È lo scudetto di Sarri?

Ci siamo chiesti se la mano di Sarri sia stata decisiva per far vincere il nono, storico, scudetto consecutivo. 


di Andrea Lapegna – sì, ma…

Il tribalismo e la polarizzazione all’interno del tifo bianconero non devono offuscare la realtà. La mano di Sarri sulla squadra è stata evidente, e questo – è bene sottolinearlo – vale sia nel bene che nel male. La Juventus ha intrapreso un percorso di crescita dopo le secche degli ultimi anni, adottando un modo di giocare molto diverso dal passato. Alcuni cambiamenti sono stati radicali: il modo di difendere in avanti, il (tentativo) di pressing collettivo, l’abbandono delle fasce e l’insistenza sul centro del campo, e via dicendo. La Juve ha tranciato il cordone che la legava a difesa posizionale (che, di fatto, non è più capace di fare) e crossing game. Per come la vedo io, questo contribuisce all’ottimizzazione delle risorse in rosa. Questi principi sono ormai diventati propri del gioco della squadra, ed è un fattore che noi osservatori non possiamo non sottolineare. 

Tuttavia, non si può sottacere nemmeno che l’applicazione di tali principi è stata deficitaria per larga parte della stagione. Se il folle spezzone finale deve sospendere il nostro giudizio sull’ultima parte di stagione, è anche vero che la squadra raramente è stata costante nell’arco dei 90 minuti. Potremmo discutere all’infinito sulle responsabilità. Colpa dei giocatori? Colpa di Sarri? Colpa della società? Probabilmente c’è del vero in tutte le argomentazioni, e le responsabilità sono condivise, come spesso accade. È anche per questo che alla fine del mio giudizio c’è una congiunzione avversativa: “sì, è stato (anche) lo scudetto di Sarri, ma si può e si deve fare di più”. 

di Kantor –  lo scudetto è sempre di chi lo vince

Lo scudetto è di Sarri perchè alla fine l’ha vinto cercando di portare avanti i suoi concetti di gioco, senza peraltro riuscirci del tutto, grazie soprattutto ad una rosa mal concepita e mal realizzata. Come molti sanno, io non sono un esteta, sono un uomo pratico; e alla fine quello che chiedo ad una squadra è essenzialmente vincere. Sarri si è dimostrato capace di vincere anche senza riuscire a fare del tutto quello che voleva. E questo per me è un pregio notevole.

di Antonio Corsa

E di chi, altrimenti?

di Massimo Maccarrone – sì

È stato un cambio coraggioso e Maurizio Sarri l’ha gestito nel complesso bene, in mezzo a tante difficoltà. È lo scudetto di Maurizio Sarri perché con insistenza è riuscito a far convivere i suoi due più forti giocatori in rosa, Dybala e Ronaldo. È lo scudetto di Maurizio Sarri perché ha lavorato sulla crescita dei giocatori, aspettando con pazienza De Ligt e Rabiot. È lo scudetto di Maurizio Sarri perché ha saputo prendere decisioni forti, come quando tolse Ronaldo contro il Milan. È lo scudetto di Maurizio Sarri perché Ronaldo è tornato a segnare più di 30 gol in campionato. È lo scudetto di Maurizio Sarri perché ha dato continuità a Bentancur e Cuadrado, riportando Higuain ad essere un giocatore. Chi ha visto le partite, ha certamente notato la sua mano i tutte le fasi di gioco, è mancata continuità, per quello serve tempo, ma Sarri ha lavorato sui suoi principi di gioco dimostrando di essere tutt’altro che un integralista.

di Davide Terruzzi – sì

Lo è di tutti. Come lo è stato negli anni scorsi.

Lo è della società che si è presa la responsabilità di cambiare. Lo ha fatto, come dice lo stesso Andrea Agnelli, prima che gli altri ti costringano a farlo. Lo è dei giocatori che per l’ennesima volta hanno voluto vincere e hanno fatto di tutto per conquistare lo scudetto. Erano morti sul traguardo, hanno dimostrato di avere forza e fiducia in se stessi. È lo scudetto di Maurizio Sarri, molto bravo nel momento più strano nella storia del calcio italiano: aggiudicarsi il titolo in questo mini campionato è stato faticoso, è servita capacità di comando e serenità, senza farsi prendere dal panico. Abbiamo fatto 20 punti dalla ripresa del torneo, allungando su Inter e Lazio, lo abbiamo fatto con una rosa corta, logora, vecchia, ma con individualità incredibili. 

È lo scudetto della Juventus. Si è creata una doppia narrativa. Da una parte, alimentata dagli stessi juventini, sembra che da noi per vincere si debba giocare male, soffrire, difendersi, essere rocciosi, arcigni. Dall’altra parte, invece, quella che per vincere conti solo il bel gioco, il giuochismo sarriano contrapposto al risultatismo bianconero. Una dicotomia inesistente, perché qualsiasi allenatore vuole unicamente vincere e sceglie la strada più efficace per raggiungerla, facendo giocare bene la propria squadra. La Juventus ha ancora molti margini di miglioramento per giocare al meglio il calcio del proprio allenatore, ma Sarri si è dimostrato pragmatico, saggio, equilibrato, maturo, adattandosi a chi aveva e migliorando alcuni di loro: è stato chiaro dal giorno della sua prima conferenza – e peccato se non l’hanno capito -, è stato consapevole di non avere tempo ma di doverlo dare ai suoi giocatori per metabolizzare la sua filosofia. Dice che dopo il coronavirus la squadra si tornata più consapevole e disposta: in parte si è visto, ma sarà l’anno prossimo a dircelo.

Lasciatemi dire che mi è piaciuto moltissimo il Sarri comunicatore: l’ambiente influenza sempre il nostro comportamento, forse prima recitava o forse oggi recita una parte (nessuno di noi lo conosce), ma quest’anno davanti ai microfoni è stato ottimo, sempre a parlare di campo e di calcio giocato, senza accuse ai giocatori/dirigenti/sistema e senza insulti. Sarri, è l’emblema della gavetta nel calcio. Goditi il primo, mister, perché l’anno prossimo dobbiamo andare a prenderci il decimo.

di Francesco Saccia – sì! 

Un giorno un uomo decide di mollare il proprio lavoro perché “non si diverte” e di iniziarne un altro che lo appassiona. Calca i campi delle serie minori per anni e inizia una scalata incredibile, ma non lo fa perché pensa di diventare ricco e famoso, lo fa perché gli piace. Questa stagione è stata il ritratto della carriera di Sarri: difficoltà di ogni tipo, scetticismo intorno a sé, e poi lunga, lunga, lunga, lunga. Lo vince dopo 11 mesi con in mezzo la propria polmonite, una pandemia mondiale, vittorie sofferte e portate a casa con le unghie e con i denti da una squadra in evidente difficoltà fisica. Ma Sarri questo scudetto lo ha vinto in 20 anni e 11 mesi. Il gioco non è stato quello che speravamo e che lui avrebbe voluto, l’applicazione dei suoi principi di gioco a intermittenza e la convinzione dei giocatori nell’applicarli non sempre convincente. Ma lui si è messo l’elmetto e ha fatto quello che doveva. Una storia da film, non fosse che “gli italiani ti perdonano tutto fuorché il successo”, per cui ora che vince, è lo fa alla Juve, il “sarrismo” è morto e il gioco di Sarri non esiste più. E pazienza, se ne farà una ragione, e noi con lui.

di Miryam Marturano – certo

Ero scettica al suo arrivo. Confesso che, per lo piú, i motivi extracampo mi hanno spinta a non credere nel Mr, senza tralasciare il dubbio sulla sua capacitá di reggere l’ambiente Juve, sempre ipercritico e la troppa e pesante attenzione mediatica sull’operato di un allenatore della Juve, ma ha retto bene. Impeccabile nelle conferenze, si é adattato ai giocatori che aveva, vincendo uno scudetto difficilissimo, per gli avversari, ma soprattutto per le motivazioni dei giocatori stessi.

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Redazione di AterAlbus.

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