30a Serie A: Napoli-Juventus 1-1

di Andrea Lapegna


La Juventus strappa un punto utile a Napoli, ma gioca un match opaco. Errori tecnici e pressione dei partnopei le chiavi dell’incontro.


[mks_dropcap style=”square” size=”52″ bg_color=”#F2F2F2″ txt_color=”#000000″]L[/mks_dropcap]a pausa delle nazionali ha sempre fornito l’occasione a giornali e popolo per parlare liberamente di calcio senza avere la puntuale smentita del campo. Solo per questo possiamo considerarla un evento nefasto, anche se al sottoscritto la Nazionale piace anche da seguire. In particolare quando c’è uno scontro diretto o comunque una partita di cartello, quello che dovrebbe essere un semplice contorno al gioco del calcio diventa piatto unico e principale degli appassionati. L’importante però è che poi ci ricordiamo di far parlare il campo, che trovo molto più competente di noi tutti.

In campo, Allegri deve attingere a piene mani dalla fantasia toscana, perché la sosta ha ripopolato l’infermeria bianconera. Dybala non è al meglio, ma Bauza – bontà sua – non l’ha utilizzato con l’albiceleste. Mandžukić ha accusato un problema non meglio identificato al ginocchio. E soprattutto, Pjaca ha rimediato in Estonia un ginocchio ridotto a puzzle, per il quale speriamo di rivederlo alla fine dell’anno. Solare. In attacco rimane solo Higuaín, alle prese con la sindrome da ex in quel di Napoli, ma comunque “sereno”. Il 4-2-3-1 viene così riproposto con interpreti diversi: Lichtsteiner e Asamoah riprendono il suo posto da terzini, in mezzo Pjanić scala al vertice del triangolo di centrocampo lasciando un vertice della base a Marchisio; ai lati, Lemina e Mandžukić. Il tutto, in considerazione sia dello stato di forma e salute, sia del fatto che ci sono partite più importanti da giocare a breve.

Sarri invece ha a disposizione l’intera rosa, ma deve fare i conti con la condizione fisica non ottimale di Arkadiusz Milik, ancora non al meglio dopo il grave infortunio autunnale e ancora in panchina in favore di Dries Mertens, e del capo villaggio Pepe Reina (motivi personali, in bocca al lupo), sostituito da Rafael. L’unica casella rimasta aperta nel 4-3-3 di Sarri, quella di mezz’ala destra, viene presa da Allan, mentre la vera sorpresa è vedere Strinić nel ruolo di Ghoulam.

Nella conferenza stampa in vista del big match (ma sarebbe potuta essere una qualsiasi altra partita), Sarri ha ribadito che il suo Napoli sa esprimersi al meglio solo recitando lo stesso spartito. Non sa invece modellarsi sull’avversario, preferendo cercare di imporre il proprio contesto di gioco. La Juventus cerca invece di ostacolare il gioco di Sarri all’inizio orientando Higuaín tra Koulibaly e Raúl Albiol, avanzando Pjanić su Jorginho e lasciando le ali a coprire il corridoio interno per le mezz’ali. Entrambe le squadre si preoccupano di mantenere la compattezza sia verticale che orizzontale, indirizzando l’azione avversaria sugli out.

https://vimeo.com/211273364

In questo video, tutto quello che c’è da sapere sui primi minuti di gioco che delineao i binari della partita

La presenza di Lemina nell’undici iniziale regala invece due forti indizi su come Allegri voglia giocarsi la partita. Il primo, di facile lettura, è l’intenzione di vincerla facendo girare l’inerzia dell’incontro con i cambi: tenere in panchina “spaccatori di partite” come Alex Sandro (ala alla bisogna), Dani Alves, Cuadrado e Dybala può essere letta anche in quest’ottica, oltre a risparmiare gli ultimi tre, reduci comunque da decine di migliaia di chilometri di aereo. Pazientare, e colpire. Il secondo indizio è che per contrastare il lato forte del Napoli ci sia bisogno di fisicità: rimpolpare quel lato del campo vuol dire quindi provare a smantellare i triangoli di costruzione della squadra di Sarri. In più – se al meglio – Lemina ha comunque il passo per strappare palla al piede, qualità rara in questa Juventus.

Ad ogni modo, il 4-2-3-1 di ieri sera è una versione col freno a mano tirato, vuoi per terzini più classici nell’interpretazione del ruolo, vuoi perché manca l’estro di Dybala e la scuola circense di Cuadrado ad illuminare il terzo di campo avversario. Ciononostante, nelle fasi posizionali (peraltro rare nella prima frazione), quando subisce il palleggio del Napoli, rimane improntata sul 4-4-1-1 cui ci ha abituati Allegri. In questo senso vanno spese parole per elogiare il sacrificio di Pjanić, che si è calato con sovietica abnegazione nel ruolo di Dybala (seppur con alcune differenze sostanziali di posizionamento).

La Juventus chiude i mezzi spazi tra centrocampo e difesa. L’azione si concluderà con un passaggio forzato e un recupero palla da parte di Pjanić (uno dei tanti).

A dire il vero il piano del Napoli è stato guastato – almeno inizialmente – dai ritmi alti e da alcuni criteri di gioco imposti dalla Juventus. Tra i bianconeri la ricerca di un palleggio ragionato ha lasciato spazio ad una conduzione di palla più verticale, con il dichiarato intento di far difendere il Napoli all’indietro, specialità poco gradita in quel di Fuorigrotta. Da una di queste situazioni è nato il gol del vantaggio. Le giocate in diagonale a tagliare il campo sono state un espediente molto ricercato, e anche il lancio di Bonucci per Mandžukić ha trovato costante applicazione (rivedibile, invece, l’opportunità di quello sull’asse opposto Chiellini-Lemina…). 

Il vantaggio firmato Khedira ha saputo enfatizzare le caratteristiche di entrambe le squadre. Se la gara della Juve doveva, almeno sulla carta, essere di paziente attesa, il gol ha rassicurato la squadra e l’ha invogliata a far giocare il Napoli. In vantaggio, in trasferta, con 8 punti di scarto sulla seconda e dinanzi ad una squadra vogliosa di creare gioco, era la situazione ideale per abbassare baricentro e ritmi. Il Napoli dal canto suo ha invece dovuto gioco forza cercare di alzarli, rimasti confinati ad un giro palla troppo lento per i primi 20 minuti, velocizzando al contempo anche la pressione sulla difesa della Juve.

https://vimeo.com/211283462

La pressione del Napoli è stato uno dei macrotemi dell’incontro. L’organizzazione e la determinazione con cui è stata portata hanno spesso costretto la Juventus al gioco largo o se non proprio al lancio lungo. Col senno di poi, le defezioni dei due terzini brasiliani sono state pagate a caro prezzo. 

Il pressing è stato unito ad una circolazione migliore, che ha intimorito i bianconeri. Le posizioni medie della Juventus nel primo tempo quando la palla è agli avversari sono un’utile cartina tornasole: bassi (baricentro finale di appena 42 metri) e decisamente orientati a destra per difendere il lato forte (fortissimo) dell’attacco del Napoli.

Il canale di sfogo di questa circolazione più o meno veloce è stata in effetti la fascia sinistra, dove sul finire del primo tempo Insigne ha saputo rendersi pericoloso più volte. Lemina preferiva seguire Hamšík in traccia interna, e sia Bonucci che Lichtsteiner hanno particolarmente sofferto la mancanza di campo alle proprie spalle sulle iniziative del numero 24 partenopeo. Accorciare sull’avversario li ha esposti a dribbling, finte e scarichi laterali, e per fortuna della Juventus il suo mirino non è stato preciso come d’abitudine.

Il secondo tempo si apre con lo stesso copione del primo. Lasciato sfogare il Napoli però, ci si sarebbe atteso un cambio di passo da parte della Juventus, e probabilmente era anche l’intenzione di Allegri. Le squadre di Sarri soffrono in genere un calo fisico nell’ultimo quarto di incontro, e la Juventus avrebbe potuto (e voluto) giocarsela negli spazi. Invece, continuava a soffrire le iniziative del Napoli. Bonucci era costantemente chiamato ad uscire su – a turno – Hamšík e Insigne, ma Lichtsteiner è rimasto a lungo indeciso se stringere la posizione coprendo il compagno, oppure se tenere il lato destro contrastando Strinić  (o Insigne quando largo). I due centrocampisti erano troppo timidi nelle uscite in ampiezza, e Lemina pigro nel seguire il terzino avversario. In questo contesto il gol era quantomeno pronosticabile.

Nella bella azione del Napoli, notare come all’inizio è Lemina a prendere il movimento esterno-interno di Hamšík. Poi, quando lo slovacco ha scaricato e andrà ad attaccare la profondità Marchisio sembra deciso a seguirlo ma, benché avesse visto l’uscita (maldestra) di Bonucci, lo lascia, forse confidando in una salita della linea difensiva per metterlo in fuorigioco.

Tra il primo e il secondo cambio (Cuadrado per Lemina e Dybala per Marchisio), Allegri ha preferito occupare il campo specularmente al Napoli, chiedendo a Pjanić di abbassare il proprio raggio d’azione. Nonostante i cambi, la Juventus ha continuato a patire una circolazione bassa poco lucida. L’impoverimento tecnico portato dalla formazione iniziale ha sovraccaricato il solo Bonucci delle iniziative con il pallone, ma due fattori ne hanno limitato l’efficacia. Il primo, è stato il pressing intenso da parte del Napoli, sulla falsariga del primo tempo. Il secondo invece è stata la scarnezza di soluzioni a sua disposizione. Con Pjanić più lontano e Asamoah e Lichtsteiner accanto, i porti sicuri dove mandare il pallone erano sostanzialmente le vie centrali, ch erano tuttavia ben presidiate dagli avversari. Troppo poco mobile Marchisio per provare a imbastire da lì, troppo macchinoso Khedira nello scendere a ricevere, girarsi ed alzare la testa (d’altra parte non è che gli si può chiedere tutto…). Banali errori di costruzione o scelte poco felici da parte di Asamoah, Lichtsteiner e Chiellini hanno rischiato di far saltare il banco e le coronarie dei tifosi.

Oltre ad un pessimo giro palla basso, un altro limite alle velleità della Juventus è stato il ruolo di Lemina. Se nelle intenzioni il gabonese avrebbe dovuto agire più vicino a Pjanić per facilitare il dialogo e le ripartenze, nella realtà delle cose le capacità di decision-making dell’ex OM si sono rivelate inopportune, confermando – ahinoi – un’involuzione del giocatore rispetto allo scorso anno. Gli ingressi di Cuadrado e Dybala avrebbero dovuto portare a consolidare il possesso della metà campo avversaria, ma i già citati problemi di costruzione e il nuovo contesto di gioco hanno inibito leloro possibilità.

Alla fin fine, è un punto che serve più alla Juve che al Napoli, perché ci permette di tenere a distanza di sicurezza la Roma, mentre la squadra di Sarri deve guardarsi le spalle da una lanciatissima Lazio (e settimana prossima c’è lo scontro diretto). Ed è (anche) con queste partite di sofferenza che si vincono gli scudetti, ma di certo alcune scelte vanno riviste. Le seconde linee tutte insieme non possono garantire la stessa pulizia di palla, ma è mancata anche la reattività difensiva, in qualche frangente addiritura in balia dei triangoli stretti del Napoli. In vista della partita di Coppa, chiaramente più importante di quella di ieri, è lecito attendersi un’interpretazione del game plan differente, più proattiva anche nella difesa bassa. Con il pieno recupero di titolari stanchi o acciaccati (Dybala su tutti), rimaniamo fiduciosi che dalla partita di ieri si possano tirare lezioni importanti.

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