmi nei dirigenti e a ragionare come loro.

Il giorno prima dell’annuncio ufficiale sul sito Juventus, sabato, vi ho infine anticipato di qualche ora l’ufficialità dicendo che stavano scrivendo sul sito l’articolo di benvenuto a Sarri ponendo così, di fatto, la parola fine sulla questione (almeno per quanto mi riguardava).

Perché vi ho ricordato queste cose? Per dimostrare come abbia “lavorato” bene? No, non è per quello, non è neanche il mio “mestiere”. Lo faccio per togliermi insieme a voi uno strano senso di colpa. Perché, nonostante tutto, nonostante sia pieno di screenshot di sms con Fabio Paratici dove Guardiola veniva smentito anche seccamente, nonostante ho scambi di informazioni anche dettagliate con alcuni giornalisti, nonostante praticamente tutti mi dicessero di Sarri e addirittura nonostante sapessi di Martusciello da alcuni giorni (e ad alcuni giornalisti ho anche mandato un whatsapp suggerendo di indagare su quel nome)… alla fine un po’ ci credevo.

Ci ho sperato, più che altro. Ero “giapponese” anche io (e lo rimango tutt’ora: sotto con Pogba!) e, in cuor mio, lo sono stato fino alla fine. Speravo in una sorpresa, in una sentenza, in un colpo di coda!

La cosa straordinaria di quest’estate, che ricorderò, è proprio questa. Nonostante mille evidenze, tante prove raccolte, tante rassicurazioni, tutta la stampa sportiva convinta, qualche smentita pure ufficiale e tutti i riscontri personali che andavano nella direzione Sarri, l’idea di Guardiola è stata talmente affascinante da avermi (e da averci) rapito.

Non importa neanche più se sia sfumata all’ultimo, se sia esistita, se sia tramontata sul nascere. Non è quello il punto, non di questa riflessione almeno. Il punto è che non ci dobbiamo sentire in colpa per aver creduto e sognato una cosa meravigliosa. È stata un’impressione di eccellenza che ci ha rapiti e travolti, una “droga” che ha proiettato la nostra mente verso un’idea di “perfezione”, di numeri uno, di top mondo. La terra promessa dove Andrea Agnelli ha detto di volerci portare, un giorno. Non oggi.

Buon lavoro a Maurizio Sarri e buona stagione a tutti.

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