Quarti di Champions League: Juventus-Ajax 1-2

Ajax e Juventus erano arrivate al ritorno sulla scia di un risultato ingannevole, che non garantiva sicurezze a nessuna delle due compagini, e quindi, con un esito finale tutto da scrivere, la partita si prospettava interessante. Se l’Ajax di Ten Hag è una squadra la cui filosofia è fortemente radicata nei suoi uomini, la Juventus di Allegri rappresenta l’esatto opposto. Un’incognita pronta a mutare la propria apparenza in funzione dell’avversario; un’arma a doppio taglio che da un lato consente di incentrare il piano gara su una strategia volta alla massimizzazione di potenziali situazioni favorevoli, nascondendo lacune nell’esecuzione di un’idea di gioco indipendente, e dall’altro rischia di esporre la squadra ad incertezze ed indecisioni collettive al sorgere di difficoltà o cambi di scenario.

Quindi, sposata la prospettiva di una gara giocata sui punti di forza dell’avversario (diversamente rispetto alla partita di Amsterdam, in cui la Juve è sembrata disposta a lasciare il possesso ai padroni di casa per attaccare in spazi larghi) Allegri ha schierato l’undici a disposizione che potesse proporre un atteggiamento il più aggressivo possibile. Emre Can ha quindi preso il posto di Bentancur, mentre De Sciglio e Dybala hanno sostituito Cancelo e l’infortunato Mandzukic.

L’aggressività della Juventus

In linea con le scelte, la Juventus ha prediletto una fase di possesso aggressiva. Di conseguenza ha cercato di avanzare il pallone in verticale per guadagnare campo e sviluppare velocemente il gioco dietro il primo blocco di pressione formato dal quartetto d’attacco nel 4-2-3-1 dell’Ajax. Una traccia particolarmente ricercata è stata quella che collegava Bonucci a Dybala, il quale veniva incontro ad occupare lo spazio liberato da De Jong, sovente portato fuori posizione da Bernardeschi.


Un’altra dimostrazione della verticalità bianconera. Emre Can porta palla rompendo due linee di pressione e serve Dybala.

Analogamente gli orientamenti sull’uomo senza palla dovevano servire anzitutto a limitare la principale fonte di gioco degli ospiti nel primo terzo di campo, Frenkie De Jong, il quale veniva presidiato da Dybala, e successivamente ridurre le distanze da coprire in confronto agli avversari per attaccare le seconde palle. Proprio la contesa delle seconde palle era stata uno dei principali duelli dell’andata, e una delle tante dispute che i lancieri hanno gestito come ordinaria amministrazione. Infatti, oltre ad una sorprendente reattività individuale, lo stretto legame tra la fase di possesso e quella di non possesso recitato dagli ajacidi ha rappresentato lo spartiacque. Le distanze ottimali in fase di possesso, che regalano al portatore di palla numerose soluzioni di passaggio a diverse altezze permettono all’Ajax di essere compatto e spesso in superiorità numerica intorno al punto di caduta del pallone, il che rende gli olandesi una squadra ostica da pressare per la moltitudine di assi nella manica.


Un duello aereo tra De Jong ed Emre Can. Da notare come i giocatori più vicini dell’Ajax circondino la zona di caduta del pallone come uno sciame d’api.

Nonostante ciò, la Juventus è riuscita ad ostacolare sia la costruzione che la riconquista della palla dell’Ajax, che trova maggior sfogo per vie centrali. Per questo la Juventus teneva i quattro difensori stretti e Can a ridosso della linea di centrocampo, in superiorità numerica contro gli attaccanti dell’Ajax, ed alzava i due attaccanti, Pjanic e Matuidi sul rombo laterale avversario. Inizalmente Matuidi si posizionava nell’half-space di sinistra, equidistante da Veltman ed il centro del campo sia per poter uscire aggressivamente sul terzino (sfruttando il vantaggio strutturale che presenta la linea laterale) che attaccare una potenziale seconda palla in zona centrale. Dybala e Pjanic, invece, presidiavano il centro, marcando De Jong e Schone, mentre Ronaldo si occupava della prima manovra di disturbo sul centrale destro; sul centrale sinistro usciva Emre Can. Tuttavia, se Dybala marcava Blind, allora era Pjanic a dover uscire su De Jong.


Da notare i due blocchi di giocatori. L’Ajax non sovraccarica inutilmente la zona di costruzione, scaglionandosi lungo il campo per poter offrire soluzioni di passaggio più vantaggiose e trovarsi intorno al pallone con abbastanza uomini da mettere in difficoltà il portatore di palla avversario. La Juventus invece mantiene la superiorità numerica in zona arretrata per poter attaccare una potenziale seconda palla con più uomini. Il principio generale è quello di posizionarsi in modo tale da avere più opzioni in entrambe le fasi.

Ad una fase di non possesso e riaggressione ben organizzata, è seguita però una fase di possesso alquanto disordinata, più efficace nella prima fase rispetto alle precedenti uscite, con frequenti ricerche del terzo uomo per liberare i centrali ed una maggiore calma sotto pressione, ma alla quale è mancata incisività nell’ultimo terzo di campo. L’assenza di Cancelo in questo senso ha sbilanciato la manovra della Juve a sinistra, con rari cambi di gioco verso De Sciglio per il tasso di pericolosità inferiore rappresentato dall’italiano. I miglioramenti in costruzione sono dipesi soprattutto da un incrementato supporto a Pjanic, non più isolato dalle corse in avanti delle mezzali, bensì coadiuvato da Emre Can, il quale presentava una soluzione sia da mediano in coppia con il bosniaco che da terzo centrale difensivo; oltretutto garantiva una protezione in transizione negativa che consentiva al numero 5 bianconero di alzare il proprio raggio d’azione. Inoltre, quando il tedesco si spostava sulla linea dei difensori, invitava Neres a seguirlo, liberando di conseguenza una linea di passaggio centrale.

Il secondo tempo dell’Ajax

Il contesto tattico dell’Ajax è rimasto invariato nel secondo tempo, eppure il livello di gioco è aumentato, anche grazie ad alcuni scompensi della Juventus. La forzata sostituzione di Dybala per Kean a causa di un infortunio dell’argentino e una recitazione del medesimo copione nonostante la differenza di caratteristiche tra i due attaccanti ha strappato alla squadra di Allegri una soluzione tra le linee per risalire il campo. Nonostante un paio di movimenti incontro del giovane attaccante italiano, la sua predisposizione ad occupare i due centrali e ad attaccare la profondità ha svuotato lo spazio alle spalle del centrocampo avversario e allungato la squadra. Inevitabilmente, ciò ha indirizzato il possesso dei padroni di casa verso l’esterno e solo l’accentramento di Bernardeschi già dopo essere passati in svantaggio ha riconsegnato alla Juventus una parvenza di ordine per attaccare in maniera più proficua.

Il posizionamento dei due esterni dell’Ajax (Neres e Zyech) alle spalle dei terzini bianconeri garantiva uomini fissi da servire nelle ripartenze, ed il progressivo sfilacciamento delle linee juventine dovuto alla necessità di trovare un secondo goal ha regalato campo libero all’attacco ajacide. Oltretutto, il passaggio al 3-5-2 successivo all’ingresso di Cancelo ha fatto sì che l’Ajax si trovasse in parità o addirittura superiorità numerica ogniqualvolta riusciva a superare la prima riaggressione della Juventus. Nella ripresa sono infatti state molteplici le situazioni in cui la difesa bianconera è stata costretta a tentare di contenere le ripartenze ospiti scappando all’indietro, ovvero in maniera completamente opposta alla strategia pre-stabilita. In particolare, gli inviti di pressione dell’Ajax con assidui passaggi a muro per liberare un giocatore con campo visivo più ampio e successivamente servire il terzo uomo in profondità, hanno colto diverse volte i difensori avversari alla sprovvista.  La rapidità di pensiero e di esecuzione, man mano che gli spazi aumentavano ha visto la struttura difensiva della Juve entrare sempre più in crisi, accorciata ed allungata come una fisarmonica, e risparmiata solamente da imprecisioni dei lancieri o recuperi difensivi all’ultimo respiro dei singoli bianconeri.

L’Ajax in due minuti e venti secondi.

A prevalere è stata la costanza dell’Ajax, la completa fiducia riposta in un modello di gioco, ripetuto tra alti e bassi lungo l’intera stagione ed ultimato via via. Un processo di crescita ininterrotto che ha portato una squadra di giovani tecnici a padroneggiare i princìpi del gioco di posizione ed a coniugarli dentro un contesto di vero calcio totale, in cui nessuna situazione prescinde dall’altra e nulla è lasciato al caso. In un’annata in cui l’imprevedibilità tipica di Allegri è scomparsa, è significativo che sia stata proprio una squadra in piena antitesi rispetto alla filosofia dall’allenatore livornese ad estromettere la Juventus dalla Champions League.

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