Semifinale d’andata di Coppa Italia: Juventus-Napoli 3-1

di Davide Terruzzi


La Juventus s’aggiudica la gara d’andata della semifinale col Napoli. Allegri tenta un esperimento che non ha dato i risultati sperati; nella ripresa riaggiusta la squadra e vince la partita.


La Coppa Italia è la classica competizione che in estate conta nulla. A Natale inizia essere un tiepido obiettivo. Con l’avvicinarsi della primavera – e quando la Finale è ormai lì – è un traguardo sentito per tutte le squadre, specialmente per quelle che non hanno possibilità di vincere in campionato o in Europa. Le partite diventano quindi degli scontri studiati e preparati nei dettagli, gli allenatori tendono a ridurre al minimo le rotazioni senza risparmiare i giocatori considerati titolari. Allegri, che ha vinto la Coppa nelle ultime due occasioni, sceglie di sorprendere il Napoli con una formazione che abbandona l’ormai canonico 4-2-3-1; ripesca, dopo Firenze, la BBC, sistema Lichtsteiner e Asamoah sulle corsie esterne, non rinuncia alla coppia Khedira-Pjanić davanti la difesa, mentre in attacco s’affida a Mandžukić sul centro-sinistra, Dybala dietro a Higuaín, in quello che potrebbe essere definito come un 3-4-1-2 asimmetrico di partenza. Il sistema di gioco di Sarri non è invece sorprendente. Il tecnico azzurro non è uomo di esperimenti e non rinuncia al suo 4-3-3, così come non intende venire meno ai suoi principi di gioco; il turnover rispetto la Juventus è però più profondo. Come terzini vengono scelti Maggio e Strinić, i due centrali sono gli intoccabili Albiol e Koulibaly; davanti la difesa Diawara, Hamšík alla sua sinistra, mentre sulla destra si rivede il talento croato Rog; davanti il trio titolare d’inizio stagione con Milik perno centrale accompagnato da Insigne e Callejon.

Perché Allegri ha abbandonato nel primo tempo un modulo che sta funzionando? La scelta è apparsa disegnata per contrastare al meglio le caratteristiche del Napoli, così come la strategia di gioco è stata pensata per evidenziare le lacune difensive intrinseche delle formazioni di Sarri. Lo schieramento della Juventus faceva pensare a una squadra sistemata col cervello in mezzo al campo e le gambe sugli esterni, ma troppo spesso i due centrocampisti sono stati saltati e non sono così riusciti a svolgere il consueto compito di organizzatori e tessitori della manovra. Il piano gara bianconero del primo tempo è così facilmente riassumibile: cercare il cambio campo per sfruttare la forza di Mandžukić, colpendo il Napoli sul lato debole; sorprendere l’elastico difensivo del Napoli con i movimenti a inserirsi delle due punte. Per questo si è insistito coi lanci lunghi (il solo Bonucci ne ha realizzati 12 nella prima frazione di gioco), ma il gioco non è valso la candela; perché Maggio è abile nel gioco aereo, perché la difesa azzurra è ben allenata in queste situazioni, ma soprattutto perché la qualità della Juventus sugli esterni non è stata all’altezza. L’avvio della manovra, anche per la presenza della BBC che ha disegnato una difesa a 3 con Barzagli più aperto ma sempre sulla stessa linea degli altri compagni di reparto, è stata spesso eccessivamente perimetrale, senza creare eccessive preoccupazioni al pressing del Napoli, se non quando Dybala si è abbassato a centrocampo, formando un triangolo con i due interni.

L’organizzazione della Juventus in fase di non possesso è stata più sfaccettata. Prima della partita era lecito pensare a una squadra sistemata col consueto 4-4-1-1 con l’abbassamento di Asamoah sulla linea dei difensori, ma lo schieramento bianconero è stato ricco di sfumature, con una difesa che passava a 3-4-5 a seconda delle situazioni. Il pressing juventino è stato fortemente orientato sull’uomo per esercitare la maggiore pressione possibile; un sistema utilizzato anche nel passato contro il Napoli di Sarri, recentemente dall’Atalanta di Gasperini. L’attenzione non è quindi rivolta alla copertura degli spazi, ma prevede un sistema di marcature e scalate da attuare con attenzione e efficacia per non farsi trovare impreparati, specialmente contro una formazione che tramite il fraseggio e la continua formazione e destrutturazione dei triangoli è abile a liberare un uomo tra le linee per poi attaccare la profondità o ricercare il terzo uomo sul lato debole. Per queste ragioni, Allegri ha scelto di schierare nuovamente la BBC: per garantire la superiorità numerica dietro, fondamentale nelle varie scalate. Non sempre le marcature si sono rivelate aggressive e puntuali, specie sulla destra con diverse indecisioni tra Lichtsteiner e Barzagli, non sempre preciso nel seguire i tagli dentro il campo di Insigne.

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Le prestazione delle due formazioni hanno dato così vita a un primo tempo combattuto, equilibrato, con una Juventus che è riuscita a creare un numero maggiore d’occasioni, a dimostrazione di una evidente superiorità dei singoli pur con una qualità e velocità della manovra distanti da quella ammirate in altre occasioni.

La sostituzione (Cuadrado al posto di Lichtsteiner) nell’intervallo ha il merito di aumentare la forza offensiva della Juventus, ma soprattutto permette ai bianconeri di presentarsi in campo con una organizzazione più chiara. Il passaggio alla difesa a 4, che si era effettuato ed evidenziatosi negli ultimi dieci minuti del primo tempo, diventa così più marcato e netto. La squadra di Allegri ha il merito di riportare immediatamente in parità la gara, sugli sviluppi di un’azione nella quale i bianconeri sono bravi a costringere la manovra del Napoli sulla fascia destra per poi attaccare la ricezione del terzino recuperando palla.

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Cosa è cambiato nella ripresa? L’intensità e la velocità con la quale la Juventus ha mosso la palla. E una forma difensiva maggiormente accorta, più orientata al controllo degli spazi e meno sull’uomo: così, le due linee di difesa e centrocampo sono state più strette e compatte, meno propense a farsi destrutturare.

Sopra, la forma difensiva della Juventus. Il blocco 4+4 è compatto. Sotto, l’avvio di manovra nei primi venti minuti del secondo tempo: la difesa ora è davvero a 4.

Il calo atletico del Napoli è apparso ancora una volta visto. Tutto questo spiega un secondo tempo nel quale gli azzurri hanno avuto enormi difficoltà a creare occasioni da rete (zero tiri in porta). C’è un dato su tutti che spiega meglio di altri il cambiamento nello stile di gioco da parte della Juventus: i tre lanci tentati di Bonucci, contro i dodici del primo tempo, a dimostrazione di una squadra che ha espresso un gioco maggiormente basato sul fraseggio corto, sulla precisione del palleggio, sviluppando le proprie trame nonostante il pressing azzurro. In questa maniera la squadra d’Allegri è riuscita a mantenere il controllo della partita, giocando spesso nella metà campo avversaria nella prima metà della ripresa, con positive conseguenze sulla fase difensiva che ha potuto essere maggiormente aggressiva nelle transizioni. Una volta andati in vantaggio, i bianconeri hanno poi abbassato il proprio baricentro, riuscendo a segnare la rete del 3-1 pochi minuti dopo la seconda marcatura. Nonostante i tentativi di Sarri, che all’ora di gioco aveva già tolto un Milik ovviamente in difficoltà per inserire Mertens, la partita è di fatto finita col secondo rigore di Dybala: a nulla è valso è il passaggio alle due punte. La Juventus si è difesa in maniera ordinata e compatta senza correre alcun rischio.

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Cosa dice questa andata? La superiorità dei padroni di casa è apparsa evidente anche nella prima frazione di gioco, quando, sebbene lo schieramento abbia confuso un po’ i giocatori, la squadra è riuscita a creare più occasioni da rete rispetto agli azzurri. La formazione di Napoli è calata vistosamente nel secondo tempo, dimostrando difficoltà già viste a mantenere ritmi elevati e contro squadre che sanno difendersi, con e senza palla, superare il pressing e attaccare la difesa in campo aperto. Allegri ha tentato un esperimento che non ha dato gli esiti sperati. Le qualità tecniche e tattiche dei giocatori a disposizione suggeriscono un controllo della partita basato sul palleggio e sul fraseggio sul corto, con la continua ricerca dell’ampiezza grazie ai terzini e agli esterni e al gioco tra le linee garantito dalla presenza di Dybala. La Juventus ormai è questa: i cambi di modulo non rappresentano un problema, mentre il cambiamento dei principi e dello stile vanno a toccare quella che è l’essenza di una squadra. Allegri è stato poi bravo nell’intervallo a correggere gli errori del primo tempo, raccogliendo una vittoria che porta la sua squadra a un passo dalla Finale di Roma.

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