Allegri e la Juventus malata

No, non è semplice.

Non è così tutto semplice.

La Juventus riparte da un quarto posto raggiunto all’ultima gara grazie al suicidio del Napoli e al termine di una stagione in cui è stato costruito davvero poco e ancora meno è rimasto. Il mercato ha portato in dote un centrocampista di valore come Locatelli (qui la sua scheda) e una giovane speranza quale Kaio Jorge (qui la sua scheda), ma le aspettative e le attese maggiori sono chiaramente da individuare nel ritorno di Massimiliano Allegri, eletto da Andrea Agnelli per riportare la Juventus alla vittoria superando le difficoltà, il dottore per far guarire la squadra, giudicato dalla società non imputabile per lo stato in cui si trova.

Problemi che si sono presentati alla prima di campionato, così come le amichevoli avevano già palesato una situazione in cui i limiti si toccano con mano. Il pareggio di Udine serve a smontare diversi luoghi comuni degli scorsi anni.

Allegri ama difendere in campo piccolo e attaccare in campo aperto. Nulla di male, è una sua legittima scelta per raggiungere l’obiettivo e per noi conta solo l’efficacia dell’atteggiamento della squadra. Difendersi nella propria trequarti è complicato, non è facile come tanti hanno sostenuto, quando invitavano Sarri e Pirlo ad abbandonare il pressing per chiudersi nella metà campo. Lo devi saper fare, devi mantenere una intensità e una concentrazione che non abbiamo, devi muoverti con le linee con velocità e tempismo, mantenendo lucidità e aggressività. E devi avere gli uomini adatti per poterlo fare: non abbiamo Vidal e Marchisio, Allegri dovrà insegnare a Rabiot e Locatelli come si difende negli spazi stretti, due abituati a difendere correndo in avanti.

No, non basta mettere un difensore in più per vincere le partite. “Ah, c’era Allegri, passava a 3 e la portava a casa”. No, perché devi saperti difendere (vedi sopra) e noi non lo sappiamo ancora fare. All’Udinese abbiamo concesso, anche dopo il gol iniziale di Dybala, quando la squadra ha voluto abbassarsi con l’intento di blindarsi e ripartire. Non ci siamo ancora, la difesa posizionale è ancora fragile e persino l’Udinese è riuscita ad attaccarci con efficacia affrontandoci a difesa schierata.

Attaccare in campo aperto è difficile. Devi avere i riferimenti avanzati e devi avere idea di cosa vuoi fare quando recuperi il pallone. No, non basta affidarsi alle iniziative individuali. La Juventus ha attaccato bene in verticale specialmente nel primo tempo, ha gli uomini per poter attaccare in transizione. I centrocampisti dovranno essere bravi ad aprire il campo e verticalizzare, gli attaccanti e gli esterni a muoversi nello spazio coi tempi giusti. La qualità bianconera è talmente alta che nel secondo tempo, giocato male, è riuscita a colpire due volte il legno e vedersi annullato il gol vittoria per fuorigioco.

La Juventus non possiede elementi per superare il pressing avversario. Abbiamo visto diverse volte giocatori costretti a lanciare nel vuoto la palla, perché non potevano fare altro. Possiamo passare una stagione a spazzarla sempre perché non in grado di usare a nostro favore la pressione avversaria? Lo suggerisce la stessa logica che se ti difendi nella tua metà campo avrai avversari che proveranno a riconquistare il pallone appena perso; dovremo quindi avere gli strumenti per reggere e usare a nostro favore il contro pressing. Mi rifiuto di pensare che Allegri voglia la palla lanciata alla viva il parroco, sempre e comunque. Di certo abbiamo giocatori pigri e discontinui nel dare con costanza appoggi al giocatore al pallone ed è difficile immaginare che questa lacuna possa migliorare con Allegri, proprio per quanto fatto vedere nella sua precedente esperienza bianconera, ma è lecito aspettarsi un ripetersi di quanto di buono fatto vedere nel primo tempo con gli inserimenti delle mezzali, una punta ad attaccare la profondità.

No, non è colpa della costruzione del basso, dei sofismi di Sarri e Pirlo, della rivoluzione culturale portata avanti da Paratici e dei due allenatori. La costruzione è un’arma scelta da diverse squadre per chiamare il pressing avversario per poi colpirlo alle spalle. Non piace? Ok. Rischioso? Anche. Può essere efficace? Lo è, sì, se fatto bene. Nell’azione del secondo gol è un retropassaggio eseguito anche malamente da Chiellini dettato da una squadra che non sa cosa fare per superare il pressing se non lanciarla lunga o darla al portiere. Doveva spazzare? Sì, come Evra, ma devi essere lucido per poter fare la scelta giusta.

Due opzioni per giocare. De Ligt che si avvicina, apertura su Cuadrado. La terza è palla lunga. Da notare come Bonucci e Chiellini siano fermi e Danilo, seguito a uomo come avvenuto su Ramsey su felice intuizione di Gotti.
Qui tutti lontani. Il primo controllo non è felice ed è quello che gli avrebbe permesso di servire in velocità De Ligt, pigro a non abbassarsi (o non invogliato, perché se lo fai e la calci lunga come sopra…) e solo Danilo in mezzo al campo.

E arriviamo agli episodi. Immagine 1? Prima del gol, la calcia lunga, nessun appoggio vicino (grazie all’amico Jacopo Azzolini per aver pescato questa situazione). Immagine 2? Sbaglia scelta. Ed è quindi evidente che nulla c’azzeccano concretezza, capricci, inutili ghirigori. In campo ci vanno i giocatori che devono avere gli strumenti per compiere con lucidità le scelte. L’obiettivo è quello di tendere a far pesare di meno gli errori dei singoli, a rendere meno pesanti gli episodi, soprattutto quando sei più forte.

“Il calcio italiano si è evoluto molto in questi 10 anni. Ci si preoccupa di più sulla qualità del gioco. Difendere bene non basta più. Il campionato italiano è un modello positivo in Europa. Si gioca bene.” Mourinho. Ed è una verità, la Serie A si è impoverita tecnicamente, ma ci sono sempre meno squadre passive e non in grado di produrre occasioni da rete. Il lavoro che spetta ad Allegri è difficile e complicato: dovrà creare la sua identità alla squadra, trasferire certezze ai giocatori, fornire loro strumenti per prendere la scelta coerente con i principi di gioco. Per un allenatore che ha poco di pre organizzato e molto nato sulle connessioni tra i giocatori in grado di riconoscere momenti e situazioni il compito è davvero arduo, perché la rosa della Juventus non è la stessa di 5 anni fa soprattutto a centrocampo.

No, quindi, non è così semplice.

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